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 2007  novembre 20 Martedì calendario

QUATTRO ARTICOLI:


Balene. La Repubblica 20 novembre 2007. ROMA. Sono partite all´assalto nel più totale anonimato, spegnendo i segnali radio che permettono di identificare le navi. Tra un mese arriveranno a destinazione, nell´area antartica, per festeggiare il Natale massacrando balene. Sono le otto imbarcazioni che costituiscono la flotta da caccia giapponese: quattro catcher per inseguire e uccidere le prede, una nave fattoria per macellare i più grandi animali del mondo, un paio di ricognitori e una barca appoggio.
Gli arpioni nipponici si muovono verso Sud con l´obiettivo di uccidere più di mille balene in nome della scienza. Tokyo non può violare formalmente la moratoria che è stata decisa vent´anni fa dalla Commissione baleniera internazionale allo scopo di evitare la rapida estinzione di Moby Dick: la sua è ufficialmente una missione di studio. Ma una balenottera comune (che noi chiamiamo così perché si trova anche nel Mediterraneo anche se ormai è tutt´altro che comune) pesa tra le 60 e 80 tonnellate: sembrerebbe offrire materiale sufficiente per dare lavoro a parecchi laboratori, eppure da due decenni la flotta giapponese uccide «per motivi scientifici» centinaia di balene l´anno.
Questa volta Tokyo ha alzato il tiro: nel mirino degli arpioni entreranno non solo 935 balenottere minori e 50 balenottere comuni ma per la prima volta anche 50 megattere, una specie rara e amatissima dagli appassionati di whalewatching. Gli australiani le conoscono per nome e le identificano al passaggio: il prossimo anno ne identificheranno qualcuna in meno.
«E´ un massacro condotto in nome di un concetto distorto delle tradizioni nazionali, di usanze alimentari scomparse da molti decenni», accusa Alessandro Giannì, il responsabile mare di Greenpeace. «Nonostante anni di campagne di promozione nelle scuole, il rito del sushi di balena è morto. Il 95 per cento dei giapponesi non ha mai mangiato carne di balena o l´ha assaggiata solo per curiosità. E quindi l´industria privata non potrebbe sostenere una campagna così costosa. Paga il governo: 50 milioni di dollari per tenere il punto. Ma gli islandesi, gli unici altri, assieme ai norvegesi, a praticare questo massacro, hanno preferito smettere ammettendo che non c´è mercato per la carne di balena».
Il mercato manca e le balene pure. Delle 250 mila balenottere azzurre che battevano i mari del Sud è rimasta solo una piccola rappresentanza: circa 3 mila esemplari. Ancora meno le balene boreali: mille. In tutto il mondo resta probabilmente un milione di esemplari, forse meno.
La loro sorte è appesa al filo degli equilibri politici all´interno della Commissione baleniera internazionale, una struttura nata nel dopoguerra che nel 1963 ha deciso la moratoria per la caccia alle megattere e nel 1987 ha esteso l´alt a tutte le specie. Negli ultimi anni però il pressing guidato dal Giappone e sostenuto da Norvegia e Islanda ha fatto crescere i voti a favore degli arpioni. Per la ripresa della caccia si sono schierati piccoli paesi in via di sviluppo i cui destini economici sono legati agli scambi commerciali con Tokyo.
Se la moratoria venisse interrotta è probabile che la mattanza durerebbe poco per mancanza di materia prima. Le stime sulle popolazioni di balene sono molto approssimative: i veri numeri potrebbero essere più bassi. Anche perché ai due secoli di caccia indiscriminata si sono aggiunte altre minacce. In primo luogo l´inquinamento da petrolio, metalli pesanti, diossine e pcb che ha prodotto risultati paradossali: pochi mesi fa il corpo di una balena finito su una spiaggia tedesca è stato smaltito come rifiuto speciale perché conteneva una percentuale consistente di inquinanti.
Poi ci sono le collisioni con le navi e le catture accidentali nelle spadare e in altre reti killer. Infine il disastro atmosferico. Da una parte l´indebolimento dello scudo di ozono, dall´altra l´aumento dell´effetto serra che ha modificato il ciclo vitale nell´area antartica favorendo le meduse e facendo diminuire il plancton di cui si nutrono le balene.
«Il cambiamento climatico sta mettendo in crisi ovunque l´equilibrio del mare e la sopravvivenza dei grandi cetacei e questa è una ragione in più per moltiplicare le misure di protezione», ricorda il ministro dell´Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. «E da questo punto di vista ci sono anche buone notizie. Oggi abbiamo raggiunto un accordo con il governo tunisino e con quello di Malta per creare nel Canale di Sicilia un secondo santuario per le balene dopo quello istituito tra la Costa Azzurra, le Bocche di Bonifacio e la Liguria. E´ una decisione importante perché l´area tra Lampedusa e la Tunisia è un grande serbatoio di biodiversità, una nursery del Mediterraneo».
ANTONIO CIANCIULLO


