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 2007  dicembre 02 Domenica calendario

PAOLO BARONI

ROMA
Soffocati dai rifiuti o strozzati dalle tasse. O entrambe le cose. Che si chiami Tarsu, Tari o Tia, che sia calcolata sui metri quadri di casa o sul numero dei cassonetti svuotati, la tassa-rifiuti continua ad aumentare. Se poi dall’imposta si passa al calcolo «a tariffa» il costo sale ancora di più: perché bisogna aggiungere il 20% di Iva.
Il Comune di Torino, che nei giorni scorsi ha annunciato di voler aumentare di un altro 15% (in 3 anni) la Tarsu, fa da apripista ad una nuova stagione di forti rincari di molti i tributi locali. A Pordenone si preannunciano aumenti nell’ordine del 20-25% della Tarsu, dopo il +30% di quest’anno. Più modesti i ritocchi annunciati a Prato (+2%), mentre altre città decideranno solo nei prossimi mesi. «Riceviamo sempre più proteste per questi rincari» denuncia Giorgio Spaziani Testa, segretario generale di Confedilizia. Che ora si prepara a dare battaglia contro l’applicazione dell’Iva sulla Tari. «La Cassazione ha sancito che le tariffe rifiuti hanno natura tributaria - rincara il presidente Corrado Sforza Fogliani -. Porteremo la questione davanti alla Commissione tributaria». Gli aumenti delle imposte locali, però, non si fermano ai soli rifiuti: l’ultimo dato rilevato dall’Istat ha del clamoroso: ad ottobre la voce di spesa che ha fatto registrare l’aumento più consistente è quella dei certificati anagrafici, saliti del 26% rispetto al 2006. Più di pane e pasta, e più dei carburanti. Stando al ministero dell’Economia nei primi 9 mesi dell’anno le imposte versate agli enti locali hanno messo a segno una crescita superiore a quelle dello Stato centrale: +9,4% contro il +5,9%. A lievitare in modo esponenziale sono stati soprattutto l’Irpef comunale (+41,5%) e quella regionale (+18,6%). Impietose le statistiche della Cgia di Mestre: nei 10 anni compresi tra il 1995 ed il 2006 l’aumento è stato del 111%, da 37,7 a 95,9 miliardi.
Secondo i calcoli della Cisl pensionati quest’anno solo tra Ici, addizionale comunale Irpef, Tarsu e addizionale sull’energia elettrica, ogni famiglia pagherà all’incirca 440 euro in più, con un aumento dell’8,5% sul 2006. Percentuale che però a Roma sale al 16% e a Taranto, dove il comune è in bancarotta, addirittura al 30%. «Parlare di corsa all’aumento delle tasse sembra perfino riduttivo: sembra che si sia scatenata da parte di tutti una gara vertiginosa a chi le aumenta di più su imprese e famiglie», ha denunciato la Confesercenti.
Il sindaco di Ancona Fabio Sturani, vice presidente dell’Anci con delega sul fisco locale, non ci sta. «Troppe tasse locali? I trasferimenti dello Stato negli ultimi 5 anni sono calati del 21%, i Comuni hanno aumentato i servizi e la spesa sociale è salita del 16%: da una qualche parte bisognerà pure trovarle le risorse. E assicuro che i sindaci ci pensano sempre due volte prima di decidere un aumento». L’anno passato i rincari più fastidiosi hanno interessato soprattutto le tasse per lo smaltimento dei rifiuti. In base ai dati elaborati dalla Uil nel 2007 l’aumento medio è stato del 3,4%, con una spesa media di 190 euro a famiglia. In alcune città si è registrata però una vera e propria stangata: come a Palermo dove la Tarsu è aumentata del 75% e la spesa media per famiglia è schizzata da 119 a 208 euro, mentre la tariffa applicata a cliniche ed alberghi ha raggiunto i 14,12 euro al metro quadro (7 volte l’importo in vigore a Milano) tra le proteste di tutte le categorie economiche. Crescita molto forte anche a Taranto (+63%) e Roma, dove la Tari pagata dalle famiglie quest’anno è aumentata in media del 15,88% (+32,9 euro), mentre quella delle utenze non domestiche è salita del 31,59% e quella degli alberghi addirittura del 42%. La capitale, va detto, è una delle poche grandi città che già nel 2003 ha scelto di passare al calcolo tariffario e proprio in questi giorni è in corso il monitoraggio dell’andamento della raccolta differenziata che durerà sino a metà gennaio.
In caso di esito positivo il Comune ha promesso uno sconto di 50 euro a famiglia. Vedremo. Nel resto d’Italia, se si escludono Lucca e Teramo che hanno ridotto le tariffe rispettivamente del 10 e del 4,4%, si piange. Anche perché gli aumenti dell’anno in corso non fanno che aggiungersi a quelli decisi in precedenza. Secondo Cittadinanza Attiva nel biennio 2005/2006 11 città hanno fatto registrare incrementi superiori al 4% mentre altre 11 hanno sfondato il tetto del 10%.
Anche le province, ovviamente, ci mettono del loro spingendo l’acceleratore sull’Ipt, ovvero imposta provinciale di trascrizione su immatricolazioni e passaggi di proprietà di auto e moto. Che ha sì una base nazionale ed una componente regionale, ma poi come spiegano all’Aci ogni capoluogo può aumentarla a piacere sino ad un massimo del 30%. Come avviene a Milano, Palermo, Torino e Parma. Mentre Roma, Firenze, Venezia, Bari e Genova si sono fermate al 20%. Su un passaggio di proprietà, in media, si arriva così a pagare anche 246 euro di imposte su un totale di 337 dell’intera pratica.
Un unico spiraglio di luce riguarda (forse) l’Ici: secondo l’Anci quasi il 30% dei sindaci negli ultimi 3 anni ha ridotto le aliquote. Il 33% di mezzo punto ed il 18% di più di un punto. «Ma quale taglio dell’Ici? - protesta Sforza Fogliani -. Il gettito aumenta di continuo. La verità è che magari viene ridotta sulla sulla prima casa, ma poi su seconde case, aree fabbricabili e immobili industriali quasi ovunque tutti applicano le aliquote massime». E anche qui sono dolori.