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 2007  novembre 18 Domenica calendario

L’offensiva di Mps e le reazioni in Borsa. Corriere della Sera 18 novembre 2007. Fino a 10 giorni fa nessuno avrebbe scommesso sul Monte dei Paschi come terzo polo bancario italiano

L’offensiva di Mps e le reazioni in Borsa. Corriere della Sera 18 novembre 2007. Fino a 10 giorni fa nessuno avrebbe scommesso sul Monte dei Paschi come terzo polo bancario italiano. Nel 2003, il Monte non aveva incorporato una Bnl a portata di mano, perché la Banca d’Italia pretendeva che la Fondazione Mps cessasse di esser padrona e scendesse al 20%. Non si era poi fatto avanti per la pur agognata Antonveneta, perché questa era destinata alla Popolare di Lodi. La Fondazione Mps non aveva infine accettato di fondere il Monte con il Sanpaolo o con Intesa per il timore di perdere la presa su un’attività bancaria che assicura a Siena potere, prosperità e coesione sociale. L’arrocco della Fondazione è legittimo sul piano politico, perché il Monte non succhia denari allo Stato, e dunque il governo non ha propriamente diritto di cambiare le carte in tavola contro la volontà dei cittadini che, tramite Comune e Provincia, esprimono il vertice della Fondazione. Avendo scelto diversamente, perfino Roma ha perso le «sue» banche. Ma l’arrocco della Fondazione rischia di congelare il Monte mentre la concorrenza cresce. Antonveneta era l’ultimo treno dello sviluppo. stato preso al volo. E l’acquisizione per cassa permette alla Fondazione di conservare la preminenza. Ma qui si aprono i problemi veri: il finanziamento dell’operazione e l’efficienza manageriale. L’esborso del Monte, al netto della compensazione con il partner assicurativo Axa, è di 8,5 miliardi e determina una caduta del Tier 1 dal 6,5 al 5,6%, nonostante un aumento di capitale ipotizzato in 4,5 miliardi, varie cessioni di beni e l’accensione di prestiti subordinati. Tornerebbe al 6,2% solo a fine 2008 grazie ad altre dismissioni e agli utili accantonati. L’entità reale dell’aumento di capitale (se fosse di 5,5 miliardi sarebbe meglio) dipenderà da quanto il mercato sia pronto a versare e da quanto la Fondazione sia pronta a diluire la sua quota che, comprese le privilegiate, arriva al 59%. Sono incertezze che spiegano le reazioni della Borsa. Poi c’è il prezzo: 9 miliardi sono tanti. Soprattutto se paragonati ai 6,6 miliardi che costituiscono la stima di Antonveneta fatta dal Santander nell’Opa su Abn Amro, la banca olandese che, nel 2005, aveva scalato la banca padovana. Il Santander ha trovato nel Monte chi gli anticipava gli effetti di due anni di lavoro e ha così venduto volentieri una banca di taglia ormai «sbagliata» nell’Italia delle grandi fusioni. Giuseppe Mussari può ribattere che Abn aveva valutato 8,2 miliardi Antonveneta e Bnp-Paribas ancora di più Bnl. E può aggiungere che, con la banca del Nord Est, il Monte arriva a ben 3.200 sportelli pagando 2,64 volte il patrimonio netto quando la media della transizioni comparabili avviene a 2,9 volte. Ma poi il presidente del Monte dovrebbe riconoscere che ottenere da Antonveneta un beneficio di 700 milioni già nel 2009, con l’integrazione Padova-Amsterdam da smontare, sarà dura, tanto più se si considera che il Monte, dove i costi assorbono il 59% del risultato operativo, ha già problemi suoi di efficienza. La disputa, adesso, non è più ideologica, fondazione sì, fondazione no, ma del tutto pratica. MASSIMO MUCCHETTI