Affari & Finanza La Repubblica 19/11/2007, pag.11 ALBERTO STATERA, 19 novembre 2007
I numeri che spiegano la fenomenologia dei bamboccioni. Affari & Finanza La Repubblica 19 novembre 2007
I numeri che spiegano la fenomenologia dei bamboccioni. Affari & Finanza La Repubblica 19 novembre 2007. Il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, gentiluomo d’altri tempi, con l’ormai famosissima uscita sui bamboccioni che tante reazioni ha suscitato, non sarà stato magari del tutto politically correct come qualcuno ha sostenuto, ma ha descritto una realtà innegabile. Giunge ora a provarlo una sorta di esaustiva fenomenologia del bamboccione contenuta nella sesta ricerca periodica dell’Istituto Iard, condotta su un campione nazionale rappresentativo di tremila giovani tra i 15 e i 34 anni e pubblicata per il Mulino a cura dei sociologi Carlo Buzzi, Alessandro Cavalli e Antonio de Lillo. In Italia, per capire le dimensioni della questione, i giovani sono quindici milioni e i due terzi di loro, una decina di milioni, vivono ancora nella casa d’origine. L’età media di uscita dalla famiglia è di ben 29,7 anni per i maschi e di 27,1 per le femmine, contro i 2122 anni delle ragazze e dei ragazzi danesi, finlandesi, tedeschi e francesi, che già studenti vanno a vivere per conto loro. Addirittura il 36 per cento degli ultratrentenni italiani, pur avendo un lavoro, vive ancora in famiglia, con un incremento dell’11,5 per cento rispetto alla precedente ricerca, che risale a otto anni fa. I "procrastinatori", come li chiama un po’ burocraticamente il "Rapporto Giovani", sono soprattutto maschi, provenienti dalla borghesia impiegatizia e di famiglia istruita di ogni parte d’Italia, ma soprattutto del sud. Il primo ostacolo che adducono per giustificare la lunga permanenza nel nido familiare è naturalmente quello economico: il reddito giudicato indispensabile per uscirne è di 1.314 euro mensili. Ma anche quelli che già percepiscono un reddito analogo rivelano "una certa tranquilla inerzia". Da cosa deriva questo vizio tutto "mediterraneo", che ci distingue in maniera così netta dal resto d’Europa? Se si può imputare qualcosa alla generazione dei giovani d’oggi sostiene il professor Cavalli, coautore della ricerca è di essere per molti versi troppo simili ai loro padri e alle loro madri. Tanto simili che stanno così bene con i loro genitori da non aspirare all’autonomia né economica né abitativa, preferendo assai il nido protettivo della casa di famiglia. I genitori stessi sono complici della sindrome del nido e i figli ne approfittano spudoratamente. Ma sarebbe ingeneroso sostenere che il fenomeno della "famiglia lunga" sia solo il prodotto del mammismo all’italiana. C’è anche la latitanza di una politica per i giovani, che secondo il rapporto dovrebbe essere incardinata almeno su tre misure: il taglio della lunghezza abnorme dei percorsi di formazione, ad esempio riducendo il fenomeno dei fuori corso all’università; l’istituzione di facilitazioni per l’accesso al mercato delle abitazioni, con edilizia agevolata e mutui per coppie giovani; oltre, naturalmente, alla creazione di meccanismi più efficaci per l’ingresso nel mercato del lavoro, dove oggi si entra in modo stabile solo a 38 anni. Tutte misure che nei paesi dell’Europa settentrionale si sono dimostrate paganti. Ma che vanno anche pagate. Il ministro per le Politiche giovanili Giovanna Melandri rivendica la creazione nella finanziaria del 2007 del Fondo per le politiche giovanili di 130 milioni di euro all’anno per garantire l’accesso dei giovani italiani al lavoro, alla casa, al credito. Ma abbiamo il sospetto che non sarà solo con 130 milioni che il ministro Padoa Schioppa riuscirà a snidare i bamboccioni, i vecchi ragazzi un po’ mammoni che lui ha denunciato, dai caldi e accoglienti rifugi familiari. ALBERTO STATERA