Corriere della Sera 18/11/2007, pag.19 Mario Pappagallo - EDOARDO BONCINELLI, 18 novembre 2007
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Il padre di Dolly: inutile la clonazione. Corriere della Sera 18 novembre 2007. Cellule staminali senza bisogno di embrioni. Riportando indietro l’«orologio biologico » di quelle adulte. Vi sarebbero riusciti ricercatori giapponesi e martedì prossimo il loro lavoro verrà pubblicato su una rivista scientifica. Ma c’è chi sa già tutto e anticipa la rivoluzione. E’ il britannico Ian Wilmut, il «papà» della pecora Dolly: il primo mammifero clonato nel 1997 dalla cellula di un altro mammifero adulto. Wilmut, del Roslin Institute di Edimburgo, ha deciso di abbandonare la via della clonazione a scopo terapeutico (aveva il via libera del governo inglese per applicare sull’uomo la tecnica- Dolly) a favore della produzione di cellule staminali con la tecnica giapponese. E lo ha dichiarato al quotidiano Daily Telegraph. E’ la grande rinuncia.
Lo scienziato che ha fatto radicalmente cambiare idea a Wilmut è il «rivale» giapponese Shinya Yamanaka, dell’università di Kyoto, il quale con la sua équipe avrebbe creato cellule staminali a partire da pelle di topo senza toccare gli embrioni. Yamanaka sarebbe già riuscito anche con cellule umane. Come ha fatto? Lui stesso lo ha illustrato mesi fa a Toronto (Wilmut era presente), durante un meeting della International Society for Stem Cell Research: avrebbe individuato quattro geni chiave («silenziati» nelle cellule adulte) che sono invece attivi a livello embrionale. Quando le staminali si moltiplicano «totipotenti», cioè in grado di diventare ogni tipo di cellula specializzata: sangue, neuroni, muscoli, ossa, cuore, fegato, occhi, pelle. Insomma tutto. Studiando proprio gli embrioni, Yamanaka ha individuato i geni: Oct4, Sox2, c-Myc, e un misterioso quarto (tenuto per ora segreto) che sarebbe un fattore di trascrizione. Spiega: «Un gene che non si pensava avesse un ruolo così importante per le staminali». Poi ha fatto geni- copia e ha visto che messi insieme a cellule adulte di pelle di topo (e sembra anche nell’uomo) riuscivano a spostare indietro l’orologio biologico: da cellule adulte a staminali embrionali direttamente in coltura.
Se così è, da poche cellule della pelle di un paziente si potrebbe avere una sorgente praticamente inesauribile di staminali per «pezzi di ricambio » di ogni tipo. Il primo passo: neuroni nuovi per curare Alzheimer e Parkinson, cellule del pancreas per guarire il diabete di tipo I, neuroni motori per bloccare la Sla. Il tutto senza toccare gli embrioni. Per Wilmut è la svolta: «Ho deciso di non continuare con la tecnica del trasferimento del nucleo, utilizzata per Dolly. La nuova via di ricerca è accettata socialmente ed è estremamente appassionante». Insomma: clonazione a fini terapeutici addio.
Mario Pappagallo
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Il sogno dell’autotrapianto di organi Ma adesso servono altri test scientifici. Corriere della Sera 18 novembre 2007. Sarà vera gloria? Vedremo. Certo, la notizia sembra di quelle succulente più che interessanti. Ian Wilmut, il creatore di Dolly, ha fatto sapere che rinuncia a cercare di produrre cellule staminali embrionali a seguito di un trasferimento nucleare. Questa sarebbe già di per sé una notizia, ma ancora più interessante è il motivo addotto: un ricercatore giapponese, Shinya Yamanaka, avrebbe un metodo sicuro per produrre cellule staminali da tessuti adulti, di una persona specifica. Con i dati a disposizione non è possibile comprendere quanto fondata sia quest’ultima notizia scientifica; il fatto che Wilmut lo abbia dichiarato è un elemento interessante, ma non può di per sé costituire un’evidenza scientifica inoppugnabile.
Quale sarebbe il vantaggio di tutto questo? Enorme. Si risolverebbero molti problemi in una volta sola: si aggirerebbe ogni obiezione di carattere etico e si saprebbe in anticipo di quale tipo sono le cellule staminali così prodotte. Le cellule staminali devono servire, come è noto, a produrre tessuti e organi da utilizzare per un trapianto. Ma non tutti i tessuti sono uguali e non tutti gli organi possono essere trapiantati su chiunque. Se non c’è la tolleranza genetica, il trapianto non avrà successo, verrà, come si dice, rigettato. La tolleranza dipende dalla compatibilità genetica fra tessuto trapiantato e tessuti del paziente che deve ricevere il trapianto stesso. Alcuni pazienti sono da questo punto di vista svantaggiati perché presentano una specificità genetica che si incontra piuttosto di rado. Occorre in genere utilizzare organi prelevati da parenti stretti; e non è detto che questi siano sempre disponibili. Se si parte però proprio dalle sue cellule per preparare le staminali con le quali si faranno poi i tessuti e gli organi, si ha la sicurezza di essere nel giusto: il paziente riceverebbe un trapianto di organi del suo stesso tipo!
Fin dall’inizio dell’intera storia delle cellule staminali si è sperato di potere utilizzare un domani staminali derivanti da tessuti adulti. Per il motivo che abbiamo appena specificato e perché questa pratica non comporta particolari problemi etici e sociali. Il punto è che non si era, e non si è, sicuri che questo sia possibile, per una varietà di motivi. Essenzialmente perché le cellule adulte non crescono molto bene e perché nessuno sa quanti e quali tessuti diversi si può riuscire a preparare utilizzando staminali derivate da tessuti adulti. Questi problemi hanno suggerito di proseguire la ricerca sia sulle cellule staminali di derivazione embrionale, certamente più sicure e affidabili, che su quelle di derivazione adulta, in verità senza eccezionali risultati.
Se la notizia è vera – la cautela è d’obbligo perché si tratta delle affermazioni di un singolo ricercatore riportate da un quotidiano – tutto questo sarebbe superato, a favore di un’intensificazione delle ricerche sulle cellule di derivazione adulta. Stiamo a vedere e speriamo. Speriamo che sia tutto vero. Per il bene di tutti.
EDOARDO BONCINELLI