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 2007  novembre 25 Domenica calendario

Mattioli «re» della Ricciardi. Il Sole 24 Ore 25 novembre 2007. Non è difficile trovare a New York i «Classici Ricciardi», così accade a Parigi e in tutte le grandi capitali

Mattioli «re» della Ricciardi. Il Sole 24 Ore 25 novembre 2007. Non è difficile trovare a New York i «Classici Ricciardi», così accade a Parigi e in tutte le grandi capitali. Ricciardi significa letteratura italiana, è la raccolta per eccellenza dei grandi autori e delle opere più significative del nostro patrimonio letterario. Nata a Napoli nel 1907, la Casa Editrice Ricciardi si afferma subito per l’eleganza sobria e raffinate delle sue pubblicazioni (stampa Cecchi, di Giacomo, Papini, Prezzolini, Borghese e Thovez) ma il salto a marchio di fama internazionale si deve a Raffaele Mattioli, collaboratore di Riccardo Ricciardi a partire dal 1938. La decisione di aprire un ufficio a Milano nel 1951 è sua, come il progetto e la direzione (con Pietro Pancrazi e Alfredo Schiaffini) della collana «La letteratura italiana». Storia e testi, un’ottantina di volumi che costituiscono a tutt’oggi un modello capitale di edizione di classici, anche da un punto di vista tipografico. Incaricato da Mattioli, Giovanni Mardersteig studiò ogni aspetto dell’edizione, dal carattere all’architettura del frontespizio, dalla carta, di fabbricazione esclusiva, alla legatura, come testimoniano le carte del Fondo Ricciardi di Apice. «Mattioli era in realtà l’editore Ricciardi, l’editore Ricciardi era Mattioli», ha raccontato Gianfranco Contini a Ludovica Ripa di Meana in un’intervista, ma a fianco di entrambi fin dall’inizio dell’avventura c’è Benedetto Croce, con cui Mattioli ebbe una lunghissima consuetudine. «Per agevolare la conoscenza del suo pensiero e per promuovere la prosecuzione della sua opera, Croce ha lasciato – e voi lo sapete quanto me – due strumenti complementari: la Biblioteca e l’Istituto», scrive Mattioli alle figlie del filosofo. «Della Biblioteca, egli stesso ebbe a dirmi un giorno: "Mattiò, io suono questo strumento da più di sessant’anni!". L’Istituto è una sua creatura, lungamente meditata e preparata, il frutto maturo di una mente chiara, lungimirante, maieutica e formativa nel più alto senso della parola» (5 gennaio 1966). «Forse perché era banchiere, e conosceva il valore del danaro – continua Contini, – fu lui che fece notare a Croce, che non aveva la minima idea da grande feudatario del Tavoliere, che un’attività come la sua poteva essere un’attività mercantile remunerativa». E Croce «restò stupito, molto stupito». Le competenze sia umanistico-letterarie sia tecnico-scientifiche caratteristiche della mentalità di Mattioli si manifestano anche sul piano della scrittura, per esempio nella risposta alla dedica delle Novelle del ducato in fiamme che Carlo Emilio Gadda gli anticipa in una lettera: «A Raffaele Mattioli / despota dei numeri veri / editore dei numeri / e dei pensieri splendidi / in segno di gratitudine» (4 febbraio 1953). Cinque giorni dopo: «Come che sia, il gentile pensiero della dedica, e il vivo e ben gaddiano sapore di essa, valgono a chiudere senz’altro con un saldo di amicizia a Suo favore l’immaginaria partita di "dare e avere" (tanto per adottare il linguaggio dei "numeri veri")». Un linguaggio metaforico utilizzato spesso, come nella lettera del 2 giugno 1955 a Giovanni Agnelli, in cui Mattioli ragiona sul "valore delle parole" in vista di un nuovo grande dizionario della lingua italiana. «Oggi noi non sappiamo, nell’immensa maggioranza dei casi, quando e da chi sia stata "messa in circolazione" la valuta verbale di cui ci serviamo ogni giorno. Quest’espressione monetaria m’è sfuggita currenti calamo, e può imputarsi a quell’altre faccende in cui sono quotidianamente affaccendato, ma in realtà ha essa pure un senso profondo e genuino. La lingua è un patrimonio, accumulato da molte generazioni, e che conserva nella sua composizione, nella sua struttura, nelle sue stesse anomalie le tracce vigorose di un passato plurisecolare. Si tratta oggi di fare l’inventario esatto di quel patrimonio, di mettere ordine nei "titoli di proprietà" e d’accertarne l’origine, i successivi trapassi e modificazioni, la validità attuale: un’operazione essenziale perché il patrimonio venga trasmesso integro, e più che mai godibile e fruttifero, ai nostri discendenti». Ma le capacità intellettuali e la sensibilità del banchiere si esprimono anche nella gestione delle risorse umane: l’idea di istituire una "Società Benedetto Croce" presenta non tanto difficoltà economiche, quanto di personale: «Il patrimonio dovrebbe essere sufficiente ad assicurare un reddito di poche diecine di milioni l’anno, con un minimo di lavoro amministrativo. Il problema degli uomini è più serio, ma non insolubile» (lettera a Elena e Alda Croce, 5 gennaio 1966). A conferma dell’attenzione rivolta ai rapporti interindividuali, riferendosi alla Disputa del Nuovo Mondo di Antonello Gerbi, Enrico Cuccia scrive all’amministratore delegato della Banca commerciale Francesco Cingano: «In quel libro, nel modo esemplare in cui è stato curato dal figliolo e stampato dalla Ricciardi, ho ritrovato il ricordo dell’eccezionale qualità del mondo che Mattioli riusciva a muovere attorno a sé» (17 febbraio 1984). Un mondo mosso all’insegna di regole ben precise: una velina datata 29 gennaio 1951 testimonia l’accuratezza con cui è organizzato l’iter lavorativo, e conferma il ruolo centrale di Mattioli nella casa editrice. Le Istruzioni per l’andamento della produzione dei "Classici" contano dieci punti. Il primo prevede il congedo del "materiale completo" da parte del curatore del volume, d’accordo con il direttore della sezione, mentre il secondo punto recita: «Il direttore passa questo materiale al dott. Mattioli il quale lo fa consegnare al prof. Bianchetti, incaricato di allestire il testo per la composizione rendendolo uniforme». Ultima tappa del lungo percorso, correzioni residue presso la Valdonega e inizio della stampa. Estrema precisione professionale dunque, ma anche cordiale affabilità: nel 1957 Gadda scrive a Mattioli con "gratitudine vera e fraterna (nel senso più profondo e più lato, civico e umano)" (21 dicembre 1957), e Anna Maria Ortese (che gli dedicherà nel 1967 il romanzo Poveri e semplici, premio Strega) chiude una lettera così: «La so amico di Luigi Einaudi, amico degli uomini buoni, quando ce ne sono, e dei libri. Per questo ho fiducia» (9 agosto 1954). Le difficoltà di mantenere sotto controllo le infinite variabili che certo costellano l’attività del banchiere – ma pure la produzione di testi complessi come i "Classici Ricciardi" – si intravede forse in un appunto dattiloscritto di Mattioli, conservato in una busta di epigrammi, riflessioni e citazioni. Il passo è tratto dal Wilhelm Meisters: «In generale – purtroppo è così, tutto quello che dev’essere prodotto dal concorso di più uomini e circostanze, non può conservarsi appieno per molto tempo. Si tratti di una compagnia teatrale o di un impero, di un circolo di amici o di un esercito, è possibile quasi sempre riconoscere il momento in cui si trovano al culmine della perfezione, della concordia, della alacrità, della soddisfazione. Spesso però il personale cambia rapidamente, elementi nuovi entrano nel circolo, gli uomini non vanno più per le circostanze, le circostanze per gli uomini: tutto cambia, e quel che prima era insieme collegato, cade presto a pezzi». A questa caducità si oppongono i libri, e soprattutto le opere letterarie, perché – recita una sua "Riflessione" - «chi intuisce con la forza del sentimento una verità umana e la esprime per immagini così compiutamente da riallacciarla alla universale verità umana, colui è poeta». Luca Clerici (Professore di Letteratura italiana contemporanea all’Università degli studi di Milano) ****** LETTERE Nell’aprile del 1922, l’economista Riccardo Bachi scrisse a Mattioli mentre era in corso la Conferenza di Genova, in cui venne creato un nuovo ordine monetario, il Golden Exhange. La lettera è indirizzata a Mattioli e a Guido Fenoglio, che gravitava nel laboratorio di Economia politica di Torino di Loria ed Einaudi. Nella missiva (il cui testo è trascritto qui sotto) si fa riferimento al ministro Camillo Peano, all’epoca presidente della Corte dei conti. «Conferenza di Genova, Hotel Splendid Delegazione italianaGenova, li 21/4 1922 Urgente Mandarmi a Genova per Lunedì c.m. N.i della Rivista (se abbiamo pubblicato qualche cosa al riguardo) o il volume di qualche autore inglese o francese che spieghi precisamente in che consista e dei casi di applicazione del "gold-exchange standar" accennato nelle Risoluzioni unite, perché il Min. Peano vuole avere questi elementi. S. Bachi p. Fenoglio e Mattioli» ****** Il 10 luglio 1945 da Napoli, Benedetto Croce scrive a Raffaele Mattioli. Riproduciamo qui la trascrizione del testo della lettera. «Mio caro Mattioli La aspetto da un giorno all’altro qui a Napoli, come restammo d’intesa; non solo per regolarizzare ciò che non si può più differire e per far sentire la Sua voce nei lavori che si vanno compiendo ma trascinandosi, ma anche per il piacere di rivedere Lei e conversare di cose varie. Mi abbia cordialmente Suo B. Croce»