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 2007  novembre 19 Lunedì calendario

Telecom, la crisi dei Poteri Forti. La Repubblica 19 novembre 2007. Estenuante e bizantina, la lunga crisi di governo della Telecom dovrebbe concludersi la prossima settimana con la nomina del nuovo amministratore delegato, Franco Bernabè, e del nuovo presidente, Gabriele Galateri di Genola

Telecom, la crisi dei Poteri Forti. La Repubblica 19 novembre 2007. Estenuante e bizantina, la lunga crisi di governo della Telecom dovrebbe concludersi la prossima settimana con la nomina del nuovo amministratore delegato, Franco Bernabè, e del nuovo presidente, Gabriele Galateri di Genola. Lo spettacolo offerto dai nuovi azionisti privati della nostra principale società di servizi – nel corso di oltre un mese di trattative – è stato tale da ricordarci le manovre più tortuose dei partiti della Prima repubblica. E sarà bene ricordarlo quando i soliti paladini dell´establishment torneranno a rivendicare la loro presunta superiorità rispetto ai vizi della politica italiana. Giunti del tutto impreparati all´appuntamento delle scelte per il rilancio di una strategia aziendale vincente – nonostante attendessero da oltre un semestre di subentrare alla vecchia gestione di Marco Tronchetti Provera – i soci della Telco hanno tergiversato lasciando trapelare quotidianamente indicazioni contraddittorie sugli organigrammi, bruciando candidature, avanzando veti reciproci. Dimostrando infine di essere impossibilitati a decidere senza l´orientamento di una sponda politica. Altro che libero mercato! Del resto non è un segreto che in primavera furono necessarie le telefonate del ministro dell´Economia per dare forma a una cordata nazionale – Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Generali, Benetton – che fungesse da contrappeso agli spagnoli di Telefonica. Sempre più stupefatti e infastiditi, questi ultimi, da un gioco dell´oca in cui gli interessi di potere prevalevano sulla valorizzazione dell´investimento, e venivano mascherati da un richiamo ipocrita alla difesa dell´italianità di Telecom. Le ultime caotiche settimane sono state rivelatrici della crisi in cui versano i nostri cosiddetti poteri forti, quasi avessero perduta la bussola del mercato e degli interessi nazionali. Fino al punto che per superare lo stallo sarebbe stata necessaria l´inusuale visita di Angelo Rovati, portavoce ufficioso della Presidenza del Consiglio, nella sede di Mediobanca. Dove lo ha ricevuto un Cesare Geronzi in attesa di conoscere se l´imminente definizione governativa dei nuovi requisiti di onorabilità necessari per guidare una banca consentiranno a lui – già condannato con una sentenza di primo grado, e inoltre rinviato a giudizio per il crack Parmalat – di conservare il suo incarico. A quanto pare, solo dopo il colloquio Rovati-Geronzi si sarebbe sbloccato il via libera a Franco Bernabè, nonostante le perplessità lasciate trapelare nei suoi confronti dal management di Mediobanca. Nel cui Comitato nomine siede peraltro l´azionista uscente di Telecom, Marco Tronchetti Provera, che ha mantenuto così una voce in capitolo sulla successione. Non sono mancate, in questo delicato passaggio, un paio di interviste-messaggio di Giuliano Tavaroli, protagonista sotto processo dello scandaloso dossieraggio spionistico che ha disonorato la gestione precedente di Telecom. Venute puntualmente a ricordarci che l´azienda telefonica italiana resta un crocevia di potere non solo economico, essendo depositaria di relazioni delicatissime con la magistratura e i servizi di sicurezza, gestite a dir poco con colpevole opacità. La nostra azienda di telecomunicazioni resta una miniera di potenzialità industriali e tecnologiche. Ha uno sguardo oggettivo risulterebbe impietoso qualsiasi paragone sull´andamento parallelo, nel corso degli ultimi cinque anni, dei risultati conseguiti dalla Telecom e dai suoi nuovi soci spagnoli di Telefonica. Ma il capitalismo italiano è abituato a mascherare i suoi insuccessi nella ragnatela dei patti di sindacato e dell´economia di relazione. Salotti buoni per lo più a sostenersi vicendevolmente nelle difficoltà finanziarie o giudiziarie. Lo si è visto in questa travagliatissima vicenda delle nomine Telecom: le partecipazioni incrociate del nostro capitalismo non sono un ambiente ideale per fare i conti con trasparenza né con la distruzione di valore a danno degli azionisti, né con l´impoverimento del patrimonio aziendale, né con le eventuali irregolarità di gestione. Così diviene problematica la definizione di nuove strategie imprenditoriali e di conseguenza la selezione dei manager al di fuori di condizionamenti politici e di logiche collusive. Si può solo sperare, nell´interesse della Telecom e del paese, che alla fine la scelta sia caduta ugualmente sugli uomini giusti. Ma è la politica stessa che, se ne avesse la forza, lungi dal rallegrarsi per il fatto di essere rientrata nel gioco, dovrebbe avviare un´incisiva azione riformista ai vertici della piramide sociale: disincentivando l´intreccio delle partecipazioni e favorendo il ricambio nell´establishment. La litigiosità esibita dai soliti protagonisti di troppe consorterie finanziarie, concessionarie, editoriali – sempre gli stessi, infine destinati a spalleggiarsi – è il contrario di una sana politica industriale. GAD LERNER