Alain Elkann, La Stampa 2/12/2007, 2 dicembre 2007
Anselma Dall’Olio, che cosa ha pensato delle recenti manifestazioni femministe di Roma e dei tafferugli? «Le donne che hanno cacciato le ministre di destra e che hanno cercato di allontanare le ministre di sinistra non hanno nulla a che spartire con il cosiddetto neo-femminismo
Anselma Dall’Olio, che cosa ha pensato delle recenti manifestazioni femministe di Roma e dei tafferugli? «Le donne che hanno cacciato le ministre di destra e che hanno cercato di allontanare le ministre di sinistra non hanno nulla a che spartire con il cosiddetto neo-femminismo. Sono in realtà no-global e massimaliste. In altre parole un altro filone del femminismo ortodosso. Erano un gruppuscolo: ma in questi casi basta un piccolo gruppo. Del resto nessuno le ha cacciate e io questo lo disapprovo. Però le ministre non hanno fatto nulla per difendere certi casi, ad esempio quello di Hina. L’unica che si è data da fare è Daniela Santanchè. La Turco, la Pollastrini, la Melandri in qualche modo hanno paura di difendere le donne islamiche». Chi sono oggi le femministe, secondo lei? «In un certo senso sarebbero la Melandri, la Pollastrini, la Turco. Le ho sempre viste in giro nelle manifestazioni, ma da quando c’è il problema delle donne islamiche le sento diverse. La donna marocchina oggi è più libera in Marocco che in Italia. Purtroppo continua ad esserci un’ortodossia politica che non guarda, non vede la realtà dei fatti». Il femminismo è morto? «E’ morto quello tradizionale. Le uniche vere femministe oggi sono le islamiche». Tra le donne non c’è solidarietà? «Le donne di sinistra considerano inferiori le donne di destra». E il femminismo internazionale? «Ci sono vecchi leader che parlano ancora degli indiani in America. E’ un po’ congelato, non ha nessuna risonanza anche nell’America di oggi. Siamo femministe di una certa età e le femministe restano nel bazar dell’antireligioso e l’antimaschilismo è un po’ sparito». Le donne nella società di oggi dove stanno? «Qualche passo avanti lo hanno fatto. Ma esiste un soffitto di cristallo oltre il quale non si può andare. La donna oggi ha solo posti di sottocomando. Certo ci sono eccezioni; per esempio Angela Merkel ha detto che le donne non sono abbastanza presenti nei consigli di amministrazione in Germania. In Norvegia sono al cinquanta per cento. Ma sono eccezioni. Contano i numeri, non le eccezioni. Non siamo rappresentate in politica secondo le nostre qualità, pur essendo le donne la maggioranza delle persone laureate. Le donne non vogliono sgomitare come gli uomini». Quindi? «Adesso c’è un neo femminismo, che ha il suo leader in Mary Ann Glendon, che è per la vita contro gli esprimenti. In Italia ci sono donne come Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia che non sono contro la religione e difendono le priorità etiche, riflettono sulle gravidanze assistite, sull’aborto, insomma sul significato della vita». Le donne di oggi sono molte cambiate? «Onorano di più le proprie ambizioni. Hanno capito che il titolo di studio conta. Ma in famiglia non c’è ancora la condivisione di responsabiità. Nei primissimi tempi la donna deve essere soprattutto madre. All’interno di una coppia la sostanziale parità non c’è veramente. L’uomo non ama che la donna interferisca nei suoi programmi». La vera battaglia dov’è? «Quando si parla con l’Associazione delle donne marocchine si vede che loro lottano per uscire dalla condizione di inferiorità, ma le donne che si considerano femministe, come ho detto sopra, non le aiutano veramente». Perché non aiutano? «Perché hanno paura. La seconda cosa è un malriposto multiculturalismo. Giuliano Amato dice "Meglio il velo delle veline", per me viva le veline, se devo scegliere! Purtroppo una volta che si entra in politica vi sono molti piedi che non bisogna pestare per ragioni di bottega. Su questo non c’è dubbio». E poi c’è la paura di essere visti come razzisti. «No, i politici sono troppo condizionati. Ma se uno deve fare una sintesi della battaglia delle donne, la sintesi è la sceneggiatura che ho scritto su Francesca Saverio Cabrini, la prima santa americana fondatrice del primo ordine missionario di donne italiane. In un piccolo paese della Pianura Padana ha creato un ordine con 2000 suore, 67 istituti su tre continenti. E’ vissuta tra il 1850 e il 1917. Io ho avuto un’educazione senza ideologia, senza il senso che vi è un capo fondatore, ma il senso che ci si muove nel mondo in autonomia e senza svilire le questioni spirituali senza mai compromettere». E’ difficile la vita di una donna? «Anche se gli uomini ricevono l’investitura, le donne se la devono conquistare. Per un uomo non avere successo è avvilente; per la donna è un di più. Oggi le cose però stanno cambiando». La donna ha una grande influenza dietro le quinte? «Le donne impongono e in realtà fanno osservare nella società le regole fatte dagli uomini». Che cosa succederà? «Indietro non si torna. Anche le donne immigrate non tornano indietro. Non credo assolutamente che un nuovo Medio Evo sarebbe possibile. In altre parole, adesso che abbiamo visto Parigi non torniamo più in cucina».