First Panorama 23/11/2007, SERENA GUIDOBALDI, 23 novembre 2007
L’uomo che ha messo le mani su Monna Lisa.. First Panorama 23 novembre 2007. Anzi, dietro. C’era una volta un pezzo di legno
L’uomo che ha messo le mani su Monna Lisa.. First Panorama 23 novembre 2007. Anzi, dietro. C’era una volta un pezzo di legno... Non un pezzo di legno qualsiasi, ma un pezzo di pioppo sul quale è dipinto il quadro più famoso del mondo: la Gioconda. Potrebbe cominciare così, parafrasando Pinocchio, la storia del Lab-Mob, acronimo per Logger autoalimentato bluetooth per il Monitoraggio dei beni culturali: un oggetto tanto semplice quanto prezioso, destinato a cambiare il futuro dei capolavori d’arte su supporto ligneo. E che altro non è che un dispositivo (autoalimentato, quindi senza fili) per l’acquisizione e la trasmissione dei dati relativi alle reazioni all’ambiente (umidità, temperatura...) dei dipinti su tavola. Insomma: uno strumento di precisione per il monitoraggio, e la conseguente conservazione e manutenzione, dei quadri. Ideatore del Lab-Mob è Paolo Dionisi Vici, dottore in scienze forestali nato a Roma nel 1964. Suo era anche il progetto base dell’apparecchio non wireless elaborato nell’ambito della sua tesi di dottorato di ricerca in scienze del legno, eseguita con il professor Luca Uzielli, non solo ordinario di tecnologia del legno all’Università di Firenze ma anche uno dei massimi esperti italiani di analisi e conservazione dei dipinti su tavola. Il dispositivo senza fili Lab-Mob, invece, è stato messo a punto insieme all’ingegnere italo-greco Stefano Lucchetti e l’ingegnere elettronico Massimo Liggio. Un invenzione in grado di salvare i nostri capolavori. «Questo apparecchio, più che un’invenzione, è un’idea progettuale in fase di sviluppo: prende spunto da sistemi autoalimentati reperibili commercialmente, ma integra al suo interno la tecnologia wireless basata su protocollo bluetooth. Un uovo di Colombo, dunque, che offre la soluzione a un problema forse non proprio urgente nella vita quotidiana di ciascuno di noi, ma che ha attanagliato per decenni gli studiosi e i restauratori responsabili della conservazione dei capolavori d’arte: monitorare eventuali comportamenti anomali nei materiali o il verificarsi di condizioni potenzialmente rischiose per le opere». E così ha ”messo le mani” sulla Gioconda. Un buon modo per cominciare, no? «La funzionalità di trasmissione wireless è stata testata durante l’ultimo intervento di manutenzione della vetrina della Gioconda dopo avere effettuato un monitoraggio di prova fra maggio e ottobre. Dallo scorso 6 novembre, la Gioconda è il primo quadro al mondo a provare sulla propria ”pelle” questa innovativa modalità di comunicare i propri ”stati d’animo” all’esterno». Come è nato Lab-Mob? «Il primo kit deformometrico autoalimentato non wireless è stato applicato nel 2000 al dipinto La Madonna delle grazie di Bernardo Daddi che è conservato nella chiesa di Orsanmichele, nel Tempio in marmo decorato di Andrea Orcagna. La tavola venne dipinta nel 1347, l’anno prima che l’artista morisse per una terribile pestilenza. Spostato dalla sua sede per un restauro piuttosto importante durato circa due anni, è stato poi rimesso al suo posto il 5 dicembre 2000. Al termine del restauro era però rimasta una fessura, perfettamente visibile ancora oggi, che attraversava verticalmente tutto il tavolato, dovuta al distacco di due delle sei tavole di pioppo di cui è formato il dipinto. Era necessario un monitoraggio costante per ricostruire le eventuali deformazioni in larghezza e in ampiezza della fessura e individuare gli interventi di restauro più idonei». Che fine ha fatto questo