Barbara Briganti, la Repubblica 2/12/2007, 2 dicembre 2007
Quando, nel 1928, venne assunto alla Hogarth Press, con la vaga qualifica di apprendista, Richard Kennedy aveva sedici anni
Quando, nel 1928, venne assunto alla Hogarth Press, con la vaga qualifica di apprendista, Richard Kennedy aveva sedici anni. La sua disastrosa carriera scolastica, dopo la quarta bocciatura, era giunta al termine con la definitiva cacciata dalla scuola e, come succede in questi casi, la sola alternativa possibile era quella di trovare un´occupazione presso un amico di famiglia. Ci pensò suo zio George, architetto vagamente collegato al gruppo di Bloomsbury, a raccomandarlo a Leonard Woolf, il quale cercava un giovane idoneo a svolgere le funzioni, per l´appunto molto indeterminate, di apprendista editore. Da circa dieci anni Leonard e Virginia Woolf portavano avanti una minuscola casa editrice, prima sistemata nella sala da pranzo della loro casa a Richmond e, dal 1921, in uno scantinato a Tavistock Square. Stampavano artigianalmente i propri libri e quelli dei loro parenti ed amici, ma anche molti romanzi russi, parecchia poesia e la prima traduzione delle opere di Freud. Dopo essere passato per le forche caudine di un esame con Mr. Woolf e avere conquistato il posto, il giovane Richard si tuffò con l´entusiasmo del neofita in quella sorta di acquario torbido e complesso, dove si muovevano con liquida e scivolosa eleganza i membri del mitico mondo di Bloomsbury. Nelle innumerevoli biografie, autobiografie, memoriali, raccolte di corrispondenza, gli eredi, mariti, figli, fratelli e amanti del gruppo si sono raccontati con infinito autocompiacimento, sottolineando abitudini eccentriche e relazioni incestuose. C´era in loro la sprezzante consapevolezza di appartenere ad una élite cui tutto era permesso. Questi ritratti, aulici ed arroganti, sono spesso volutamente scandalosi e profondamente snob. Ma davanti ad un ragazzino, il cui rango nella gerarchia era appena superiore a quello «di una mosca sul muro», non c´era certo bisogno di essere in continua rappresentazione di se stessi. I semidei si lasciavano un po´ andare e la testimonianza che molti anni dopo l´ex galoppino-tuttofare ci ha tramandato, è insieme preziosa e irresistibilmente comica. Quando stese quelle note Kennedy aveva ormai cinquant´anni, era diventato un illustratore di libri per bambini e aveva deciso di raccontare la sua giovanile esperienza a Bloomsbury allo scopo di aiutare un amico a lanciare, con un libro accattivante, una piccola casa editrice artigianale. Istintivamente ricorse a quello che era il suo mestiere e inframmezzò il testo di veloci schizzi a penna, nei quali riconosciamo gli attori e le scene del racconto: la vezzosa Miss Belcher, la languida Virginia, il cane Pinker e l´iracondo Leonard, nonché la distribuzione degli uffici su un grande schema planimetrico dove si possono individuare i colli di libri, la scatola dei biscotti, Mrs Woolf che spia il personale da dietro un vetro, e Mr Woolf che strapazza la segretaria. onnipresente il ritratto dello stesso Richard, rigorosamente completo di pipa, cappello e cravatta, spesso occupato a tenersi aggiornato sulla produzione corrente della casa editrice. Il libricino, pubblicato nel 1972, ebbe un successo inaspettato, ma col tempo se ne persero le tracce. Sono ormai quasi passati altri quarant´anni, e quello che originariamente si era chiamato A boy at the Hogarth Press è stato nuovamente edito in una traduzione francese (Richard Kennedy, J´avais peur de Virginia Woolf, Anatolia). A giudicare dai ricordi di Richard il mondo in cui vivevano i Woolf era tutt´altro che accogliente: lo scantinato di Tavistock Square, un tempo adibito a zona servizi della casa, si faceva notare per il disgustoso odore che lo permeava. La cucina era stata trasformata in ufficio e nei corridoi come nei vari stanzini male aerati, erano accatastati scatoloni di libri che assorbivano umidità emanando effluvi di muffa. C´era una stanza per la composizione e la stampa e un´altra col soffitto vetrato riservata a Virginia Woolf; lì la scrittrice, con una sigaretta perennemente tra le labbra, lavorava incollata a una vecchia stufa a gas. La casa editrice vantava la presenza di due impiegate: la segretaria personale di Leonard vecchia e grassa, al punto da essere assimilata ad un pachiderma, e un´altra più giovane, carina e ambiziosa. Il disordine regnava sovrano e l´organizzazione, anche per le esigenze minime della consegna dei libri, era inesistente. Il giovane Richard cercò di contrastare il caos decidendo di sistemare almeno uno scaffale. Era un gesto che gli sembrava sommamente pratico, incoraggiante ed atto a segnalare la sua efficienza. Peccato che nessuno si accorse mai della miglioria, e che tempo dopo lo scaffale sovraccarico crollò inesorabilmente sulle teste di Leonard e di Lord Oliver, che