varie, 22 novembre 2007
BERGAMINI
BERGAMINI Deborah Viareggio (Lucca) 24 ottobre 1967. Giornalista • « Ai bei tempi, quando decideva tutto lei - aprire, chiudere e non fare prigionieri - la chiamavano Deborina. Viso d’angelo, camicette bianche, capelli biondi lisci lavati in casa per fare prima, tacchi da paura: è così che gli amanti del genere s’immaginano debba essere la Dominatrice perfetta, e Deborina lo era. Un tipo di femmina piuttosto avanti per gli standard italiani, di lei si raccontavano storie che parevano la futura trama di un romanzo di Candace Busnell, quasi che anche Roma, come la New York post Sex and the City, fosse sul punto di trasformarsi in una ”giungla di rossetti”: non erano forse state avvistate, le due Dominatrici di Raiset Debora Bergamini e Giuliana del Bufalo, mentre sfrecciavano sulle loro Peugeot 607 affiancate, con autisti alla guida of course, proprio come le potenti Wendy Healy e Victory Ford sulla Quinta Strada, in uno dei capitoli più esaltanti di Lipstick Jungle?. Non s’era forse trovata anche Deborina, proprio come Nico O’Neilly, la terza protagonista del romanzo post-femminista di Busnell, a dover distogliere lo sguardo per passare oltre, e magari avanti, mentre i suoi vecchi amici e compagni di cordata cadevano a terra? Sarà stata un po’ sconvolta pure lei, la sera in cui Saccà e Socci furono scaricati, prima di dirsi che la lotta per la vera parità di genere non è roba da stomaci deboli, e qualcuna dovrà pur cominciare? Deborah Bergamini, di certo, è una pioniera. Una di quelle, poche in Italia, che ce l’hanno fatta a sfondare il soffitto di cristallo: direttore dell’area Marketing Strategico e Business Development della Rai, consigliere di amministrazione di Rai Trade e di new.co Rai International, fior di poltronissime su ”Prima Comunicazione” (anche sul numero in edicola, Bergamini c’è), ampi poteri e facoltà di aprire e chiudere programmi, favorire o stroncare carriere, esercitare il diritto di censura e il controllo della par condicio. Interlocutrice unica, per una lunga stagione, del presidente del Consiglio nonché proprietario del polo televisivo concorrente: l’uomo del quale Deborina era stata l’angelo custode nei mesi difficili della ”traversata nel deserto”, e la fidata consigliera sempre pronta a seguirlo negli studi televisivi e a piazzarsi vigile ”dietro la due”, come dicono quelli della tv, per controllare che tutto filasse liscio. S’erano conosciuti, lei e il Cavaliere, a Londra. Era la fine degli Anni Novanta e la bionda ragazza toscana laureata in Lettere a Firenze e perfezionata in marketing politico in Massachusetts, lavorava nella redazione televisiva di Bloomberg dopo un’esperienza parigina presso l’editore finanziario Analyses et Synthèses. Lui teneva una conferenza stampa, lei seppe porgere, s’immagina, una domanda di quelle che lasciano il segno; seguì un frettoloso scambio di recapiti e in capo a pochi mesi Deborah era membro dello staff berlusconiano. Segretaria, figurarsi. Alle riunioni coi fedelissimi, ai tavoli in cui si pianifica la ripresa del potere, Bergamini non manca mai; sovrintende alla messa a punto e alla firma del ”contratto con gli italiani” e a missione compiuta s’insedia in Rai. Là, infaticabile, supportata da giovani dirigenti maschi e ambiziosi, rivoluziona i palinsesti, mette a punto idee-moda (Riccardo Berti al posto di Enzo Biagi, per dirne una), esercita il potere con lo stile diretto di chi non si limita ad alzare il telefono, non esitando a piazzarsi in sala di montaggio in un giorno festivo come il primo Maggio per controllare la diretta, differita di qualche minuto per la verità, della manifestazione. Viso d’angelo pare, in quei giorni rampanti, una donna del tutto immune da debolezze, come dovrebbe essere in una vera Giungla dei Rossetti. Ma Roma non è New York, e ai primi presagi di sventura, è lì che succede: Deborina, che gli intimi cominciano a chiamare Debbie (visto col senno di poi, un presagio di sventura pure questo) contrae il virus dell’empatia femminile. Si prende a cuore il vj Andrea Pezzi, uno di quei ragazzi che fanno tanta tenerezza alle donne, e gli affida un programma, un flop costosissimo del quale, almeno sul piano dell’immagine, le toccherà poi rispondere, malignità comprese. Dirà la storia se fu quello l’inizio d’uno storico, sostanziale ribaltone di genere» (Stefania Miretti, ”La Stampa” 22/11/2007).