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 2007  novembre 25 Domenica calendario

Le condizioni del nostro sì. Il Sole 24 Ore 25 novembre 2007. Il protocollo su pensioni e welfare concordato fra Governo e parti sociali è stato frutto di una lunga mediazione

Le condizioni del nostro sì. Il Sole 24 Ore 25 novembre 2007. Il protocollo su pensioni e welfare concordato fra Governo e parti sociali è stato frutto di una lunga mediazione. Una mediazione costosa per la finanza pubblica, forse più di quanto sarebbe stato desiderabile. Tuttavia occorre considerare la proposta nel suo assieme.  vero che il protocollo riduce l’età minima di pensionamento rispetto a quanto previsto dal cosiddetto "scalone Maroni"; ma realizza un percorso graduale di innalzamento che va nella giusta direzione. vero che prevede per alcune categorie di persone, coloro che hanno svolto lavori usuranti, la possibilità di anticipare di un triennio l’età di pensionamento; ma fissa anche il limite delle risorse finanziarie destinate a questo scopo. vero che introduce alcune rigidità nell’uso dei contratti di lavoro più flessibili; ma comporta la rinuncia a quella abrogazione della legge Biagi che era divenuto uno slogan ossessivo della sinistra estrema. Per questi motivi abbiamo dunque dato sul protocollo un giudizio complessivamente favorevole. E, quel che più conta, ne hanno dato un giudizio positivo i lavoratori, consultati attraverso un referendum ampiamente partecipato, che ha prodotto un esito niente affatto equivoco. Ora quel protocollo va tradotto in legge. Il Governo ha presentato la sua proposta in Parlamento; proposta che conteneva già alcuni cedimenti alla sinistra ma, tutto sommato, limitati. A quel punto alla Camera dei deputati, in commissione, è partita un’azione della sinistra tesa a scardinare il contenuto dell’accordo. Nonostante il parere contrario espresso dal Governo, sono state introdotte modifiche che hanno ottenuto il risultato paradossale di generare la forte avversione tanto dei sindacati quanto delle associazioni imprenditoriali. Riguardo il tema delicatissimo dei lavori usuranti, è stata lasciata cadere la definizione di lavoro notturno, contenuta in un decreto che reca la firma dell’allora ministro Salvi, oggi esponente di rilievo della sinistra democratica, che prevedeva una quantità minima di 80 notti all’anno. Addirittura qualcuno si è spinto a sostenere contemporaneamente due tesi inconciliabili: ci sarebbe cioè un allargamento della platea dei lavoratori interessati all’anticipo della pensione, ma non ci sarebbe un aggravio di costo per la finanza pubblica. Se è vera la prima affermazione, allora il costo per la finanza pubblica può farsi molto alto; se è vera la seconda, allora si stanno generando aspettative che saranno deluse, con gravi rischi per la coesione sociale. stata introdotta un’ulteriore limitazione per i contratti a termine, non prevista nel protocollo, che rischia di essere un potente generatore di nuova disoccupazione. Sono state introdotte nuove modifiche, diversamente contrastate dalle parti sociali, riguardo altri contratti di lavoro specifici. Ora il Consiglio dei ministri ha autorizzato l’apposizione della questione di fiducia. Con procedura quanto meno sorprendente, sembra senza chiarire su quale testo. Saggezza vorrebbe che il testo da sottoporre alla fiducia fosse quello concordato con le parti sociali. Sul piano della correttezza istituzionale, il Governo può forse accettare di essere battuto, come è avvenuto, in commissione. Ma, nel momento in cui mette in gioco la propria stessa esistenza su un testo di cui si assume la responsabilità, non può venir meno all’impegno assunto con le parti sociali quando ha sottoscritto il protocollo. Sul piano politico, è evidente che questo Governo, opportuno o meno che fosse, ha scelto di fare del ritorno alla concertazione uno dei capisaldi del proprio agire. E la concertazione risulterebbe colpita a morte ove il Governo venisse meno agli impegni solennemente assunti. Nessuna credibilità potrebbe essere riconosciuta dalle parti sociali a un interlocutore simile. Senza contare gli effetti distruttivi che una scelta diversa da quella qui proposta avrebbe sul sindacato. I vertici sindacali hanno messo a rischio il loro stesso ruolo, per difendere in un difficile referendum il protocollo. Hanno ottenuto una vittoria di grande importanza. Ma cosa succederebbe se oggi il Governo con le proprie scelte desse ragione a quanti si sono battuti per il no al protocollo e quindi per il no al referendum? Ne risulterebbero gravemente delegittimati i vertici sindacali, e li si costringerebbe d’ora in poi a inseguire le componenti più estremiste delle proprie organizzazioni. Infine, non può essere ignorato il grave vulnus democratico conseguente a una scelta che dovesse portare i lavoratori a constatare come nel referendum il voto degli sconfitti contava di più del voto di coloro, ben più numerosi, che si sono espressi per il sì. Per questo, lo ribadiamo, sarebbe ora saggio che il Governo apponesse la questione di fiducia sul testo a suo tempo concordato, ritornando alla lettera e allo spirito del protocollo. Se così sarà, non mancherà il nostro appoggio. E si ricupererà anche il consenso delle parti sociali, particolarmente rilevante per un Governo che sul piano dei consensi mostra gravissimi segni di debolezza. Non potremo invece accettare proposte che accrescano ulteriormente i costi finanziari rispetto a quanto – e non è poco – fin qui previsto; e neanche proposte che irrigidiscano ulteriormente le regole di funzionamento del mercato del lavoro. Lamberto Dini Natale d’Amico (Senatori Liberaldemocratici)