La Repubblica 19/11/2007, pag.15 ARTURO ZAMPAGLIONE, 19 novembre 2007
Stati Uniti, studio choc "La pena di morte riduce gli omicidi". La Repubblica 19 novembre 2007. NEW YORK - Umiliati all´assemblea generale dell´Onu, che si accinge ad approvare una risoluzione sulla moratoria universale delle esecuzioni, e fermati dalla Corte suprema, che ha di fatto sospeso le condanne in attesa di decidere sulla costituzionalità dell´iniezione letale, i difensori della pena di morte negli Stati Uniti stanno ricevendo un inaspettato sostegno da parte di molti economisti
Stati Uniti, studio choc "La pena di morte riduce gli omicidi". La Repubblica 19 novembre 2007. NEW YORK - Umiliati all´assemblea generale dell´Onu, che si accinge ad approvare una risoluzione sulla moratoria universale delle esecuzioni, e fermati dalla Corte suprema, che ha di fatto sospeso le condanne in attesa di decidere sulla costituzionalità dell´iniezione letale, i difensori della pena di morte negli Stati Uniti stanno ricevendo un inaspettato sostegno da parte di molti economisti. Il premio Nobel Gary Becker, ad esempio, si è detto convinto che il boia abbia un ruolo deterrente e ha confermato il suo appoggio alla pena capitale. E due professori di marketing e ricerche quantitative dell´Università di Pepperdine, Roy Adler e Michael Summers, hanno illustrato sul Wall Street Journal i risultati di una ricerca secondo cui le condanne a morte, in realtà, salverebbero vite umane scoraggiando gli omicidi. «Ogni esecuzione è correlata con settantacinque assassinii in meno nell´anno successivo», sostengono Adler e Summers, ricordando come negli anni Novanta, quando gli Stati Uniti accelerarono le condanne a morte (specie nel Texas dell´allora governatore George W. Bush), il numero di omicidi crollò, mentre il diminuito uso della forca dal 2001 in poi ha fatto lievitare le vittime di omicidi. «Personalmente sono contrario alle condanne capitali», aggiunge Naci Mogan, economista alla Louisana State University, «ma i miei studi confermano che hanno un potere deterrente». Questa nuova teoria revisionista sulla pena di morte è respinta dagli abolizionisti come Mario Cuomo, l´ex governatore italo-americano di New York, che da un lato insiste sugli aspetti etici della questione, dall´altro sottolinea alcuni difetti di base delle ultime ricerche. Dice, ad esempio, che non sempre gli assassini agiscono in modo razionale, soppesando i rischi delle loro azioni (anzi, spesso uccidono per non farsi riconoscere), e che in ogni caso il numero delle esecuzioni negli Stati Uniti è relativamente limitato (una ogni 300 omicidi) perché possano avere un vero potere deterrente. Ma al di là di queste obiezioni, il dibattito è ormai aperto, come dimostra la pubblicazione ieri sulla prima pagina del New York Times di un lungo articolo intitolato «La pena di morte può servire a salvare vite umane?». Il quotidiano cita anche altri studi secondo cui ogni esecuzione consente di evitare almeno 3-18 assassinii. Il punto di partenza degli economisti forcaioli è la vecchia teoria della loro disciplina: quando sale il costo di un attività, il volume dell´attività stessa diminuisce. Nel caso della giustizia, se un reato viene punito con la morte diventa più «caro», quindi meno attraente. «Anch´io sono contraria alla pena di morte, ma anche convinta che le persone sono influenzate da incentivi esterni», dice Joanna Shep dell´Università di Emory, in Georgia. ARTURO ZAMPAGLIONE