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Balene Caccia grossa al Polo Sud. La Repubblica 20 novembre 2007. ROMA - La carne di balena la mangiano ormai solo cani e gatti. Uno degli argomenti per proseguire la caccia ai cetacei è la tradizione, che vorrebbe la carne di balena una prelibatezza. In realtà, oggi meno dell´1% dei giapponesi mangia questo tipo di carne, che finisce congelata e poi lavorata per le scatolette per cani e gatti. A conferma che non sono certo i ristoranti di sushi a chiedere scorte di cetacei ci sono anche i sondaggi: il 69% dei giapponesi si dice contrario alla caccia e il 95% non ha mai assaggiato carne di balena. Del resto furono gli americani, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, a introdurre nella dieta dei giapponesi la carne di balena, considerata allora a buon mercato e utile per riconvertire la flotta baleniera Usa, destinata alla dismissione quando l´olio combustibile animale non serviva più. Tre anni fa Tokyo ha dovuto ammettere che il 20% di tranci di balena messi in commercio restava sugli scaffali. Per finire poi, appunto, nelle scatolette di cibi per animali.
Cristina Nadotti


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"Come i giganti buoni ecco perché ci affascinano". La Repubblica 20 novembre 2007. Roma. « un gigante pacifico ed è un mammifero come noi. Come i delfini, le balene sono animali che sentiamo vicini. Ecco perché affascinano gli uomini da millenni, fin dal libro di Giona». Ne è convinto lo scrittore e documentarista Folco Quilici che spiega così perché sono state celebrate in tanti libri e al cinema e perché centinaia di persone nel mondo, dall´Italia agli Stati Uniti, vanno a vedere i branchi migrare o le danze di corteggiamento.
Il fascino delle balene nasce dal fatto che l´uomo le sente in qualche modo simili?
«Non sono aggressive, sono socievoli e nonostante le loro dimensioni interagiscono con gli uomini, come racconta un documentario di Claudia e Leonardo Capodarte mostrando i giochi nell´acqua con un cucciolo di balena. Per questo oggi centinaia di persone praticano quell´attività pacifica che è il whale watching. Un fenomeno cresciuto in fretta se si pensa che è nato solo pochi decenni fa: nel 1910 quando un ragazzo salì sul faro di San Diego per vedere le balene. Il giorno dopo erano in due, poi il gruppo è cresciuto fino a diventare un affare da milioni di dollari».
Eppure gli uomini continuano a uccidere le balene: è appena partita una flotta di baleniere giapponesi. Per molti lo scopo della spedizione non è la ricerca ma la caccia a fini commerciali. Che ne pensa?
«Il vero motivo non è né il cibo né la ricerca, la verità è umana e va cercata nelle comunità di pescatori che vivono di caccia alle balene da decenni. Questa tradizione è molto radicata e non mi sorprende che il Giappone la pratichi ancora perché è un Paese che non ha nulla da insegnare sul piano dell´ecologia. Fuori da casa loro i giapponesi sono sterminatori: non accettano di usare, ad esempio, le bacchette di plastica per mangiare e per procurarsi quelle di legno hanno raso al suolo le foreste di Java, del Borneo e di Sumatra».
Ma oggi le balene sono ancora in pericolo?
«La battaglia per salvarle può essere considerata di retroguardia perché mentre un secolo e mezzo fa le luci delle metropoli, da New York a Londra, erano illuminate con il grasso di balena, nell´ultimo decennio la caccia è stata di fatto proibita. Le funzioni che un tempo aveva la balena, oggi ce l´hanno gli squali: ogni 2-3 mesi ne vengono uccisi 50 milioni di esemplari, ma questa è una strage spesso taciuta».
Perché?
«Con le risorse ittiche ridotte, gli squali sono una preda ambita: nessuna parte viene sprecata. La Spagna è uno dei paesi massacratori e l´Italia, che non pratica questa pesca, è uno dei principali trasformatori delle singole parti. Mentre cerchiamo di riallacciare i rapporti con la natura ferita, questa mattanza passa sotto silenzio perché, a differenza di balene e delfini, lo squalo viene percepito come un animale pericoloso, anche se lo sono solo 4 specie su 200. Ma bisognerebbe occuparsi di arginare la pesca industriale e salvare gli squali, soprattutto quelli dei mari tropicali. La vera ecologia deve essere egoistica, sterminare le creature degli oceani è un pericolo che può ritorcersi contro l´uomo».
PAOLA COPPOLA


