La Repubblica 20/11/2007, pag.43 FRANCO PRATTICO, 20 novembre 2007
STRINGHE UNA TEORIA SENZA FONDAMENTO
La Repubblica 20 novembre 2007. Di che cosa e come è fatto il mondo? Nel secolo scorso due grandi rivoluzioni scientifiche (la relatività generale e speciale e la fisica dei quanti) hanno consentito di giungere a nuove e profonde risposte a queste domande (perché è la fisica la scienza che indaga sui fondamenti del mondo). Ma il problema che oggi assilla la comunità dei fisici teorici è la inconciliabilità - sotto certi aspetti - di queste due gigantesche conquiste intellettuali: in quale misura la relatività (che ha a che fare con la forza più pervasiva e onnipresente tra quelle che agiscono il mondo, pur essendo la più debole: la gravità, che è responsabile dell´ordine e della forma stessa del Cosmo) è conciliabile con la meccanica dei quanti, le cui leggi regolano il mondo microscopico degli atomi, delle molecole, delle particelle elementari, di cui è fatto in ultima analisi il mondo stesso?
Da allora (dai primi decenni del secolo scorso) i migliori cervelli della scienza fondamentale (cominciando dallo stesso Einstein) hanno cercato di conciliare le due imponenti costruzioni intellettuali, alla ricerca di una sintesi, di una «Teoria del Tutto» (la fisica è in un certo senso monoteista) che elimini le contraddizioni tuttora presenti in una visione che sia in grado di spiegare la materia e le forze che vi agiscono. Ottenendo grandi risultati e importanti passi avanti nella comprensione dei fenomeni (ad esempio, con il Modello Standard del mondo delle particelle elementari, con la cosmologia relativistica che ha gettato luce sull´origine dell´Universo, sui suoi attori e le forze che lo guidano, fornendo alla scienza della vita, la biologia, gli strumenti che ne hanno reso possibili gli straordinari successi), ma la sintesi è ancora assente. Solo una proposta, dagli anni 70 del secolo scorso, ha messo in moto la maggioranza dei fisici teorici, fino a spingere alcuni a gridare che ormai la Sintesi Definitiva era stata trovata: è la «teoria delle stringhe».
Nata dalla ipotesi di un fisico italiano, Gabriele Veneziano, la teoria è stata poi sviluppata e portata avanti dapprima da un manipolo di giovani ardimentosi fisici per poi invadere le università di ricerca, specie statunitensi, e imporsi all´attenzione di tutto il mondo accademico, trascurando spesso altri tentativi di trovare altre strade e spesso rastrellando risorse che, per le ricerche teoriche, sono sempre molto scarse, e in certo senso monopolizzando l´assegnazione di posizioni accademiche nelle università di tutto il mondo.
Si tratta di un approccio che sostituisce la tradizionale concezione delle particelle elementari che costituiscono i mattoni della materia come la conosciamo, come formata da enti puntiformi, con altri enti estesi nello spazio (le «stringhe» appunto) in una sola dimensione e di ipotizzare l´esistenza di altre dimensioni (anche nove o dieci o più) oltre le quattro canoniche del nostro mondo (tre spaziali, più il tempo) ma a noi invisibili perché «arrotolate». Non si tratta di fantasie cervellotiche, ma di serissimi lavori sorretti da potenti e un po´ esoteriche matematiche. In particolare la nuova teoria si sperava avesse la possibilità di sciogliere alcuni enigmi non solo sulla conoscenza della materia ma persino sulle forze che «agiscono» l´Universo.
Per aprire questo scrigno di conoscenze si sono mobilitati, per decenni, alcuni dei migliori cervelli della fisica planetaria. E in particolare si sperava che le stringhe fornissero la risposta definitiva all´interrogativo che poteva condurre alla unificazione tra relatività e quantistica: la individuazione e la spiegazione della sfuggente «gravità relativistica», fondamentale passo avanti verso l´unificazione della nostra lettura del mondo.
Ma non mancarono e non mancano scetticismi e criticismi anche estremi, specie davanti alle promesse non mantenute della teoria.
Molto duro è ad esempio il giudizio di uno dei maggiori teorici attuali, Lee Smolin, che inizialmente fu uno dei sostenitori della teoria, che al problema ha dedicato un libro pubblicato oggi anche in Italia (L´universo senza stringhe, Fortuna d´una teoria e turbamenti della scienza, Einaudi, pagg. 168, euro 25).
L´interrogativo che pone Smolin è reciso: «ma è davvero una teoria scientifica?», pur riconoscendo la genialità e la profondità del lavoro svolto da parecchi «stringhisti». Come fa rilevare un altro fisico italiano, Carlo Bernardini, docente all´Università La Sapienza di Roma proprio di metodi matematici della fisica, concordando con Smolin e altri critici della teoria, «in fisica una teoria non può che costruirsi su dati osservativi e avanzare previsioni da mettere alla prova con gli esperimenti». In pratica, aggiunge Bernardini, «la fisica lavora sui fatti, non su mondi inventati, per quanto affascinanti. Anche se la ricerca sulle stringhe ha portato, in modo spesso inaspettato, a risultati molto interessanti utilizzando matematiche di grande eleganza, ci vuole qualcosa di misurabile».
Proprio questo sembra mancare alla teoria delle stringhe, anche perché la sua astrattezza non sembra dirci nulla su com´è fatto in realtà il mondo. Le stringhe, concludono entrambi, non sembrano almeno finora offrire previsioni verificabili. E Smolin, nel suo libro, incalza: questa nuova teoria non sembra allo stato offrire alcuna risposta ai problemi irrisolti della fisica e quindi della struttura del mondo per cui era nata: non risolve il problema di fondo della gravitazione a livello quantistico, né alcuni dei problemi irrisolti della fisica del quanti, e - non certo per ultimo - al gigantesco problema della «materia oscura» (ossia di quella materia che gli strumenti attuali non percepiscono, non emettendo radiazione elettromagnetica, e che sembra responsabile del comportamento gravitazionale delle galassie) o peggio della «energia oscura» che si pensa responsabile dell´espansione attuale del nostro universo.
Si spera che alcune risposte giungano in questi mesi dal gigantesco esperimento in allestimento al CERN di Ginevra, lo LHC; e non è da escludere che i risultati costringano la fisica a modificare profondamente alcune sue concezioni ben codificate.
Ma la scienza va avanti per tentativi e verifiche: per quanto affascinante, la teoria delle stringhe non sembra aggiungere nulla per il momento alla attuale conoscenza del mondo. Contrariamente a ciò che si pensa, insieme alle osservazioni, alle verifiche sperimentali, alla «consistenza» matematica delle ipotesi, la conoscenza scientifica si nutre e cresce proprio sulle idee.
FRANCO PRATTICO