Paola De Carolis, Corriere della Sera 24/11/2007, 24 novembre 2007
LONDRA
Le fotografie e i filmati delle feste un po’ osé, le trasgressioni, i sogni nel cassetto. I cosiddetti social network e YouTube ne sono pieni. Ma qual è il prezzo? Se lo è chiesto l’Information Commission Office (Ico), l’organizzazione britannica per l’accesso a dati ufficiali e la protezione della privacy, di fronte alla crescente popolarità di siti come Facebook e MySpace. La risposta è stata un allarme rispetto alle prospettive lavorative di chi oggi si lascia andare nel descriversi. Sono sempre di più, infatti, le aziende che prima di assumere qualcuno cercano in rete informazioni su di lui, inclusi filmati, bravate e autoritratti. Così, dall’ufficio del tutore della privacy britannico arriva un monito ai ragazzi: quello che adesso dite di voi per stringere amicizie, domani potrebbe rovinare la vostra carriera.
La ricerca dell’Ico rivela l’ingenuità dei giovani utenti di Internet. Non ci avevano mai pensato, se è vero che il 71% di loro vorrebbe poter cancellare ciò che ha scritto prima di un eventuale ricerca, mettiamo, dell’ateneo prescelto. C’è di peggio: il 60% non ha mai preso in considerazione la possibilità che ciò che approda su Internet possa essere permanente. Sono velocissimi con la tastiera, esplorano la rete senza problemi, ma i piccoli maghi di Internet non sembrano conoscerne a fondo i pericoli. Il caso di un giovane avvocato scartato da un importante studio legale per via delle foto messe su Facebook, in costume da bagno e ubriaco, non sembra aver fatto suonare i dovuti campanelli d’allarme. «Internet – spiega David Smith, vice direttore dell’Information Commission Office – è uno degli strumenti che datori di lavoro e università usano di più per selezionare il candidato ideale. I giovani sembrano non rendersi conto dell’impronta elettronica che si lasciano dietro. I costi futuri potrebbero essere molto alti».
Perché non c’è limite a quello che l’internauta decide di rivelare. E la data di nascita (specificata dal 60% degli utenti di Facebook), l’indirizzo di casa (10%), l’incarico professionale (25%) sono informazioni che possono essere usate per furti d’identità, un problema che in casi estremi può portare a trovarsi un mutuo a carico cui non può far fronte. E poi i nomi di sorelle, fratelli, animali domestici e date importanti formano spesso le password usate per gli acquisti online. Trovare la combinazione giusta per un furfante è un gioco.