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E il Giappone riapre la caccia La battaglia delle mille balene. Corriere della Sera 20 novembre 2007. MILANO – «Magari potessimo spaventarle e costringerle a inabissarsi... ». Impossibile. «Purtroppo le megattere nuotano in superficie anche quando sono terrorizzate». Alessandro Giannì è il responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia. Dice che «ancora una volta il Giappone pretende che il mondo creda alle sue spedizioni "scientifiche" per fare strage di balene». E mentre parla è come se le vedesse, arpionate, dibattersi inutilmente nell’acqua rossa del loro sangue.
Tokio rompe la moratoria e autorizza una sua flotta alla più grande caccia di megattere che si sia mai vista dal 1963, l’anno in cui si decise di proteggere la specie con un accordo internazionale. Ne saranno catturate cinquanta e non c’è stato appello ambientalista che abbia tenuto. Niente ha potuto nemmeno la politica. « ora che il Giappone usi metodi alternativi per le sue ricerche», attacca una nota del dipartimento di Stato Usa. «Sarebbe stato meglio se i giapponesi fossero rimasti a casa, se la flotta non avesse mai lasciato il porto» ha fatto sapere, sdegnata, il primo ministro neozelandese Helen Clark. «E non mi vengano a parlare di scopi scientifici. Sennò che senso avrebbe catturarne più di mille? ». Dall’Australia i ministri degli Esteri Alexander Downer e dell’Ambiente Malcolm Turnbull protestano e invitano il Giappone a «riconsiderare la sua posizione su questa pratica disumana». «Disinformazione, ipocrisia e bugie. Frutto della campagna di terroristi ambientali violenti» replica Hajime Ishikawa, il capo della missione di caccia.
Le baleniere sono salpate dal porto di Shimonoseki e a partire dal 10-15 dicembre cominceranno la mattanza: le 50 megattere, appunto, ma anche 50 balenottere comuni e 935 balenottere minori.
Adesso sono tutti al largo del Giappone, direzione sud-est, Antartide. La Nisshin Maru, con le sue ottomila tonnellate di stazza e i suoi 239 uomini d’equipaggio, guida la spedizione «scientifica». Quattro catcher boat, le navi degli arpionatori, la seguono a distanza. In coda due battelli osservatori, agili nella ricerca dei cetacei. E poi, ancora lontana dalla flotta, c’è l’Esperanza, la nave di Greenpeace spalleggiata dall’alto da un elicottero. «Quello che possiamo fare sono azioni di disturbo per ritardare i tempi delle catture, per rendere difficile la visibilità agli arpionatori» racconta Giannì che resterà in contatto costante con i tre italiani imbarcati sull’Esperanza assieme a un’altra trentina di attivisti da tutto il mondo. Caterina Nitto (secondo ufficiale), Gianluca Morini (operatore radio) e Simona Fausto (assistente cuoco) sanno bene che anche quest’anno i giapponesi comunque riusciranno a catturare la maggior parte dei cetacei che sono autorizzati a cacciare. Ma la parola d’ordine è salvarne quante più possibile, anche una soltanto, soprattutto se megattere, la specie che delle tre è la più a rischio di estinzione.
 dal 1987’ un anno dopo la moratoria che proibiva la caccia commerciale a ogni specie di balene – che dal Paese del sol levante partono flottiglie dirette al santuario dell’Oceano Antartico per «prelevare cetacei a scopi di ricerca» (di solito balenottere minori), per «studiarne riproduzione e spostamenti ». da allora che la Commissione baleniera internazionale punta il dito contro Tokio: «Nasconde scopi commerciali dietro la parvenza scientifica ». Quest’anno tocca a Hideki Moronuki, il capo dell’Agenzia nazionale di pesca, smentire le accuse di ecologisti e politici. L’ultima protesta è di ieri sera. I ragazzi di Greenpeace dicono che la flotta delle baleniere ha spento i transponder per evitare di essere rintracciata. Maronuki ripete che «sono rispettate tutte le regole della navigazione e che i transponder sono accesi». E incrocia le dita. Che stavolta non accada come l’anno scorso: la Nisshin Maru si trovò in difficoltà e fu costretta a chiedere una mano all’elicottero dei «nemici».
Giusi Fasano