Corriere della Sera 20/11/2007, pag.33 Federico Fubini, 20 novembre 2007
Così Goldman scansa il crac. E boccia tutti. Corriere della Sera 20 novembre 2007. MILANO – Con i listini in rosso, le perdite sull’immobiliare ogni giorno più evidenti e qualche collega sull’orlo della defenestrazione, Lloyd Blankfein meno di un mese fa scherzava passeggiando per la diciannovesima strada di Washington
Così Goldman scansa il crac. E boccia tutti. Corriere della Sera 20 novembre 2007. MILANO – Con i listini in rosso, le perdite sull’immobiliare ogni giorno più evidenti e qualche collega sull’orlo della defenestrazione, Lloyd Blankfein meno di un mese fa scherzava passeggiando per la diciannovesima strada di Washington. Fra i palazzi del Fondo monetario e della Banca mondiale, quel giorno il numero uno di Goldman Sachs si preparava a spiegare a banchieri centrali e ministri stranieri com’è la crisi vista dalla sua vetrata su Manhattan. rilassante, a giudicare dai risultati di questi giorni. Quest’anno Goldman Sachs è in rotta per registrare utili di circa 11 miliardi di dollari, i più alti di sempre. Mentre le sue principali concorrenti di Wall Street allineano svalutazioni miliardarie legate ai «subprime», i mutui a rischio, Blankfein ha fatto sapere che Goldman su questo fronte non conterà perdite. Vero, la gelata sul credito le è costata 1,5 miliardi sul «private equity» e il suo fondo «Global Alpha», gestito dai computer sulla base di algoritmi, non ce l’ha fatta: dopo perdite catastrofiche è stato smantellato. Eppure solo nel terzo trimestre, all’apice della turbolenza (almeno fin qui), Goldman ha aumentato i profitti del 79% rispetto al 2006. Secondo il «New York Times», molto si spiega con una scelta controcorrente che risale alla fine dell’anno scorso. allora che David Viniar, chief financial officer della banca, per la prima volta suonò la sveglia ai suoi sul rischio chiuso nei titoli immobiliari potenzialmente più tossici. Da allora Goldman ha iniziato a disfarsi dei «subprime», dopo averne impacchettati e rivenduti per decine di miliardi fin lì, mentre invece Merrill Lynch, Citigroup o Bear Stearns hanno proseguito a pieno regime fino al crac. Scelte abbastanza lucide da conferire a Goldman ancora più peso, se possibile. Lo si è visto ieri: Wall Street è scivolata anche perché un’analisi della banca ha messo in conto svalutazioni per 15 miliardi di dollari a Citigroup e tagliato i prezzi obiettivo anche per Merrill e Morgan Stanley. Con una simile autorevolezza, non stupisce che Goldman nei primi nove mesi abbia accantonato quasi 17 miliardi per i compensi al personale e Blankfein da solo possa guadagnare 75 milioni di dollari nel 2007. Alcuni invece sono più sorpresi di fronte al monte-compensi calcolato da «Bloomberg» per le prime cinque banche d’investimento di Wall Street quest’anno: 65 miliardi di dollari per Goldman, Morgan Stanley, Merrill, Lehman Brothers e Bear Stearns insieme (186 mila dipendenti), di cui un record storico di ben 38 sotto forma di bonus legati ai risultati. Il problema qui è che negli ultimi dodici solo Goldman è salita in Borsa (il 12% circa). Per gli azionisti, le altre quattro banche sono state invece un cattivo affare: il titolo Merrill è quasi dimezzato in un anno, eppure la quota dei ricavi dedicata ai compensi al personale salirà dal 49 a 58%. Si spiega forse anche così che i multipli di Borsa delle istituzioni più blasonate di Wall Street siano bassi. In media le cinque banche viaggiano su prezzi pari a 8,2 volte gli utili, la metà della media delle società quotate nei paesi avanzati. Neanche Goldman fa eccezione, ma se sembra più attenta alle ragioni degli azionisti forse una ragione c’è: il 40% del capitale è nelle mani dei dipendenti. Federico Fubini