Il Sole 24 Ore 21/11/2007, pag.13 Guido Romeo Il Sole 24 Ore 21/11/2007, pag.13 Carlo Alberto Redi, 21 novembre 2007
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Dalla pelle le nuove staminali. Il Sole 24 Ore 21 novembre 2007. Una manciata di geni e le cellule adulte tornano bambine, rivoluzionando le speranze di cura e aggirando i problemi etici sollevati da clonazione e ricerche sugli embrioni. il risultato ottenuto in maniera indipendente da due équipe, una giapponese e una statunitense, che inserendo quattro geni nelle cellule adulte della pelle sono riuscite a invertirne lo sviluppo, trasformandole in cellule pluripotenti, cioè con le stesse proprietà delle staminali embrionali. I due studi, uno firmato da Shinya Yamanaka dell’Università di Kyoto sulla rivista «Cell» e l’altro da James Thomson dell’Università di Madison-Wisconsin su «Science», mostrano che queste cellule "ringiovanite", battezzate Ipcs (induced pluripotent cells) sarebbero in grado di differenziarsi in uno qualsiasi dei 220 tipi di tessuti che compongono l’organismo, aprendo la strada a moltissime applicazioni nella medicina rigenerativa, dal trattamento del Parkinson, agli infartuati e alle malattie del sangue e delle ossa. Questo tipo di staminali non porrebbe nemmeno problemi di rigetto poiché donatore e ricevente sarebbero la stessa persona. Il risultato, in parte anticipato qualche giorno fa da Ian Wilmut, creatore di Dolly, la prima pecora clonata nel 1996, è stato subito salutato «con grande favore» dal presidente George W. Bush e da chi si oppone all’utilizzo di tecniche di clonazione e alla manipolazione di embrioni. I ricercatori avvertono però che non è ancora il momento di abbandonare la ricerca sulle embrionali e che saranno necessarie conferme prima di una sperimentazione clinica con pazienti umani. Yamanaka e Thomson hanno utilizzato ricette simili. Entrambi sono partiti da una coltura di fibroblasti, cellule della pelle umana, nelle quali hanno introdotto quattro geni attivi durante lo sviluppo embrionale. Mentre il gruppo giapponese ha impiantato nelle sue colture di cellule provenienti da una donna di 36 anni e da un uomo di 69 i geni Oct3/4, Sox2, Klf4 e c-Myc, gli americani hanno utilizzato cellule provenienti da un feto e da un neonato nelle quali hanno inserito un cocktail parzialmente diverso composto da Oct4, Sox2, Nanog e Lin28. I nuovi geni hanno funzionato come interruttori, riportando indietro le lancette dell’orologio delle cellule adulte e facendole comportare in maniera molto simile alle staminali che compongono un embrione. Le Ipcs mostrano i marcatori caratteristici delle staminali embrionali, generano perfino i classici tumori, i teratomi, e danno origine ai tre foglietti embrionali dai quali si forma il feto. Anche le rese sono simili. Per gli americani il rapporto è di una cellula riprogrammata ogni 10mila presente nella coltura iniziale. «Da circa 50mila cellule umane abbiamo ottenuto 10 cellule clonate Ipcs – osserva Yamanaka – Può sembrare molto poco, ma significa che da un solo esperimento si possono già ottenere molte linee di cellule». Il prossimo passo è la verifica della sicurezza di queste cellule con esperimenti sugli animali e la ricerca di nuovi vettori per l’inserimento dei geni.
Guido Romeo
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Una risposta ai dubbi etici. Il Sole 24 Ore 21 novembre 2007. Sembra proprio che la comunità scientifica sia vicina a decifrare i segreti a livello molecolare di quel fantastico miniaturizzato laboratorio di biologia molecolare che è la cellula uovo, con la sua capacità di riprogrammare geneticamente i nuclei delle cellule somatiche di un adulto (come la clonazione di Dolly e Cumulina ha dimostrato che l’oocita sa fare). James Thomson dell’Università del Wisconsin e Shinya Yamanaka dell’Università di Kyoto sono riusciti a riprogrammare geneticamente delle cellule somatiche producendo delle cellule staminali di tipo embrionale; Yamanaka ha impiegato cellule dalla pelle del viso di un uomo di 36 anni e dal connettivo di un uomo di 69 anni; Thomson dalla pelle di un neonato. Entrambi hanno usato dei vettori retrovirali per inserire nelle cellule somatiche quattro geni normalmente espressi dalle staminali embrionali. Le staminali embrionali ottenute hanno la capacità di differenziarsi in tutti i tipi di tessuto che compongono il corpo umano. Questi sono gli essenziali dati tecnici. Alcune considerazioni si impongono: e possiamo oggi ottenere staminali embrionali superando il problema etico dell’impiego diretto degli embrioni, e questo in soli dieci anni (Thomson derivò le prime embrionali nel 1998); r La comunità scientifica può oggi "portare" in provetta le patologie in studio: questo è l’immediato uso che queste cellule ci offrono (staminali embrionali di diabete, Parkinson, ecc in provetta), un avanzamento davvero "rivoluzionario" nella metodologia della indagine biologica; t già nel 2001, il rapporto Dulbecco voluto dal Ministro Umberto Veronesi indicava la strada della riprogrammazione genetica come quella in grado di assicurare alla comunità scientifica di poter disporre di staminali embrionali senza impiegare embrioni (sviluppo del citoplasto artificiale). A fronte di una precisa indicazione degli scienziati, l’Italia ha investito una cifra misera su un programma nazionale (5 milioni di euro, il biglietto della lotteria di capodanno!): oggi, due istituzioni accademiche, università, si aggiudicano delle patenti che hanno il sapore di essere "epocali". L’uscita dal declino di un Paese, l’Italia, è l’investimento in ricerca (la Cina e l’India insegnano); u chiara la immediata speranza di poter produrre cellule da impiegare per terapie cellulari sostitutive in medicina rigenerativa. In conclusione, tutte le patologie di cui soffriamo possono trovare adatte terapie grazie alla sostituzione delle cellule danneggiate o morte con nuove cellule. Nella pratica, già i due ricercatori indicano grande prudenza a tal fine: entrambe le tecniche producono l’inserzione di grandi quantità di retrovirus e sarà dunque necessario verificare che questi non finiscano con il produrre tumori. La previsione è che riusciremo a controllare anche questo aspetto.
Carlo Alberto Redi
Direttore scientifico Fondazione Irccs
Policlinico San Matteo - Pavia