Maria Pia Fusco, la Repubblica 25/11/2007, 25 novembre 2007
SELEZIONAXXLina Sastri, lo spirito libero, Medea e la moglie di Picone nel film di Nanni Loy, Margherita Gautier e l´interprete di Te voglio bene assai, Anna Magnani in Celluloide e la ragazza che in Ecce Bombo con la sua malattia reale spezzava i deliri dei personaggi in crisi generazionale
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Lina Sastri, lo spirito libero, Medea e la moglie di Picone nel film di Nanni Loy, Margherita Gautier e l´interprete di Te voglio bene assai, Anna Magnani in Celluloide e la ragazza che in Ecce Bombo con la sua malattia reale spezzava i deliri dei personaggi in crisi generazionale. Attrice o cantante? Cinema o teatro? Interprete di prosa classica o di ricerca? Ma la domanda che più la indispettisce è: attrice italiana o napoletana? «Parliamone. In che senso? Sono nata a Napoli, dunque sono fortunata perché la mia lingua madre è nota in tutto il mondo, si è espressa attraverso grandi poeti, grandi scrittori, grandi musicisti, è una grande ricchezza averla addosso. Poi faccio Sofocle e Pirandello, ma che problema è? L´emozione del teatro viene dal rapporto tra pubblico e palcoscenico, non contano gli accenti». Il fatto è che collocare Lina Sastri in un ambito dell´espressione artistica non è possibile. Non a caso è l´unica della sua generazione ad aver ricevuto premi per la musica, per il teatro e per il cinema, e i manifesti alle pareti della sua casa all´Esquilino evocano concerti in tutto il mondo, rappresentazioni teatrali, immagini di film. «Sono una bandita, una fuorilegge dello spettacolo», ma scherza, perché in fondo è fiera e felice delle sue scelte fuori dagli schemi e di un percorso artistico fantastico, soprattutto da parte di una che da bambina era animata da un solo desiderio: «Volevo farmi suora, avevo una sincera fede religiosa, e mi è rimasta, la considero una grazia». Dalla fede religiosa scaturisce «una fede altrettanto forte per l´arte della recitazione». Senza scuola - «mi esprimo soprattutto con il mio corpo» - solo con la passione e la lunga gavetta di spettacoli in teatrini di quartiere e nelle piazze di paese per la festa del santo patrono. A diciassette anni arriva Masaniello di Armando Pugliese, uno spettacolo storico per originalità, energia e popolarità, e con il personaggio della mendicante Lina Sastri svela il suo talento, il temperamento impetuoso, la fisicità elegante e sensuale, la voce bassa, roca, forte. «Recitavamo sotto una tenda, con i piedi bagnati, senza microfono. Poi andammo in giro, povere pensioni, soldi pochissimi e ricordo lo sconforto di quando mi rubarono l´eskimo, era la cosa più preziosa che avevo», racconta con la leggerezza di sempre, una qualità che contrasta con la drammaticità dei suoi colori scuri, illuminati dallo sguardo penetrante e mobile, a volte tragico, a volte ridente. Da Masaniello a Patroni Griffi e Pirandello, poi la grande scuola di Eduardo e di Peppino De Filippo. Recitando da giovanissima, le è rimasta addosso una timidezza di spettatrice: «Non sto a mio agio nei foyer, non appartiene alla mia esperienza di vita, sto bene e mi sento libera solo sul palcoscenico». Libertà è la parola che più ritorna nel suo linguaggio. La musica è libertà: « una terra di nessuno, la zona artistica dove sono più padrona di me stessa, soprattutto perché gli spettacoli musicali li produco da sola e la musica diventa teatro perché solo cantare mi annoia. La musica non ha lingua, arriva ovunque oltre le parole, il canto è la prima espressione dell´uomo, la più artistica, la più universale». Ha cantato classici napoletani in Cina, in Giappone, a Broadway, ovunque l´hanno capita, applaudita. Ma anche il teatro - in questo periodo è in tournée con Elettra - è libertà «perché necessita di lunga preparazione, di rigore, di studio, di confronto continuo con se stessi. la regola, bisogna sapere tutto, perché è dalla conoscenza che si può spaziare e si è liberi di rovesciare tutto, di improvvisare e interpretare senza tradire». Altra cosa è il cinema, arrivato un po´ per caso, prima con piccoli ruoli, poi con Nanni Moretti, Nanni Loy, Giuseppe Bertolucci, Ricky Tognazzi e fu subito popolarità e riconoscimenti prestigiosi, poi le apparizioni sullo schermo diventarono sempre più rare. «Ma non sono in credito con il cinema, l´ho fatto per sette anni di seguito, ho avuto incontri ricchi e fortunati, ho avuto premi. Il cinema mi ha dato assai, molto di più di quanto abbia dato io. Ma non ero preparata. Il cinema è sogno, è bellezza, è seduzione e io non mi sentivo un´attrice di cinema, non amo le pose, sono a disagio davanti a un obiettivo, ho un rapporto difficile con la mia immagine, non mi sento attrice di cinema. E mentre la musica va, il teatro va, l´immagine dello schermo resta, non c´è libertà di cambiare. Il cinema lo fa chi guarda, non chi è guardato. Con la mia presunzione, con la vanagloria sfrontata della giovinezza ho cominciato a dire troppi no, e in qualche modo credo di non aver rispettato fino in fondo me stessa e la fortuna che mi capitava. Il cinema, che è maschio, è rimasto sconcertato da questa ragazza un po´ ribelle che si permetteva tanti rifiuti. Per questo e per vicende anche private io e il cinema ci siamo visti più di rado». Tra le vicende personali ci sono i sentimenti. Raramente