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 2007  novembre 25 Domenica calendario

Il prossimo week-end a Bologna sarà tutto dedicato a festeggiare un´azienda, e nemmeno tanto grande, la Ducati

Il prossimo week-end a Bologna sarà tutto dedicato a festeggiare un´azienda, e nemmeno tanto grande, la Ducati. L´evento merita qualche riga perché probabilmente si tratta di un caso unico. Mai visto un´intera città che si stringe intorno a una sua azienda. Sopratutto quando non c´è un´occasione di tipo tradizionale, tipo l´inaugurazione di un nuovo stabilimento. A Bologna si festeggia la Ducati, con tanto di spettacolo in piazza, e sindaco con fascia tricolore, perché la Ducati ha riportato in Italia il campionato mondiale Gp (nel senso che lo ha vinto) dopo trentaquattro anni di assenza. Nel programma è previsto l´arrivo in piazza del campione Stoner sulla sua Ducati, scortato dai vigili urbani motociclisti (anch´essi Ducati, ma Multistrada, ovviamente). Non so se il presidente del Consiglio Romano Prodi deciderà di trovarsi, come per caso, da quelle parti e di andare anche lui a stringere la mano agli uomini della Ducati (cosa che peraltro ha già fatto, sia pure in altra sede). Tutto ciò a qualcuno potrà sembrare eccessivo, ma non è così. Intanto perché la Ducati, che ha sede a Borgo Panigale, è la cosa più bolognese che forse c´è a Bologna. «Vede - mi spiegava qualche mese fa un dirigente della società - i nostri ingegneri sono tutti giovani, ma anche un po´ fissati. Tutto quello che va su una Ducati deve essere stato prodotto qui intorno. Non dico nel raggio di cento metri, ma quasi. Altro che comperare componenti in Giappone per spendere meno. Loro, se una vite è prodotta anche solo a Modena, è già un po´ sospetta». Ma la ragione vera per cui la Ducati merita queste poche righe è che si tratta di un fenomeno molto italiano. La Ducati produce all´incirca 40 mila motociclette all´anno contro i 12 milioni della Honda, i 3 della Yamaha e così via. Si tratta di una vera pulce nel mercato mondiale delle motociclette. E nessuno, quando qualche anno fa decise di lanciarsi nel campionato mondiale Gp, l´avrebbe mai data per vincente. Tranne gli uomini della Ducati. Che poi sono in realtà ingegneri e costruttori poco più che trentenni, gente che alla domenica salta in moto e corre su per le valli. Loro sono sempre stati convinti che avrebbero vinto. «Il nostro motore - dicevano - non teme confronti, dobbiamo solo trovare il modo di scaricare la sua potenza a terra. Non ci siamo ancora riusciti, ma ce la faremo». Fra una seduta davanti al computer, un viaggio a Milano per una consulenza del Politecnico e una corsa sulle colline bolognesi, per «sentire» le gomme e i freni, alla fine ci sono riusciti. E anche l´azienda, che ha avuto momenti difficili, adesso va meglio e è in attivo. E va avanti nel suo paradosso di nano che sta in piedi e si difende in mezzo ai giganti giapponesi. «Quando da loro qualcosa non va - dicono gli ingegneri di Borgo Panigale - cominciano a spedire fax nella sede centrale e a volte ci mettono anche due giorni prima di prendere una decisione. Da noi, invece, arriva un meccanico con un cacciavite e una chiave inglese e il problema viene risolto in cinque minuti». In realtà non è tutto così semplice. Se vai a comprare una Ducati, sai che con quello stesso assegno le marche giapponesi te ne danno due di moto. Ma perché allora le Ducati si vendono? Direi che gli elementi del successo di questa ditta sono quattro (e sono gli stessi di tanta parte della media impresa italiana). E cioè: tradizione, tecnologia, design e leggenda. La tradizione è quella che è: la Ducati correva, e vinceva, quando si usavano ancora «moto» da 48 cc di cilindrata. La tecnologia, invece, c´è e è spaventosa. I ragazzi stanno a Bologna, ma non sono certo di provincia: sulle loro moto trovi solo il meglio del meglio. Il design è presto spiegato: da una ventina d´anni fanno la serie Monster (una nuda in varie versioni) e è così bella, e perfetta, che non riescono a venirsene fuori. Ogni tanto provano a cambiare, ma alla fine cascano di nuovo sulla Monster, che sembra essere una sorta di moto «ultima». Solo Claudio Castiglioni è riuscito un passo avanti con la Brutale MV, ma non a caso è il papà anche della Monster. Infine c´è la leggenda. «Quando ti siedi su una Ducati, senti un´emozione - dicono a Borgo Panigale - senti che stai entrando dentro una storia. La storia di ragazzi che vogliono fare le moto più belle del mondo». Si tratta esattamente delle stesse parole che potrebbe dirvi Gismondi quando parla delle sue lampade Artemide o Bombassei quando parla dei suoi freni Brembo o i Loro Piana quando parlano dei loro cachemire. Sabato prossimo, insomma, la Ducati viene festeggiata perché è una gloria bolognese, ma anche perché è una sorta di metafora di una certa «piccola Italia» che si difende e che sta benissimo sui mercati internazionali perché, dalle sue minuscole fabbriche, riesce a far uscire le cose più belle del mondo. Non con i grandi mezzi, ma con le idee, la passione, la storia, il coraggio. E la leggenda. Tutto ciò non basta, dirà qualcuno. Può essere, ma intanto teniamoci strette le mille Ducati che abbiamo in Italia.