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 2007  novembre 18 Domenica calendario

Difendo la «class action» e perciò va migliorata. Corriere della Sera 18 novembre 2007. Un emendamento alla Legge finanziaria approvato dal Senato istituisce le class action, in italiano «cause collettive» o «di categoria»

Difendo la «class action» e perciò va migliorata. Corriere della Sera 18 novembre 2007. Un emendamento alla Legge finanziaria approvato dal Senato istituisce le class action, in italiano «cause collettive» o «di categoria». Nell’ordinamento statunitense, le class action sono intentate da un soggetto capofila, il lead plaintiff; se la causa ha successo, tutti coloro che hanno subito lo stesso danno devono essere risarciti. Per l’ordinamento italiano, invece, e in genere in Europa, il diritto al risarcimento è individuale; chiunque abbia subito un danno può promuovere la propria azione, e può essere risarcito solo se lo fa. Quali i pregi e difetti dei due sistemi? Il sistema italiano, assoggettando il risarcimento all’avvio di un’azione individuale, scoraggia chi ha subito danni di modesta entità, tali da non giustificare i costi di una causa; così gli autori delle truffe finanziarie possono risparmiare sui danni che dovrebbero pagare a chi ne ha subiti, individualmente, di non enormi. Soprattutto, il nostro sistema è iniquo nel momento in cui tratta diversamente soggetti che sono nella stessa posizione; il rovescio della medaglia, che alcuni vedono positivamente, è che in Italia ognuno può cercare la propria via, magari vincendo dove altri hanno perso. Il sistema statunitense, invece, è equo nel senso che tratta tutti alla stessa maniera, e concentra tutto in un unico procedimento; proprio per questo, tuttavia, esso limita l’iniziativa individuale, cosa che molti in Italia non gradirebbero. Esso, soprattutto, si presta ad abusi legati a cause temerarie, promosse dagli avvocati nella speranza di vincerle e di poter così lucrare grosse prebende; è accaduto infatti che le aziende prese di mira abbiano pagato laddove ritenevano di aver ragione, solo per sottrarsi alla cattiva pubblicità e limitare i danni di reputazione. Per questa ragione il business negli Usa vede come il fumo negli occhi le class action eha indotto l’amministrazione a varare una legge per limitare le azioni legali scorrette.  proprio l’esempio americano a suggerire le reazioni violentemente negative di Confindustria. Il presidente, Luca Cordero di Montezemolo, ha parlato di una legge «all’amatriciana», aggiungendo: « come se presentassi la 500 dicendo che è una buonissima macchina, ma che va modificata». Peccato che guidare un’impresa sia molto diverso, per tempi e modi, dal guidare un governo. Qui bisogna intendersi: una cosa sono i dettagli, essenziali in un testo che regola materie così delicate, altra cosa i principi generali, su cui va prima fatta chiarezza. Si conviene sul fatto che l’impossibilità di intentare azioni collettive in Italia sia elemento di arretratezza da rimuovere? L’affermazione contraddice secoli di civiltà giuridica, per cui il dissenso è più che rispettabile, ma si deve capire anzitutto se si è d’accordo su di essa. Se sì, entriamo nei dettagli, se no, questi sono la scusa per sfuggire al tema vero. Quanto ai dettagli, il testo approvato effettivamente lascia dubbi grossi; possiamo domandarci se le associazioni dei consumatori abbiano mostrato l’equilibrio e la competenza che le rende i soggetti adatti a intentare tali azioni, o se la mancanza di un filtro da parte del giudice non apra la strada a cause temerarie. Anche la possibilità che alcuni soggetti procedano con l’azione individuale perché scontenti dell’esito della causa collettiva sembra contraddire in pieno la ratio di questa. Di ciò, e d’altro, si deve discutere per migliorare il testo, ricordando però che un sistema capitalistico avanzato si regge su imprese che si fanno concorrenza, e si finanziano sul mercato, nel rispetto della legge. Se causano dei danni a una pluralità di clienti o di investitori, è giusto che li rimborsino a tutti. Dei dettagli, importanti, si deve parlare in un Paese dove la competenza tecnica dà fastidio. Non vorremmo che passassero, come per l’entrata in funzione dei fondi pensione, tredici anni. SALVATORE BRAGANTINI