Augusto MInzolini, La Stampa 21/11/2007, 21 novembre 2007
Seduto su una poltrona di Montecitorio, Guido Crosetto, uomo di punta di Silvio Berlusconi in Piemonte, descrive quello che potrebbe avvenire nei prossimi giorni
Seduto su una poltrona di Montecitorio, Guido Crosetto, uomo di punta di Silvio Berlusconi in Piemonte, descrive quello che potrebbe avvenire nei prossimi giorni. «Adesso bisogna vedere - osserva - dove si fermerà la pallina. Certo che se da qui ad una settimana quattro dirigenti di An dicono a Fini non possiamo restare fuori da questo progetto e magari vengono... e se altri due esponenti dell’Udc fanno la stessa cosa con Casini... ebbene, in questo caso le cose potrebbero marciare davvero. Noi opereremo per questo». Poco più in là Antonio Verro, deputato di Forza Italia in Lombardia che conosce Berlusconi da tanto tempo, racconta che qualcosa già si muove: «Ci sono parlamentari di An del Nord che ci hanno già contattato. Questo è sicuro. E, per dirla tutta, anche qualche consigliere comunale». Mentre il calabrese Battista Caligiuri porta le ultime notizie dal Sud: «Molti dentro An sono con noi. Ho incontrato sull’aereo il presidente della provincia di Catanzaro. Mi ha detto: ”Berlusconi è grande, io nel nuovo partito ci sto”». Lo slogan che Berlusconi usa di più per sponsorizzare la sua nuova creatura è: «Il nuovo partito avrà le porte aperte». Non a caso: più che un auspicio è un obiettivo. Le sue mosse sono mirate: a cominciare dal sondaggio che ieri il Cavaliere ha diffuso tra i parlamentari di Forza Italia, che assegna al nuovo partito un consenso potenziale tra il 35-37%. Quasi uno spot pubblicitario dal titolo ”c’è posto per tutti”. E qualche risultato Berlusconi lo sta ottenendo: Carlo Giovanardi e i suoi si preparano a fare le valigie dall’Udc e trasmigrare nel nuovo Partito del popolo della libertà; qualcosa si muove in An sia pure sotto traccia; e, soprattutto, l’intenzione del Cavaliere di girare in lungo e in largo l’Italia ha proprio lo scopo di allargare i confini del nuovo partito: «Andrò in ogni provincia e riceverò tutti quelli che vogliono parlare con me». Poi naturalmente, come avviene ogni rivoluzione, si potrebbe registrare qualche perdita: ieri all’assemblea dei parlamentari di Forza Italia, Ferdinando Adornato non c’era. Inoltre c’è da registrare nel nuovo partito il «mix» tra l’esistente e il nuovo: ieri, all’ultimo momento, Stefania Prestigiacomo ha sostituito Michela Brambilla a Ballarò. La presenza della Rossa in tv in questi giorni è stata considerata dal vertice di Forza Italia esagerata. Comunque, se Berlusconi vuole occupare stabilmente una posizione centrale nello scenario politico italiano ha bisogno di mettere in piedi un partito che raggiunga almeno le dimensioni della Dc dei bei tempi, cioè il 35%. Tutta la sua scommessa si basa su questo. In caso contrario per lui sarà difficile dare le carte, cioè per usare le sue parole «governare con gli alleati se si raggiunge il 51%, oppure, in alternativa, immaginare una larga coalizione come in Germania». Non per nulla i suoi ragionamenti sulla legge elettorale e sul futuro sono tutti funzionali a questo schema: «Non è possibile vivere in un paese in cui sono presenti 23 formazioni politiche. Io non dico che bisogna fare come in Turchia, dove lo sbarramento è dell’8%, ma non si può andare di certo al di sotto del 6%. Se si raggiunge questo obiettivo con il modello tedesco o con lo spagnolo per noi è indifferente. E, pur lavorando ad una soluzione legislativa, anche il referendum a noi non creerebbe problemi». E, naturalmente, per conquistare il consenso necessario al nuovo partito in pochi mesi (visto che le elezioni nel 2008 restano l’orizzonte preferito dal personaggio) Berlusconi deve forzare i tempi. Portare subito a casa qualcosa. «Noi - ha spiegato - dobbiamo dare anche un’immagine plastica del nuovo partito. Ridenominare anche i gruppi nei consigli comunali, regionali, provinciali e, perchè no, anche quelli del Parlamento nazionale. Magari potremmo chiamarli Forza Italia verso il Partito del popolo della libertà. In questo modo favoriremmo l’adesione di chi vuole venire da noi...». Che l’operazione sia in corso lo dimostra anche il nervosismo che serpeggia tra gli ex-alleati. Ieri Gianfranco Fini nel Transatlantico di Montecitorio ha ostentato di avere buoni rapporti con Casini, ha confermato che con lui «Berlusconi ha chiuso», e, inviando un messaggio per nulla subliminale a chi tra i suoi sta meditando il gran passo ha sottolineato: «Berlusconi deve sapere che se vuole fare il premier deve fare i conti con me e poi io ho vent’anni di meno... Mica crede di essere eterno». Frase poi smentita, ma senza convincere troppo. Anche sul versante dell’Udc qualcuno sta tentando altre strade. « chiaro - racconta Bruno Tabacci - che la fine della Cdl provoca anche una frammentazione dell’Udc. Giovanardi va verso Berlusconi e io invece preferisco la ”Cosa bianca”. Gli interlocutori sono tanti, a cominciare da Di Pietro. Oggi ne ho parlato anche con Fini che è molto interessato. Se venisse anche lui con noi non ci vedrei nulla di strano. Ormai Berlusconi è più a destra di lui». Già, tutti corrono ai ripari. La sua mossa potrebbe creare scosse anche nel centro-sinistra. «C’è il rischio - è il lamento a cui si lascia andare da qualche giorno l’ex-dc, ex-Margherita, e ora ministro della Pubblica istruzione, Beppe Fioroni - che Berlusconi con il suo ritorno al proporzionale ci faccia saltare anche il Pd». Sì, perchè lo scioglimento della Cdl potrebbe avere come conseguenza anche la deflagrazione dell’Unione. L’operazione deve però riuscire. Fondamentale è appunto che il nuovo partito superi di qualche punto percentuale la soglia del 30%. Che non segua la traiettoria del Pd. Secondo i sondaggi del Cavaliere, infatti, dopo la polemica sulla sicurezza il partito di Veltroni era passato dal 28,4% al 26. Venerdì scorso dopo la battaglia degli ultras addirittura era al di sotto del 25%. «Noi andremo sicuramente meglio - è l’auspicio di Berlusconi - perchè non abbiamo la zavorra del governo Prodi». Stampa Articolo