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 2007  novembre 22 Giovedì calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PECHINO – Alte: da un minimo di 1,68 a un massimo di 1,78. E di buona educazione scolastica: o già laureate o studentesse prossime al diploma. Naturalmente belle. Non vi è un limite di peso ma la gradevolezza delle proporzioni sarà valutata con attenzione: l’occhio vuole la sua parte. Niente ragazze facili, dal sorriso spento e dal bacio freddo. Volti simpatici e forme attraenti, sguardi espressivi e timidamente maliziosi. Però, gli ammiccamenti sono vietati. Devono possedere un identikit pudico, specchiata moralità e armoniosa compostezza, le hostess cinesi che premieranno gli atleti e porteranno le bandiere ai Giochi del 2008. No alle «pon-pon» avvenenti. E no, pure, alle «pin-up», troppo seducenti. Al bando le procaci «pole-girls» stile Las Vegas, ottime per i cow-boy dell’azzardo. Men che meno le eccessive dark lady .
Non c’è da meravigliarsi. Ogni Paese sceglie le sue regole. Perché non Pechino? La Cina stupirà. Anche a costo di fare arricciare il naso a qualche estremista delle pari opportunità fra signore dal modestissimo appeal estetico (le racchie) e signore con naturale gradevolezza di lineamenti e di forme, o signore charmant indipendentemente dalla perfezione o meno delle gambe e dei fianchi. Ci sono occasioni in cui la «discriminazione » è quasi necessaria. L’importante è che il test sia doppio: estetica e cultura, corpo e cervello, ostacoli da superare a pieni voti. Pechino 2008 sarà così.
Il fatto è che corrono molte banalità sulle donne cinesi: che sono piccole, sgraziate e dimesse. Per non dire di peggio. Allora, quale migliore occasione delle prossime Olimpiadi per sfatare uno dei più gettonati stereotipi sulla Cina? Il luogo comune – ripetiamolo: le donne cinesi sono brutte – è una sorta di sciovinistica promozione della bellezza occidentale. Una superiorità presuntuosamente scontata. Che importa, poi, se Armani o Fendi o Versace o Ferrè mettono sotto contratto splendide modelle orientali? E che importa se l’attrice Zhang Ziyi sia un fiore di delicatezza o ancora di più lo sia Tang Wei, diplomata all’Accademia di Arte Drammatica a Pechino, finalista al concorso Miss Universo e splendida interprete di Lust, Caution?
La Cina non ha proprio nulla da invidiare alle donne europee o americane (forse sono gli uomini occidentali che devono invidiare gli uomini cinesi i quali, pur brutti, hanno splendide compagne). Però la vulgata è questa e la Cina, che è attentissima a diffondere una immagine di moderna raffinatezza ha deciso di giocare bene le sue carte. In barba alle dicerie.
Via alle selezioni di 560 ragazze fra i 18 e i 25 anni. Il responsabile delle attività culturali del Bocog, il comitato organizzatore dei Giochi, lo ha spiegato a chiare lettere in un incontro ufficiale: «Vogliamo che siano giovani e bellissime. Ma ciò non basta». Ammonimento per la giuria che lui stesso presiederà. Per ora sono un paio di migliaia le candidate che si sono fatte avanti con ragioni più che fondate. Tutte reclutate all’interno dei campus di studi universitari. Dove la percentuale di goffaggine femminile è davvero ai minimi storici. C’è chi (un sindacalista di Hong Kong interpellato dal quotidiano
South China Morning Post)
ha avuto il coraggio di protestare invocando la violazione della nuova disciplina sul lavoro che impone anche in Cina l’uguaglianza di trattamento: quindi belle e brutte (belli e brutti) hanno gli stessi diritti. Ma gli ha replicato un avvocato, Liang Zhi, strenuo difensore a Pechino dei lavoratori discriminati: «No, questo è un lavoro particolare come lo è quello del giocatore di pallacanestro». Già: può esibirsi un nano in mezzo ai giganti? Nessuno osa sostenere che i piccoli sono vittime di odiose selezioni. Protesta bocciata. Questa volta il sindacalista ha preso un abbaglio.
Fabio Cavalera