Alessandro Capponi Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 24/11/2007, 24 novembre 2007
DAI NOSTRI INVIATI
PERUGIA – «L’unico pensiero di Amanda è la ricerca del piacere in ogni momento»: Raffaele Sollecito scrive a suo padre. Senza pudori, il giovane pugliese – accusato insieme con la fidanzata e con Rudy Hermann di aver violentato e ucciso Meredith Kercher – racconta anche il suo rapporto con la ventenne americana. Poi parla del memoriale di Amanda e, quindi, della notte del delitto. «Abbiamo fatto la doccia assieme, ma non quella sera». Giura: «Non c’ero in quella casa». Ammette di «essere stato leggero» e poi dice: «Solo ora ho capito cosa significa passeggiare all’inferno».
«Io e Amanda»
Comincia dall’inizio, Raffaele, dal primo incontro: «Che cosa dire di Amanda, l’ho conosciuta a un concerto e la prima impressione che ho avuto era quella di una ragazza interessante, mi guardava più e più volte, cercava di scrutare qualcosa nel mio sguardo, come un interesse particolare. Poi mi siedo accanto a lei per parlare e mi accorgo che le sue impressioni sulla musica erano strane perché non si concentrava sulle emozioni che suscitava, ma sul ritmo. Lento, veloce, lento. Nel periodo in cui stavamo insieme era sfuggente, penso che lei era fuori dal mondo. Vive la vita come un sogno, è fuori dalla realtà, non riesce a distinguere sogno da realtà. La sua vita sembrava puro piacere, ha un contatto con la realtà quasi inesistente. In mezzo a questo triste e deprimente panorama globale, dalla finestra oltre il muro c’è la torre di avvistamento sull’orizzonte si vede una casetta montanara. Bene, quella casetta sopra la pianura mi strappa un timido sorriso di speranza. Non so se è giusto che debba pagare così tanto per non riuscire a focalizzare i momenti nel tempo, durante il primo novembre. Ma dopo quest’esperienza, credimi papà, non toccherò più una canna in vita mia. Adesso posso dire che ho capito che significa farsi una passeggiata all’inferno. E prego Dio che non mi accada più. Aspetto fiducioso i risultati degli inquirenti che, so per certo essendo innocente, dimostreranno ciò che è successo. Che io dentro quella stanza non c’ero quando la povera Meredith è stata uccisa. Già, la povera Meredith. Una ragazza tranquilla che scambiava poche parole con gli altri, con cui avevo pochi rapporti, ma che certamente non meritava la fine che ha fatto. Spero che presto i suoi genitori possano avere giustizia, sapere perché e come e per mano di chi è morta la figlia. Questa esperienza mi ha aperto gli occhi. Io sono abituato ad avere la casa sempre pulita, il termosifone caldissimo quando fa freddo, un letto caldissimo, un’automobile da favola, mangiare il meglio del meglio che la terra possa offrire, avere il computer più performante del mercato e una famiglia che mi ama».
«Impossibile vivere così»
Descrive la sua vita in carcere, si sofferma sui dettagli: «Qui dentro c’è gente che non ha niente di tutto ciò. C’è un letto di spugna sudicio, un bagno piccolissimo con l’acqua calda, un termosifone che funziona solo poche ore al giorno, due coperte e un televisore da tredici pollici. Qualcosa da mangiare può essere davvero oro che cola. Mi riesce difficile entrare nell’ottica, ma è così che ho cercato e cerco di ripagare la mia vita e quello che mi ha dato. Ma mi accorgo che non è mai abbastanza e dovrò lavorare ancora sodo per far qualcosa per gli altri e per me stesso; penso che la chiave sia volersi bene e voler bene. Perché tutto quello che abbiamo non ci è dovuto da nessuno. Questa esperienza è servita almeno a questo. Passo il tempo a cercare di parlare con medici, psicologici, educatori e guardie, cercando di capire che cosa possa essere successo quella notte e nella certezza assoluta di non avere fatto nulla di male. Cerco di capire quale è stato il ruolo di Amanda in questa vicenda.
L’Amanda che ho conosciuto è un’Amanda che prende la vita con leggerezza. L’unico suo pensiero era la ricerca del piacere in ogni momento. Ma da qui a poter anche solo immaginare che lei sia un’assassina diventa impossibile. Ho letto il suo memoriale. Alcune cose che lei racconta non sono vere. Ma non so perché le dice. Per esempio non è quella sera che abbiamo fatto la doccia insieme. Mi rendo conto che se siamo finiti tutti in carcere è anche colpa della mia leggerezza riguardo ai fatti di quella sera. E anche dal fatto che ci siamo fumati parecchi spinelli e mi dispiace tanto. Ascolto e penso, penso intensamente a tutto ciò che mi è capitato e mi circonda, il mio cervello ora mi sembra una macchina inarrestabile che cerca di ricollegare e immaginare. Mi fermo poi per non impazzire e penso ai miei amici che sono fuori. Penso a te papà, a quello che stai subendo, al dolore che ti ha provocato questo figlio stupido e leggero. Sto pagando per la mia superficialità, e questa volta vorrà dire che pagherò fino all’ultimo centesimo. La realtà è che la mia vita adesso è cambiata per sempre e non c’è modo di tornare indietro. Posso solo raccogliere i pezzi smarriti e cercare di rincollarli. Anche in questa situazione per me terribile, cerco di cogliere il lato positivo, altrimenti vivere sarebbe impossibile ».
Raffaele ha quattro avvocati che si occupano di lui – Luca Maori, Marco Brusco, Delfo Berretti, Donatella Donati – e ieri ha chiesto di vedere il magistrato: «Voglio chiarire che sono innocente».