Il Sole 24 Ore 20/11/2007, pag.9 Mario Margiocco, 20 novembre 2007
Il Golfo è pronto a rivalutare. Il Sole 24 Ore 20 novembre 2007. DUBAI. Gli operatori arabi e asiatici scommettono su un duro colpo per il dollaro nel Golfo Persico e ieri hanno acquistato a forti mani riyal sauditi e dirham degli Emirati
Il Golfo è pronto a rivalutare. Il Sole 24 Ore 20 novembre 2007. DUBAI. Gli operatori arabi e asiatici scommettono su un duro colpo per il dollaro nel Golfo Persico e ieri hanno acquistato a forti mani riyal sauditi e dirham degli Emirati. Entro pochi giorni, ai primi di dicembre al massimo, le valute dei Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc) verranno rivalutate di comune accordo sul dollaro, misura forse insufficiente, o gli Emirati e il Qatar probabilmente decideranno l’abbandono dell’ancoraggio (peg) alla valuta Usa preferendo un paniere con più monete. In entrambi i casi, una rivalutazione. Già il Kuwait (del Gcc fanno parte Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati e Oman) ha scelto il paniere a maggio e ieri un documento della Camera di commercio di Abu Dhabi (Emirati) ne ha riassunto la necessità: mentre le recenti riduzioni dei tassi decise dalla Federal Reserve sono ”ideali” per l’economia americana, non lo sono per gli Emirati, che con il peg di fatto lasciano la politica monetaria alla Fed, ma hanno una crescita robusta e sono costretti dall’indebolimento artificioso della moneta a importare inflazione. Sembra da escludere che l’Arabia Saudita possa andare oltre una rivalutazione. L’abbandono del peg anche da parte di Riad sarebbe clamoroso. Non trova segnali nelle dichiarazioni recentissime di totale fedeltà al dollaro di alti esponenti sauditi. E segnerebbe una svolta dopo trent’anni di rapporti privilegiati, accordi segreti, intese monetario-diplomatiche che hanno creato tra i petrodollari sauditi, il Tesoro americano e il dollaro una continua simbiosi, di cui la Quinta Flotta Usa è nel Golfo garante, simbolo e custode. Dopo un anno e più di nervosismi e discussioni, a fronte di un’inflazione arrivata in alcuni casi vicina al 10%, alle proteste e scioperi dei numerosi lavoratori indiani e pakistani dalle rimesse decurtate - le loro valute si stanno apprezzando sul dollaro - siamo arrivati al momento della verità. Tassi e cambi contro strategia e sicurezza. «La decisione non è presa, ci sono stati contatti nel settore privato e nel Governo e con i decision makers degli Emirati», ha detto ieri a Dubai il Dr. Omar Bin Sulaiman, governatore del Dubai International Financial Center e ai vertici del potere nell’Emirato. Qatar ed Emirati potrebbero agire da soli, ha lasciato intendere Sulaiman. Da tempo il governatore della Banca centrale degli Emirati, Sultan Nasser al Suweidi, insiste per l’uscita dal peg (si veda l’intervista al Sole-24 Ore del 24 maggio 2007). A grande maggioranza, dicono i sondaggi, la comunità del business chiede la stessa cosa. Il peg è insostenibile e crea inflazione. Il Golfo vende in dollari e compra in euro e valute asiatiche. micidiale lo scontro tra rallentamento Usa e dollaro debole e boom petrolifero e quindi delle economie del Golfo. Non possono avere la stessa moneta. Una rivalutazione, estremo tentativo dell’Arabia Saudita per tenere unito il fronte, dovrebbe essere di almeno il 20% secondo un’analisi di Standard Chartered. Saranno i capi di stato del Golfo a decidere nel loro incontro annuale a Doha, Qatar, il 3-4 dicembre? Solo loro possono farlo. I rapporti con il dollaro sono nel Golfo una questione politico-strategica. Vanno oltre le prerogative dei banchieri centrali. Il Gcc nasce nel 1981, dopo la crisi iraniana del 1979. Ma i passaggi fondamentali risalgono agli anni 70, frutto di un intenso lavoro diplomatico fatto dal segretario di Stato Henry Kissinger e da due ministri del Tesoro, William Simon (Nixon e Ford) e Michael Blumenthal (Carter). Simon negoziò il riciclaggio in dollari dei proventi sauditi del petrolio. Venne aperto un canale privilegiato e confidenziale per l’acquisto di titoli del Tesoro Usa da parte dei sauditi, con dati occultati nelle statistiche ufficiali. Fu un’operazione magistrale: perso nel 1971 l’ancoraggio all’oro, il dollaro trovava quello al petrolio. Solo in quegli anni l’America incominciava ad importare greggio. Gli Stati Uniti erano il terminale di una partita di giro che vedeva finire nelle casse Usa gli esborsi in dollari di molti Paesi. Blumenthal garantiva poi che i sauditi non avrebbero abbandonato il dollaro come valuta petrolifera. «Non siamo certo alla fine del dollaro, il peso dell’economia americana è ancora enorme, resterà ancora a lungo la prima fra le monete internazionali, ma un po’ meno che in passato», dice il presidente della Borsa di Hong Kong, Ronald Arculli, a Dubai in questi giorni. Al momento la debolezza sui cambi consiglierebbe ai produttori di petrolio di cambiare moneta. E il peg dovrebbe saltare, nell’interesse delle economie del Golfo. Ma poiché una moneta è il ”riassunto di una nazione”, il dollaro rappresenta qui anche la Quinta flotta della Us Navy, che dal Bahrein pattuglia il Golfo. Tocca agli sceicchi la difficile mediazione fra moneta, missili e marines. Mario Margiocco