Francesco Semprini, La Stampa 21/11/2007, 21 novembre 2007
FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK
L’Aids uccide di meno grazie al maggior accesso alle terapie antiretrovirali e agli sforzi sul fronte della prevenzione. Restano tuttavia squilibri geografici e sociali che impongono non solo di mantenere alta la guardia ma anche di adottare strategie specifiche a seconda delle diverse aree di intervento. quanto sostiene il rapporto annuale redatto dall’osservatorio specializzato delle Nazioni Unite (Unaids) insieme all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) secondo cui nel 2007 si è assistito anche a un netta riduzione del numero di persone affette da Hiv. In quest’ultimo caso tuttavia si tratta di un calo destinato a rimanere sulla carta poiché riconducibile a cambiamenti nei metodi di calcolo statistico utilizzati in particolare nelle rilevazioni effettuate in India - in base al quale si è dimezzato il numero dei malati - e in alcuni Paesi africani. Nel 2007 l’Aids ha ucciso ogni giorno 5.700 persone pari a 2,1 milioni su base annuale, a fronte dei 2,2 milioni del 2006. Complessivamente il numero di persone costrette a convivere con l’Hiv sono scese quest’anno 33,2 milioni dai 39,5 milioni del 2006. Al netto delle modifiche di calcolo tuttavia il dato di riferimento si riduce a 32,7 milioni e sottolinea una sostanziale stabilizzazione del fenomeno.
«Senza dubbio stiamo raccogliendo i primi significativi frutti dei nostri investimenti», spiega Peter Piot, direttore dell’Unaids secondo cui anche i dati sui nuovi contagi appaiono incoraggianti. Nell’anno che si sta per concludere ogni giorno 6.800 persone hanno contratto l’Hiv, per complessivi 2,5 milioni, mentre nel 2006 le cifre attualizzate parlavano di 2,8 milioni. L’apice di nuove infezioni fu raggiunto alla fine degli anni Novanta con oltre 3 milioni di casi. Questi dati rispecchiano «le tendenze naturali dell’epidemia, ma anche i risultati degli sforzi di prevenzione e, per quanto riguarda il calo dei decessi, gli effetti delle terapie antiretrovirali», afferma l’Unaids. tuttavia necessario «aumentare gli sforzi per ridurre il rischio di contagio a livello globale», avverte Piot. L’Aids rimane infatti la minaccia più pericolosa per la salute pubblica di alcune aree del Pianeta come l’Africa e l’Asia. Sono gli Stati sub-sahariani i più colpiti dalla malattia con 22,5 milioni di persone (68% del totale) contagiate accompagnato dall’aumento del numero di nuove infezioni. Segue l’Asia con 4,9 milioni di persone affette dal virus e concentrate in particolare nelle aree sud-orientali dove il Vietnam ha assistito a un raddoppio dei casi dal 2000 ad oggi. «In questi scenari il fenomeno è riconducibile alle abitudini sessuali», dichiara Peter Ghys dell’Unaids secondo cui tuttavia in alcuni Paesi come Uganda, Zimbawe e Kenya si assiste a un «calo della malattia tra i più giovani grazie all’uso dei preservativi». Allo stesso tempo afferma l’Unaids «vediamo un ritorno dell’epidemia in paesi dove la gente sta meno attenta, in particolare nel mondo industrializzato dove l’accesso ai farmaci prolunga la vita dei sieropositivi e dei malati: è il caso ad esempio di Germania e Stati Uniti».
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