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 2007  novembre 26 Lunedì calendario

MOSCA – Come era stato previsto, anche la manifestazione organizzata dall’opposizione a San Pietroburgo ieri è stata bloccata dalla polizia che è intervenuta duramente contro i dimostranti

MOSCA – Come era stato previsto, anche la manifestazione organizzata dall’opposizione a San Pietroburgo ieri è stata bloccata dalla polizia che è intervenuta duramente contro i dimostranti. Alcuni sarebbero stati addirittura picchiati e caricati sui cellulari mentre uscivano dalla sede di uno dei partiti che avevano organizzato la protesta. Prima ancora di scendere in piazza. E mentre non è stato ancora rilasciato l’ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov, condannato a cinque giorni di carcere per la manifestazione di sabato, è finito brevemente in cella nella città baltica Boris Nemtsov, altro leader dell’opposizione, candidato alle elezioni presidenziali di marzo ed ex delfino di Boris Eltsin. A San Pietroburgo ieri si erano dati appuntamento non solo quelli dell’Altra Russia, ma anche esponenti dell’Unione delle Forze di Destra, che più volte ha preso le distanze dal gruppo di Kasparov. In totale, però, a sfidare le autorità c’erano non più di cinquecento persone che hanno iniziato pacificamente a cercare di raggiungere il centro della città. Il corteo però non era stato autorizzato e così i raggruppamenti di Omon (polizia speciale) in tenuta antisommossa sono intervenuti immediatamente. Come a Mosca sabato, la scena era surreale. Pochi dimostranti tranquilli, fra i quali diversi anziani, circondati da energumeni con protezioni in kevlar (scudi, pettorine, gambali) degne di un episodio di Guerre Stellari. I riottosi sono stati spintonati, picchiati con manganelli di gomma dura, caricati sui cellulari in attesa. Nemtsov, gli altri leader dell’Unione Forze di Destra Nikita Belikh e Leonid Gozman, e tanti altri. Per alcuni la cattura è avvenuta sulla storica piazza che si trova di fronte al Palazzo d’Inverno. Da quando Putin ha definito «sciacalli» tutti gli oppositori del regime, la polizia ha ricominciato a usare le maniere dure, come avvenuto sabato a Mosca. In vista delle elezioni politiche di domenica prossima, non è tollerata alcuna forma di dissenso. Chiunque non sia con il Cremlino è considerato non un avversario politico ma un nemico della patria, al soldo degli stranieri. La stessa formula che veniva applicata negli anni ’70 contro i dissidenti. E si moltiplicano anche le denunce di violenze che avvengono nella periferia dell’impero, contro esponenti più o meno isolati del dissenso. In Inguscezia, ad esempio, Oleg Orlov, presidente dell’associazione umanitaria Memorial che si batte per il rispetto dei diritti umani e la riabilitazione delle vittime dello stalinismo, è stato sequestrato da sconosciuti assieme a tre giornalisti. Un gruppo di uomini mascherati li ha picchiati e poi li ha abbandonati in aperta campagna. Tragico il destino di un altro esponente dell’opposizione, il candidato del partito Yabloko nel Dagestan, altra Repubblica confinante con la Cecenia. Farid Babayev è morto a seguito delle ferite d’arma da fuoco riportate. La difficile situazione dovrebbe spingere tutti gli esponenti dell’opposizione a fare fronte comune, ma non è così. Nell’Altra Russia sono rimasti solo Kasparov e il leader dei nazional-bolscevichi Eduard Limonov, oltre ad alcuni altri gruppuscoli. Ora c’è una certa sintonia con l’Unione delle Forze di Destra, ma ognuno continua a spingere per il proprio candidato alle elezioni presidenziali, visto che nessun accordo è stato raggiunto. Così sono in lizza sia Kasparov che Nemtsov. E si è presentato anche Mikhail Kasyanov, ex capo del governo che in un primo momento doveva essere il candidato unico di tutta l’opposizione. Nessuno riuscirà a raccogliere una quantità decente di voti. Ma, nonostante questo, sembra che le ambizioni personali abbiano la precedenza su una strategia complessiva. Fabrizio Dragosei