Luisa Grion, la Repubblica 21/11/2007, 21 novembre 2007
ROMA - Record di occupati e record di precari. In Italia 23 milioni di persone hanno un lavoro: il tetto massimo mai raggiunto
ROMA - Record di occupati e record di precari. In Italia 23 milioni di persone hanno un lavoro: il tetto massimo mai raggiunto. Poi, certo, bisogna poi indagare sulla qualità di quel lavoro e fare i conti con una precarietà che riguarda il 10 lavoratori su 100, con una mancanza di prospettive di carriera che ne interessa 50 su 100, con l´occupazione femminile che piange e con il fatto che molto resta da fare quanto a scolarità. Ma il quadro della crescita è stabile: l´occupazione aumenta e dovrebbe continuare ad aumentare anche nell´immediato futuro. Lo segnala il rapporto sul mercato del lavoro 2007 elaborato dall´Isfol. Le cifre assolute segnano il tasso di disoccupazione più basso mai registrato dall´istituto, pari al 6 per cento. Però la metà dei nuovi posti di lavoro è a termine (nel 2006 sono lievitati del 9,7 per cento rispetto all´anno precedente) e, considerata l´occupazione a tempo nelle sue più svariate tipologie, si può dire che il 20 per cento dei dipendenti non ha un posto «fisso». Il lavoro atipico riguarda quindi fra i 3,5 e i 4,5 milioni di lavoratori, ma non coincide sempre con la fase iniziale di un percorso professionale: nel 48 per cento dei casi il rapporto è già stato rinnovato almeno una volta. Il che fa dire a Sergio Trevisanato, presidente dell´Isfol, che «si va configurando un lavoro di serie A e uno di serie B». Non è questo l´unico dualismo presente nel mercato italiano: periste, per esempio, il gap uomo - donna. Dieci milioni di donne in età lavorativa non hanno e non cercano un´occupazione. Il tasso di lavoro femminile è del 47 per cento (l´obiettivo fissato a Lisbona è di raggiungere il 60 per cento nel 2010, ma siamo ampiamente sotto la tappa intermedia). Il 63 per cento delle lavoratrici accede al posto con un contratto atipico, l´80 per cento del lavoro part-time è femmina e per ammissione delle stesse, nella maggior parte dei casi, non si è trattato di una libera scelta. C´è anche un problema previdenziale: il tasso di attività nella classe d´età 55-64 anni è fermo al 33 per cento; il 20 per cento della popolazione percepisce una pensione ottenuta prima dei 50 anni anagrafici. «E´ un dato che lascia perplessi- spiega Trevisanato- è impensabile che con una speranza di vita che si allunga fino a 75-80 anni ci sia gente che va in pensione 25 anni prima avendone lavorati 30». Altro tasto dolente è quello della scolarità: il tasso dei diplomati nella popolazione giovanile è aumentato (75 per cento), ma più del 20 per cento non va oltre la licenza media (l´obiettivo comunitario è esattamente della metà). La formula del «3 più 2» ha fatto lievitare il numero dei laureati (nel 2006 300 mila), ma si tratta di vedere se il livello qualitativo sarà tale da assorbire la crescente richiesta di lavoro qualificato: nei prossimi due anni ci sarà un boom di richieste per i professionisti.