oggetto di attenzione da parte della stampa pettegola, Lina Sastri ha vissuto con discrezione storie di passioni forti, abbandoni senza cautele. «Quando arriva l´Amore mi dedico completamente, credo nello scambio reciproco, so che l´uomo è diverso e amo la sua diversità, ma non so giocare al "come tu mi vuoi", ci sto dentro con tutta me stessa, vivo tutto con passione. Sono stata male e ho fatto star male perché, anche se non conosco l´odio e per me è naturale il perdono, non vuol dire che sono buona, sono irascibile e aggressiva. Forse per insicurezza». Negli anni caldi, quando finiva una storia, Lina Sastri andava a vivere in un residence di Roma. «Stavo meglio in un ambiente estraneo, sfogavo il dolore nella solitudine, finché mi sforzavo di uscirne e cercavo rassicurazioni in modo anche selvaggio». Oggi, passati i cinquant´anni - incredibili, da ragazza, bella, viva e appassionata - ha una vera casa, comoda, circolare, allegra. Ci vive con l´amatissimo gatto Pulci (da Pulcinella) e «per la prima volta sono sola. Attraverso la sofferenza ho imparato a capire la vita, ma la solitudine non è una condizione umana. A chi lo dici "Vuoi un poco di caffè?", con chi dividi il piacere di un libro o di un film?». Per fortuna c´è il lavoro, ci sono le occasioni impreviste, il ritorno del cinema per esempio. «Bisogna riconoscere che il tempo è ingiusto, le età della vita esistono. Quando la femmina arriva a portare addosso i segni che denunciano tutto quello che nel tempo ha seminato sul suo corpo, o li togli con il botulino o, se non li togli come nel mio caso, accetti di vivere la tua età e non un´altra. Anche con dolore, perché non è vero che noi donne siamo contente quando abbiamo una ruga in più. Le accetti per paura del botulino o perché ami troppo la tua identità per volerla cambiare. Allora il cinema, sempre come un maschio, ti guarda con più sospetto e non ti vuole più incontrare, ma ti vuole usare. Però si può incontrare un animo gentile». Lei lo ha incontrato in Fabrizio Bentivoglio che in Lascia perdere, Johnny! le ha offerto il ruolo di Vincenza, la madre del protagonista, «una donna piccolo borghese di Caserta, vedova, non ricca, che vive con discrezione e grazia un´esistenza dignitosa, che ama e rispetta il figlio e la sua passione per la chitarra, tanto che lo spinge a provarci e lo manda verso la sua vita, anche se non è sicura che in quella chitarra ci sia la certezza di un futuro». Dopo Bentivoglio ci sarà Tornatore che nel film Baaria le ha offerto madre Tana, «un doppio personaggio, una donna che fa parte di una famiglia in questo paese che Peppuccio racconta reale e immaginario in maniera molto poetica. Tutti i personaggi parlano in siciliano stretto, sto cercando di imparare una lingua, mio padre è di Siracusa, la musicalità della Sicilia non mi è estranea». Ma nella vita, secondo Lina Sastri, niente arriva per caso. Non è per caso che «dopo la morte di mia madre, due anni fa, una donna bellissima e leggera, sono capitate, a me che madre non sono, tante "madri", anche speciali, Madre Teresa di Calcutta, la Madonna, la madre superiora di Santa Rita». Alcuni sono stati ruoli per la televisione, «l´elettrodomestico, come diceva Eduardo, che una volta, quando al telefono gli dissero "qui è la Rai" rispose "mo´ vi presento il frigorifero". lo schermo piccolo, quello per cui non paghi il biglietto, ma è comunque obiettivo, luce, recitazione, occhio che guarda». Non è per caso neanche che dopo Medea con la regia di Piero Maccarinelli, stia facendo Elettra con Luca De Fusco. «Da sempre, da quando ero ragazzina, Medea era con me, una che conoscevo, una passione che potevo capire, capivo la gelosia, il sentirsi traditi ed esclusi e la terribile forma di ira e di dolore che si esprime nell´atto tragico dell´uccisione dei figli. La capisco perché, pur essendo figlia di dèi, Medea è più umana di Elettra nel suo percorso di vita, è una donna che agisce. Elettra, figlia di re e non di dèi, è più nobile e solitaria, priva di passioni umane. Non mi è capitata per caso in un momento in cui, più che la ricerca di corrispondenza appassionata con un uomo, sento l´anelito civile verso l´umanità. un momento in cui, per volontà politica, gli uomini sembrano allontanarsi dall´umanità e il mondo sembra avviarsi verso la morte. Elettra è sete di giustizia, se non di pietà, ma di giustizia nel mondo. Forse chiuderà un ciclo della mia vita, lo saprò a gennaio, finite le recite». E ancora non è per caso che l´anno prossimo l´aspetti Filumena Marturano, un ritorno ad Eduardo che ricorda come «maestro, uomo sensibile, parco, giusto, intelligentissimo, generoso. Ogni tanto sento dire che era cattivo, non è vero. Ho avuto la fortuna di conoscerlo che ero una ragazzina e lui un vecchio, ho avuto il privilegio della sua stima e forse del suo affetto. Era un uomo che aveva una semplice severità di vita e oltre al grande artista che tutti conosciamo era erotico: perché conosceva le donne, le capiva e le amava». Lina Sastri considera Filumena Marturano un appuntamento continuamente rimandato. «Quando me lo proponevano, io dicevo sempre "piango ancora, non la posso fare, perché Filumena non piange più". vero che io piango ancora, ma sempre meno. E forse l´anno prossimo, quando la farò, piangerò ancora, ma spero di essere ritornata a piangere per qualcosa di felice».