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 2007  novembre 22 Giovedì calendario

La mina delle tv sulla via del dialogo. La Stampa 22 Novembre 2007. ROMA. Sospinto dalla sua proverbiale inquietudine mattutina, Walter Veltroni si è presentato a palazzo Chigi alle 8 e 20, con sottobraccio il bozzetto del nuovo simbolo del Partito Democratico

La mina delle tv sulla via del dialogo. La Stampa 22 Novembre 2007. ROMA. Sospinto dalla sua proverbiale inquietudine mattutina, Walter Veltroni si è presentato a palazzo Chigi alle 8 e 20, con sottobraccio il bozzetto del nuovo simbolo del Partito Democratico. Romano Prodi, che dopo l’approvazione della Finanziaria è stabilmente di umore splendido, ha accolto Veltroni con un sorriso («Come stai?»), colmandolo di complimenti per il logo del Pd: « proprio bello!». Ma, esauriti i convenevoli, i due hanno chiacchierato di politica, di riforme e soprattutto di quel sorprendente patto Rai-Mediaset che - i due lo hanno capito subito - rischia di appesantire pensieri e parole di un dialogo sulle riforme appena iniziato. Tanto è vero che Veltroni, prendendo spunto dalla vicenda, ha confidato a Prodi tutta la sua irritazione per la chiave di lettura data dai giornali sulle sue mosse: «Caro Romano, un conto è provare a dialogare sulle riforme con Berlusconi, altro conto è etichettare tutto questo come inciucio. Siamo d’accordo e lo sai: in questa vicenda non possono esistere interlocutori privilegiati». Prodi lo ha capito subito e se ne è intimamente compiaciuto: la formula del ”Veltrusconi” non piace per niente al sindaco di Roma, perché evoca quell’armamentario di intese opache che la nascita del Partito democratico vorrebbe archiviare. «Una lettura sbagliata - ha confidato Veltroni a Prodi - perché non si può aprire un dialogo se Berlusconi chiede come contropartita le elezioni anticipate». E propro lo spettro di un rinnovato effetto-Bicamerale col sindaco di Roma al posto di D’Alema, ha indotto Walter Veltroni ad affrettarsi a dare un segnale forte sulla vicenda Rai-Mediaset. Poco prima dell’ora di pranzo - quando ancora nessuno tra i leader politici era uscito allo scoperto - il leader del Pd ha scritto e fatto diffondere una nota durissima, segnata da un lessico fiammeggiante, poco veltroniano («enorme gravità», «servizio pubblico calpestato»), parole immaginate con un doppio scopo: stigmatizzare la vicenda in sé, lanciare un messaggio a chi lo sospetta di negoziati sottobanco col nemico di sempre, il Cavaliere di Arcore. Veltroni - come ha spiegato a Prodi in un colloquio al quale hanno partecipato anche Dario Franceschini ed Enrico Letta - pensa che il dialogo vada «fatto a tutto campo», dunque ben venga il summit con Berlusconi, ma stringendo rapporti anche con gli altri leader della Cdl, «un’alleanza che oramai è finita». E dunque, bene Berlusconi, ma molte carte - su questo Prodi, Veltroni concordano - vanno puntate oltreché su Casini e Bossi, soprattutto su Gianfranco Fini. Dario Franceschini, protagonista martedì di un confronto a ”Porta a Porta” con il leader di An, ha raccontato di aver parlato con Fini e di averlo trovato «molto disponibile a dialogare», anche per evitare di restare tagliato fuori. E non per caso, appena finito il colloquo a palazzo Chigi, Veltroni ha cercato Fini, ha fissato con lui un appuntamento per lunedì e si è anche affrettato a farlo sapere: un altro messaggio per chi vuole inchiodare il sindaco a un patto privilegiato con Berlusconi. Ma col passare dalle ore la storia del ”patto Rai-Mediaset” finiva per appesantire il clima del dialogo bipartisan sbocciato da pochi giorni. Sandro Bondi faceva diffondere una nota amara («le rivelazioni sono come un congegno ad orologeria sulla possibilità di un dialogo sulle riforme ») e in serata Romano Prodi faceva diffondere una nota sulla Rai («Serve una riforma vera»). Una nota che fonti di palazzo Chigi interpretavano in modo univoco: vadano avanti le leggi giacenti in Parlamento che riguardano l’informazione. La ”Gentiloni” e anche quella sul conflitto di interessi. E quella nota non è soltanto un atto dovuto per una vicenda sorprendente. Prodi, anche se non può dirlo esplicitamente, accarezza l’idea di coltivare e rilanciare leggi che faticano a fare breccia in Parlamento e lungamente attese da una parte dell’opinione pubblica progressista, anche per ritagliarsi un ruolo nel caso in cui dovesse stringersi un’intesa di fondo tra Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. Anche perché il Professore - e ieri mattina lo ha soltanto fatto capire a Veltroni - non condivide l’ottimismo del leader del Pd sulla «fine della Casa delle libertà». E in serata, in una cena con le senatrici dell’Unione, ha sintetizzato così il colloquio mattutino con Veltroni: «Sulle riforme dobbiamo evitare il rischio-inciucio». Ed è stato in questa giornata-no, in questa giornata così ostile al dialogo che Walter Veltroni ha telefonato a Silvio Berlusconi per decidere come e quanto vedersi. Raccontano che abbia trovato il Cavaliere irritato perché l’appuntamento con Fini era stato già fissato, dando una immotivata precedenza al leader di An. Poi i due hanno trovato un accordo sul 30 novembre, una data lontana sulla quale alla fine si sono ritrovati entrambi perché ci sarà il tempo per «registrare le posizioni di tutti». Con la certezza, condivisa dai due sapienti comunicatori, che la lunga attesa renderà, se possibile, ancora più ”evento” l’incontro tra Veltroni e Berlusconi. FABIO MARTINI