kit? « ancora in funzione e, grazie al costante scambio di informazioni che permette, stiamo capendo come la tavola del Daddi reagisce alle diverse sollecitazioni in un ambiente a clima variabile come quello di una chiesa». Ci sono altri kit in funzione nel mondo? «Oltre alla Madonna delle grazie, altri dispositivi simili sono stati applicati ai Simulacri a San Marco. Inoltre, a dicembre, sempre a San Marco, ne verrà applicato uno a un quadro del Beato Angelico, mentre in Francia ce ne sono su alcune opere in una chiesa di Avignone. Grazie alla raccolta di tutti questi dati stiamo iniziando a disporre di un database mai avuto prima e siamo in grado di capire finalmente che cosa fare ma soprattutto che cosa non deve succedere per non mettere a repentaglio le opere d’arte». Come è nata l’operazione-Gioconda? «Fu nel 2004: il professor Gril, uno dei maggiori studiosi dell’equilibrio legno-umidità, era venuto a conoscenza del kit e chiamò Uzielli chiedendogli se ce la sentivamo di applicarlo anche alla Gioconda... Ovviamente la risposta fu sì, ma il problema era rappresentato dai fili che assolutamente dovevano sparire, per non disturbare il pubblico del Louvre. Fu allora che mi venne in mente di utilizzare il protocollo bluetooth, idea divenuta definitivamente realtà il 6 novembre. Uno strumento con queste caratteristiche rappresenta una piccola rivoluzione». Una tappa fondamentale. «Non si può descrivere l’emozione del trovarsi al cospetto, anzi, alle spalle della Gioconda, sfiorarla. Inenarrabile. E devo ringraziare per il supporto l’équipe francese presente: Joseph Gril, Julien Colmars e Bertrand Marcon». Che dietro a tutta questa storia non ci sia solo preparazione tecnologica e ingegno, ma anche un lato passionale, diventa evidente quando l’espressione compassata e professionale di Paolo Dionisi Vici si accende di una luce brillante mentre racconta del contatto ”fisico” con le opere d’arte. «La prima volta che provai la sensazione che i supporti lignei delle opere non erano semplicemente dei supporti, appunto, ma qualcosa di vivo e pulsante, fu con la Maestà di Ognissanti di Giotto, agli Uffizi. Quando ne toccai il legno, venni folgorato da 700 anni di storia. inimmaginabile quanto belli siano questi capolavori anche visti da dietro. Fu una sinapsi che mi rese immediatamente chiaro che la mia formazione in scienze forestali era stata una naturale conseguenza dei miei studi classici e che la tecnologia del legno applicata ai beni culturali sarebbe diventata la mia strada». Chissà se si è reso conto di essere uno dei pochi cervelli italiani non in fuga... Sorride e nicchia un po’. L’idea di non essere andato all’estero evidentemente gli suona come un complimento. E, anche se il dispositivo wireless è stato provato in Francia e il brevetto è registrato in Grecia, lui vive in Italia. Nessuna intenzione di ”emigrare”? «La Toscana, dove vivo, ma in realtà tutta l’Italia, è depositaria di un grande e delicato bacino d’utenza. Qui c’è il maggiore interesse perché si sviluppi un sistema che permetta la personalizzazione delle misure nel campo dei beni culturali. Soprattutto, un sistema che soddisfi le esigenze dei potenziali utilizzatori e delle opere da salvaguardare». In Toscana il Lab-Mob quest’anno era presente al Premio Vespucci per l’innovazione e l’originalità nel campo della ricerca applicata alla produzione. I dati finali scaricati con il Lab-Mob possono essere registrati e letti con un software libero. Ma se il legno non l’avesse ”folgorato”? «Avrei fatto il sassofonista. la mia seconda attività da anni: sono stato l’unico sassofonista con una passione tattile per la Gioconda». SERENA GUIDOBALDI