Paolo Valentino Corriere della Sera 4/12/2007, 4 dicembre 2007
WASHINGTON
L’Iran ha interrotto nel 2003 il programma per dotarsi dell’arma nucleare e, se dovesse riprenderlo, non sarebbe comunque in grado di produrre prima di tre o sei anni le quantità di uranio arricchito necessarie per fabbricare un ordigno.
Lo rivela un nuovo rapporto dei servizi Usa, secondo cui «una combinazione di intensificate pressioni e verifiche internazionali », ma anche «l’opportunità di perseguire per altre vie i suoi obiettivi di sicurezza, prestigio e influenza regionale, potrebbero spingere Teheran a estendere l’attuale blocco del programma».
Pubblicato ogni due anni, il National Intelligence Estimate rappresenta il punto di consenso di tutte le sedici agenzie, fra cui la Cia e la Nsa, in cui si articola lo spionaggio americano. Nel 2005 il giudizio degli analisti era stato molto più allarmante, concludendo che la leadership iraniana era «determinata a sviluppare armi atomiche, a dispetto di obblighi e pressioni internazionali ».
Il nuovo documento getta invece molta acqua sul fuoco alimentato negli ultimi mesi dall’Amministrazione Bush. Ancora in ottobre, il presidente aveva dichiarato che un Iran nucleare «potrebbe portare alla Terza Guerra Mondiale ». Mentre più volte il vice- presidente Dick Cheney, ultimo superstite dei falchi e da sempre fautore di un attacco preventivo contro le installazioni atomiche iraniane, ha promesso «serie conseguenze » se Teheran non avesse abbandonato il programma.
La Casa Bianca ha cercato comunque di far buon viso: «Il rapporto contiene alcune notizie positive – ha detto il Consigliere per la Sicurezza nazionale Stephen Hadley – conferma che facevamo bene a preoccuparci del tentativo iraniano di sviluppare armi atomiche e ci dice che abbiamo compiuto progressi nel-l’assicurare che ciò non avvenga. Ma l’intelligence ci dice anche che il rischio di un Iran nucleare rimanga un problema molto serio». Più significativo è che secondo l’Amministrazione, ci siano ora «ragioni di speranza, che il problema possa essere risolto diplomaticamente, senza far ricorso alla forza, come noi abbiamo cercato di fare». Le conclusioni dell’intelligence potrebbero anche avere conseguenze sulla campagna presidenziale, dove il tema dell’Iran ha fin qui segnato una delle divisioni più nette tra democratici e repubblicani. L’analisi dovrebbe favorire i primi, visto che i candidati conservatori hanno tutti, senza esitazioni, sposato la linea dura, sostenendo che l’Iran fosse a un passo dalla costruzione di una bomba.
Il mese scorso, Mohamed el Baradei, capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica, aveva annunciato che l’Iran ha al momento 3 mila centrifughe operative per l’arricchimento dell’uranio. Precisando che gli ispettori Onu non erano stati in grado di verificare se servissero solo a generare energia elettrica.