Corriere della Sera 19/11/2007, pag.13 Guido Santevecchi, 19 novembre 2007
Sessant’anni di amore reale. Corriere della Sera 19 novembre 2007. LONDRA. Per la foto ufficiale sono tornati nel giardino di Broadlands House, la vecchia residenza di campagna di Lord Mountbatten dove avevano trascorso la prima notte di nozze
Sessant’anni di amore reale. Corriere della Sera 19 novembre 2007. LONDRA. Per la foto ufficiale sono tornati nel giardino di Broadlands House, la vecchia residenza di campagna di Lord Mountbatten dove avevano trascorso la prima notte di nozze. Si sono messi in posa sotto gli stessi alberi, che hanno esattamente sessant’anni di più. Eleganti come allora, sotto braccio come allora, occhi negli occhi, Filippo parla e Elisabetta lo ascolta sorridente. La regina ha ancora la spilla e la collana di perle che portava il 20 novembre del 1947, dono di re Giorgio VI, che quella mattina era stata dimenticata a St. James’s Palace e fu recuperata da uno scudiero mandato al galoppo (si fa per dire), tra la folla accampata intorno a Buckingham Palace e Westminster Abbey. L’immagine celebrativa è risultata tanto simile a quella in bianco e nero del 1947 che un portavoce di Palazzo ha sentito il bisogno di precisare: « stato solo un caso». Un giornale ha aggiunto ai due volti un fumetto: «Non sei cambiata in sessant’anni ». «Neanche tu, purtroppo». La battuta riassume il rapporto matrimoniale tra la sovrana e il marito-suddito Filippo, sempre tenuto a stare un passo dietro la moglie, a cantare con gli altri God Save the Queen in tutte le occasioni pubbliche in cui si suona l’inno. Oggi la regina, 81 anni, e il principe, 86, tornano a Westminster Abbey per la messa di ringraziamento. Una cosa non proprio intima: 2000 invitati, compresi i superstiti tra i ragazzi del coro di allora, ora ultrasettantenni. E a differenza del giorno delle nozze, ci saranno anche i parenti tedeschi di Filippo, esclusi nel 1947 perché erano ancora considerati «gli unni», i nemici sconfitti. La rinuncia alla presenza delle tre sorelle, sposate a tre nobili tedeschi, fu il primo atto di sottomissione imposto a Filippo dalle esigenze della Royal Family britannica. E se l’unione è rimasta salda nonostante il cerimoniale e l’ipocrisia di Palazzo, buona parte del merito va proprio a lui. Al Principe di Grecia e Danimarca costretto anche a cambiare nome per essere accettato a corte, nonostante avesse già servito con onore nella Royal Navy durante la guerra: scelse di chiamarsi Mountbatten, come lo zio britannico. Era stato proprio Lord Mountbatten a farli incontrare. Era il 1939, Giorgio VI accompagnato dalla figlia Elisabetta andava in visita al collegio navale dove Filippo, diciottenne, era cadetto. Mountbatten aveva pensato di far scortare la principessa tredicenne da tre giovani ufficiali, ma i due compagni di Filippo si presero gli orecchioni. Così Lilibet non ebbe occhi che per l’ufficiale alto, abbronzato, già allora svelto con le parole. Dicono che sia stato il primo e unico amore di Elisabetta (lo stesso, secondo i bene informati, non si può dire di lui). Lei aspettò di essere maggiorenne per sposarlo, contro i dubbi di corte. Al re non restò che assegnargli il titolo di Duca di Edimburgo. Dopo le nozze la coppia andò a vivere a Malta, dove Filippo era imbarcato nella Mediterranean Fleet. Anni felici, troncati dalla morte di Giorgio VI nel 1952. Elisabetta saliva al trono e il marito dovette lasciare la carriera nella Marina. Da allora, sempre al seguito della moglie-sovrana. Ma poi, in privato, il capofamiglia resta sempre lui, con tutte le spigolosità del carattere e la lingua tagliente. Lord Charteris, ex segretario di Sua Maestà, ha rivelato: «Filippo è l’unico uomo al mondo che tratta la regina come un altro essere umano e lei lo apprezza anche per questo ». Di fronte alle sue gaffe, dicono che Elisabetta qualche volta gli intimi di «chiudere il becco». Ma anche lui non scherza. Lord Mountbatten raccontò di una lite: Filippo alla guida, lui dietro, Elisabetta seduta a fianco preoccupata per la velocità eccessiva, continuava a trattenere il fiato e sussultare a ogni curva finché lui infastidito abbaiò: «Se lo fai ancora una volta ti faccio scendere». Arrivati, il vecchio Lord chiese a Elisabetta: «Perché non hai protestato, avevi ragione, correva troppo ». Lei rispose: «Hai sentito quello che ha detto, mi avrebbe fatto scendere». Ma anche Elisabetta aveva il suo stile. Guidando la sua MG tra le vie strette della Valletta, la principessa si trovò di fronte un carretto trainato da un somaro. Chiese strada; il carrettiere rispose con un gestaccio. Lei ricambiò. Filippo, informato, approvò. Dio salvi la regina e il suo principe. Guido Santevecchi