furono sommersi da una nevicata di scartoffie. Richard viveva il suo lavoro come una missione, i suoi compiti consistevano nel fare le consegne, imballare i libri in partenza, preparare il tè, aiutare nella composizione tipografica, azionare la stampante a pedale. Inoltre il giovane partecipava a riunioni letterarie, faceva da lettore di manoscritti e proponeva disegni per le copertine. Non che le sue iniziative o il suo parere abbiano mai rivestito alcuna importanza, o avuto alcun seguito, ma evidentemente i terribili coniugi provavano per lui qualcosa che somigliava vagamente a dell´affetto. Lo invitarono persino a passare un weekend a Rodnell, il cottage sul fiume dove molti anni dopo Virginia avrebbe incontrato la morte. Dalla casa si sprigionavano effluvi di fogna, e in quello spazio incantevole e disgustoso Virginia cucinava e faceva la calza accanto al camino, mentre Leonard interpretava a beneficio del giovane Richard il ruolo di padre nobile, salvo poi a strillarlo istericamente se il ragazzino diceva qualche sciocchezza. A Londra poi Leonard e Richard facevano lunghe passeggiate con il vecchio cane dei Woolf. Erano occasioni per esilaranti conversazioni sul sesso e la pornografia, la letteratura, l´arte e l´immortalità dell´anima degli animali. In queste scenette urbane il giovane Richard confonde con disarmante ingenuità scatologia ed escatologia, non distingue i vari Lawrence della letteratura contemporanea, ignora Proust e si entusiasma per Turgeniev, si scandalizza alle mostre di pittura, fa di tutto per sembrare più adulto, più efficiente, indispensabile, intanto guarda e giudica con la severità dei giovanissimi. Virginia malgrado le maniere sognanti e gentili si rivela di una crudeltà inattesa e Leonard «è come il mago dei racconti di Hoffmann che fa muovere tutti con la forza della sua volontà, mentre lei è una bambola magica, preziosa e incontrollabile, forse perché, come la bambola, non ha anima. Ma quando vuole sa creare un mondo immaginario e noi tutti siamo soggiogati oppure enormemente irritati». Richard intuisce il fascino della scrittrice, talvolta è colpito dalla sua eleganza. Virginia sfoggia lunghi cappotti alla russa, colbacchi di pelliccia, abiti svolazzanti e ricamati, cappelli a larghissime falde, ha inoltre una insospettata passione per il fox-trot, peraltro disapprovata da Leonard, e passeggiare per Londra la mette di buon umore (sembra di essere nella mattinata felice della signora Dalloway!). Su Leonard il giudizio è impietoso: oltre che collerico, si mostra di un´avarizia incontrollabile, arriva perfino a lesinare la carta igienica ai dipendenti - d´altronde a lungo aveva preteso che a questo scopo fossero usate le vecchie prove di stampa. Quanto agli altri del gruppo: i Bell, Duncan Grant, Roger Fry, agli occhi di Richard, così attento alla propria apparenza, si distinguono soprattutto per l´aspetto a dir poco sciatto, i vestiti sdruciti, i capelli sporchi e lunghi, se non per l´odore sgradevole. Vita e Harold Nicolson appaiono invece bellissimi ed eleganti; sono gli anni del legame tra Virginia e Vita, ma di questo il giovane Kennedy non dice nulla, partecipa invece alacremente al lancio di Orlando. Il romanzo, che porta in copertina la foto di Vita, diventa presto un best seller. L´inverno in cui uscì il romanzo fu particolarmente rigido, Mrs. Woolf si comprò l´ennesimo cappello di pelliccia e Leonard e Richard andarono un giorno a pattinare a Richmond Park. Leonard si muoveva agilmente sul ghiaccio, il vecchio Pinker, impazzito di gioia, correva e slittava provocando cadute e scivoloni tra i presenti. Intorno al lago si affacciavano bancarelle che vendevano arance e biscotti caldi. Richard con tratto infantile commenta estasiato: « esattamente come in quella meravigliosa scena di Orlando in cui gela il Tamigi». Kennedy trascorse alla Hogarth Press due anni, nel frattempo lesse, viaggiò, corse dietro a molte gonne, imparò a disegnare e soprattutto maturò. La fine del rapporto con i Woolf fu dovuta ad un disguido nell´ordine di una partita di carta. Era un errore costoso. Leonard furibondo lo licenziò in tronco vomitandogli addosso un torrente di ingiurie, ma per il giovanotto era ormai giunto il tempo di provare nuove esperienze. Fu durante una consegna libraria che apprese dell´esistenza di un corso universitario. Si svegliò in lui una passione insospettata. Il periodo passato alla Hogarth Press sostituì il titolo di studio mai conseguito e grazie al lustro datogli dalla lunga coabitazione con i Woolf entrò all´Università. La prima cosa che vide quel giorno furono tre ragazze, carine, ridenti e felici. Era un segnale o, meglio, un richiamo. Il periodo del cupo scantinato, delle consegne, delle strigliate di Leonard e delle crudeltà soavi di Virginia era definitivamente concluso. Da quel momento per Richard iniziava una nuova vita.