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 2007  novembre 17 Sabato calendario

ROMA – Partenza in salita per l’introduzione della class action approvata l’altro giorno dal Senato

ROMA – Partenza in salita per l’introduzione della class action approvata l’altro giorno dal Senato. Il mondo produttivo si ribella, con il presidente di Confindustria Luca di Montezemolo che la definisce «una misura rozza e all’amatriciana » e con le associazioni dei consumatori divise. Per Altroconsumo si tratta di un «passaggio storico» mentre Aduc e Codacons la definiscono «una bufala e una schifezza, il Paese è in mano alle lobbies delle banche e delle assicurazioni ». Nella maggioranza cominciano i primi distinguo con Stefano Pedica (Italia dei valori) che minaccia di non votarla alla Camera se il testo non verrà modificato. Lo stesso presidente della commissione Giustizia di Montecitorio Pino Pisicchio ha messo le mani avanti sia sulla scelta dello strumento legislativo (cioè un emendamento alla Finanziaria) sia invocando miglioramenti. Pierluigi Bersani, ministro delle Sviluppo economico e autore delle «lenzuolate» a favore dei consumatori, è intervenuto annunciando la possibilità di «perfezionamenti» e prospettando «un filtro giurisdizionale per verificare la titolarità di chi promuove la procedura e il fatto che la procedura stessa non abbia presupposti palesemente infondati e temerari». Per il resto la difende sia perché una «volta tanto anticipiamo Bruxelles» e poi perché con la norma sulla class action «un cittadino davanti ad un torto non viene lasciato solo». Nonostante queste assicurazioni, Montezemolo (al quale i ristoratori romani si sono rivolti risentiti per il suo attacco contro l’amatriciana) ha manifestato tutta la preoccupazione del mondo imprenditoriale raccogliendo anche l’adesione di Luigi Marino per la Confcooperative. E ha criticato le parole di Bersani: «E’ come se io presentassi la 500 dicendo che è una buonissima macchina, ma che va modificata ». Per la Cgil, che ha espresso un giudizio positivo, la posizione della Confindustria è «incomprensibile» e «tradisce interessi non legittimi della parte più arretrata dei loro associati». Roberto Bagnoli NEW YORK – Se l’eroina delle class action americane è Erin Brockovich come l’ha rappresentata Julia Roberts nell’omonimo film, l’anima nera delle «azioni di massa» è William S. Lerach. L’avvocato ex re delle cause che hanno fatto tremare le blue chip di Wall Street è passato dall’essere un paladino dei consumatori a reo confesso di crimini federali (la sentenza è attesa a gennaio 2008). A fine ottobre ha ammesso di aver cospirato per trasformare le class action in un vero e proprio business per il suo studio legale, pagando bustarelle a individui per convincerli a intentar causa e «inventando » casi, con lo scopo di estorcere patteggiamenti alle aziende colpite. Così, secondo i giudici, Lerach e soci hanno guadagnato illecitamente centinaia di migliaia di dollari dal 1983 al 2005, perché le società preferiscono pagare piuttosto che trascinare i contenziosi in tribunale. La parabola di Lerach è emblematica. Dopo aver conseguito clamorose vittorie in nome di migliaia di vittime di aziende interessate solo ai profitti, gli avvocati specializzati in queste cause sono finiti a loro volta sul banco degli accusati come gli unici veri beneficiari del sistema. Hanno fatto scandalo risarcimenti miliardari in cui alle vittime sono arrivate le briciole – anche solo pochi centesimi l’una’ a fronte delle grasse parcelle degli avvocati, variabili dal 10 al 40% delle cifre pattuite. Un caso che sta facendo discutere in questi giorni è la richiesta di 460 milioni di dollari in parcelle da parte dei tre studi che hanno curato la class action contro Tyco, gruppo quotato a Wall Street e accusato di truffa ai piccoli azionisti. Tyco pagherà 3,2 miliardi di dollari, un record nel campo delle cause per frodi di Borsa, ma tre investitori istituzionali che avevano avviato la causa ora contestano come esagerate le pretese degli avvocati, fra i quali c’è lo studio dove lavorava Lerach. Sull’onda di questi malumori nel febbraio 2005 il presidente Bush aveva ottenuto uno dei pochi successi del suo secondo mandato: l’approvazione a larga maggioranza nel Parlamento Usa della legge per la «giustizia delle class action» (Class Action Fairness Act), che rende più difficile per gli avvocati intentare le cause negli Stati dove i tribunali sono loro «amici». Maria Teresa Cometto