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 2007  novembre 16 Venerdì calendario

Cronaca Vera. Milioni di anni fa, la pubertà del maschio italiano iniziava dal barbiere. Dove, mentre i nonni s’accomodavano in poltrona, i nipoti infilavano ”Cronaca Vera” in mezzo a un altro giornale e lo compulsavano avidamente

Cronaca Vera. Milioni di anni fa, la pubertà del maschio italiano iniziava dal barbiere. Dove, mentre i nonni s’accomodavano in poltrona, i nipoti infilavano ”Cronaca Vera” in mezzo a un altro giornale e lo compulsavano avidamente. Divorati I misteridelsesso, passavano agli annunci matrimoniali, quindi a Il mondo dell’inconscio e a I vostri problemi. Poi tornavano sui Misteri, accertandosi di averli imparati bene. Gli articoli, tipo "Seviziata sotto il bancone dal barista nano" o "Singolare vendetta di uno strozzino deforme epervertito", si leggevano alla fine, se restava tempo: a undici anni, ci sono altre priorità, quando si ha l’occasione di spiare il mondo dal buco della serratura. Per una fetta abbondante d’Italia, localizzata tra la provincia e le periferie, un milione di anni fa è ancora oggi. Dal 1969, ”Cronaca” Vera racconta, puntuale ogni settimana, un Paese marginale, popolato di anziani con la pensione minima, casalinghe (veramente) disperate, operai preferibilmente non sindacalizzati, gioventù bruciate di paese. E detenuti, tanti. Al punto da essere il giornale più letto nelle carceri. Lo stile sensazionalistico, le copertine iper trash con le donne seminude (modelle le cui foto venivano acquistate a poco prezzo da archivi fotografici stranieri), le previsioni (mai azzeccate) sui numeri del Lotto, le foto in bianco e nero, la pubblicità degli improbabili occhiali a infrarossi, sono entrati in milioni di case, restituendo l’immagine di un mondo ai limiti della realtà. Ma se inverosimile sembrava li mondo raccontato dal giornale, ancora di più lo sembra quello dei suoi lettori. Che oggi viene a galla in Cara cronica, antologia di lettere inviate a ”Cronaca Vera” e mai pubblicate, semplicemente perché, come spiega Giuseppe Biselli, che dirige il settimanale dal 1996, "erano troppo anche per noi". Nel volume a cura di Edoardo Montolli, che esce oggi per l’editore Aliberti, appaiono, fotografate o trascritte, lettere di tutti i tipi. "Le più border line tra quelle border line" spiega l’autore, giornalista e scrittore. Che racconta: "Quando, vidi quegli scatoloni pieni, nella redazione di ”Cronaca”, a Rho, non volevo credere ai miei occhi. Spesso i giornali devono inventarsele, le lettere. Li ce n’erano ventimila per anno. Cioè duemila al mese, cinquecento alla settimana, cento al giorno". Sono lettere che raccontano un’Italia marginale e poverissima. C’è il padre che chiede aiuto per il figlio accusato di un delitto poco chiaro. E dossier di liti tra dirimpettai finite in faida e quello dell’inventore che ha fatto scoperte mirabili. E, ancora, la testimonianza del mistico cui è apparsa la Madonna in astronave e di quello che ha visto Padre Pio sui muri del bagno. Mirella, aspirante pornostar, scrive che vuoi farsi fotografare in pose sexy e "essere pubblicata sul vostro giornale, così finalmente posso diventare quello che mi sento di essere, una nuova Scharon Stone (con, meno male, decisamente anni in meno). Bay Bay". Antonietta R., invece, è una ragazza malata di cancro: "Vivo con una pensione di invalidità di 250 euro al mese bisognosa di scarpe ortopediche che non si possono comperare", racconta, e chiede aiuto ai lettori. "Quando il mittente è certo e non è palesemente folle, rispondiamo" dice Biselli "tentando di dare conforto a tutti". Anche ai carcerati, che scrivono a migliaia. Fino a qualche tempo fa, a curare la corrispondenza con loro era Alfredo Bonazzi, la "belva di viale Zara", che il 3 aprile del 1960 uccise a Milano un tabaccaio e fu graziato tredici anni dopo per meriti letterari: Bonazzi era entrato in prigione analfabeta e dietro le sbarre s’era laureato in filosofia. "Nel 2004 ci arrivò una lettera di Donato Bilancia, 17 vittime e 13 ergastoli. Scriveva dal carcere di Padova e offriva 500 mila euro per un po’ di compagnia. Pubblicammo la lettera, ma, mentre andava in stampa, Bilancia, che aveva scritto a Domenica In, fu intervistato da Bonolis, che ci bruciò lo scoop". Molte lettere sono scritte su fogli di quaderno strappati male, su ritagli di giornale, altre direttamente sulla busta. "Ci sono programmi televisivi che per averle pagherebbero" dice Biselli. "Alcuni, come La vita in diretta, ci chiamano per sapere dove abbiamo pescato certe storie, che poi riprendono senza citarci. E tradendole: perché la tv non sa trasmettere la puzza di una storia". Biselli è un piacentino di quasi 50 anni con un passato da collaboratore dell’Unità. Dal giornale fondato da Antonio Granisci veniva anche Antonio Perria, il cronista e autore di gialli cui nel ”69 l’editore Sergio Garassini, oggi pensionato, affidò la direzione di ”Cronaca”. Con Perria, il giornale visse anni memorabili. Fu il primo a "scagionare" Pietro Valpreda dall’accusa di coinvolgimento nella strage di Piazza Fontana, pubblicò foto esclusive dell’omicidio Casati-Stampa. "La rubrica di Bonazzi offrì spunti decisivi per la chiusura dei manicomi. Eppure" commenta Biselli "Perria snobbava la sua creatura: nelle quarte di copertina dei suoi romanzi, evitava di far sapere che era il direttore di ”Cronaca”". Ora Biselli, che due anni fa ha detto basta alle donne seminude in copertina per puntare su casi noti anche al grande pubblico, compresi quelli di Erba e Garlasco, è un po’ preoccupato: "Con questo libro mi sembra di sputare nel piatto in cui mangio" dice. E guai a fargli notare che ha contribuito a trasformare i suoi lettori in eroi da libreria. Gli importa di più che si trovino bene in barberia. Paolo Casicci