varie, 23 novembre 2007
INZERILLI
INZERILLI Paolo Milano 15 novembre 1933. Generale • «Su Giulio Andreotti il generale Paolo Inzerilli le cose non le manda a dire: ”Il suo comportamento è stato inaccettabile. Non poteva dare in pasto al pubblico i piani militari e i nomi dei gladiatori. In nessun paese europeo, come in Italia, i nomi dei componenti della Gladio sono stati resi noti a tutti e quindi loro stessi sono stati in questo modo messi in pericolo. E proprio per colpa sua”. Gli episodi che Inzerilli ricorda risalgono al 1990, quando Andreotti era presidente del Consiglio e decise di rendere pubblica l’esistenza di Gladio, la Stay-behind italiana, piccola forza di civili che avrebbe dovuto organizzare la resistenza contro le eventuali forze d’invasione del Patto di Varsavia. Il generale Inzerilli era allora una sorta di capo della Gladio, l’uomo che da circa 16 anni la guidava dal centro, dal servizio segreto militare. E di quello ”scherzetto” di Andreotti ne sa qualcosa, se non altro perché gli è costato quattro processi durati più di 10 anni, due davanti al Tribunale dei ministri e due in Corte d’assise. Assolto in tutti e quattro [...] adesso si prende qualche soddisfazione. Una è il libro che ha scritto, La vittoria dei gladiatori [...] pubblicato dalla Bietti Media del suo amico Francesco Gironda, responsabile del settore guerra psicologica proprio della Gladio. Un’altra è il riconoscimento che anche qualche ”rosso” gli ha dato di avere agito sempre come un fedele servitore dello Stato: per esempio l’ex presidente della commissione Stragi Giovanni Pellegrino, che in questo senso, insieme a Giovanni Fasanella, ha scritto la prefazione del libro. Terza soddisfazione, raccontare a ruota abbastanza libera (per quanto può fare un ufficiale degli alpini puro e duro come lui) episodi tipo questo: ”Incrociai Andreotti quando ero consulente della commissione Mitrokhin, dove lui era commissario. Ma fece finta di non conoscermi. Arrivammo al punto che, arrivati entrambi davanti a un appendiabiti, rimase per un quarto d’ora a guardare nel vuoto, fermo immobile, pur di non voler dar l’idea d’avermi visto”. Ma c’è di più. Non proprio velatamente, Inzerilli, sia nel libro sia parlandone con Panorama, accusa Andreotti di aver mentito anche in sede istituzionale. In particolare quando, il 23 novembre 1990, scrisse una lettera al ministro della Difesa Virginio Rognoni, in cui asserì di aver parlato ”con alcuni colleghi europei” (e quindi primi ministri) e di essersi così convinto che non c’era alcun problema a ”dissolvere” la Gladio. Inzerilli, che all’epoca era capo di stato maggiore del Sismi, diretto da Fulvio Martini, ancora oggi chiede: ”Ma con chi aveva parlato Andreotti, visto che abbiamo tutte le dichiarazioni dell’epoca in cui si dice il contrario, e anche tutti i servizi europei, che io conoscevo, non erano d’accordo?”. E poi c’è un’altra domanda che Inzerilli ha sempre voluto porre ad Andreotti: perché, quando dissolse la Gladio, nel 1990, disse, ancora una volta in sede istituzionale, la commissione Stragi, che lui pensava che la struttura nemmeno esistesse più, perché sapeva che era stata sciolta nel 1972? Perché, in altre parole, volle confondere la Gladio con i nuclei di difesa dello Stato, organizzazione dipendente della Terza armata che, infiltrata dalla destra eversiva (Ordine nuovo e Avanguardia nazionale), fu effettivamente disciolta nel 1972? stato così che sia la Gladio sia Inzerilli si sono dovuti difendere per quasi un decennio da accuse infamanti come quella di aver collaborato ad alcune stragi e di aver agito per la sovversione dello Stato. Che bisogno c’era?» (Giorgio Fabre, ”Panorama” 29/11/2007).