Simona Marchetti, www.corriere.it 14/11/2007, 14 novembre 2007
LONDRA
(Gran Bretagna) - L’erba del vicino è davvero sempre più verde? Gli elefanti hanno veramente una memoria di ferro? La prima impressione conta sul serio? Lo psicologo Geoff Rolls ha provato a rispondere a queste (e altre) domande nel libro "Taking the Proverbial" (ediz. Chambers), dove ha analizzato i più comuni "luoghi comuni" del vivere quotidiano, rilevando quali hanno un fondamento di verità e quali, invece, sono solo modi di dire. Qui ve ne indichiamo alcuni fra i più conosciuti:
GLI ELEFANTI NON DIMENTICANO NULLA - Di certo, i pachidermi hanno un grande cervello che può aumentare la loro memoria e il loro sistema di comunicazione. Tuttavia, non è così semplice misurare la loro capacità mnemonica. Molti elefanti usati come aiutanti nel lavoro possono imparare e ricordare un gran numero di ordini e arrivano anche a riconoscere gli esseri umani, come pure parecchi membri della loro specie, anche se magari sono stati separati per lunghi periodi. A dimostrazione di ciò, un esperimento condotto nell’Amboseli National Park in Kenya dalla ricercatrice Karen McComb, che nel 2001 studiò 21 famiglie di elefanti lungo un arco di tempo di 7 anni, scoprendo che le femmine del branco avevano sviluppato una fortissima "memoria sociale" che permetteva loro di distinguere gli amici dai nemici in base all’odore e più vecchia era la femmina, migliore era la sua capacità. Da qui, la convinzione che gli elefanti abbiano una memoria di ferro.
LA BELLEZZA NEGLI OCCHI DI CHI LA GUARDA - Gli antichi Greci erano convinti che la bellezza del viso avesse delle caratteristiche specifiche e secondo Platone le proporzioni perfette stabilivano che la larghezza del volto dovesse essere 2/3 della sua lunghezza. stato poi dimostrato come la simmetria risulti intrinsecamente attraente all’occhio umano: così un viso può apparire bello semplicemente perché simmetrico. D’altro canto, nel 2003 alcuni psicologi scozzesi hanno trasformato l’espressione "beholder" (in inglese, si dice ”Beauty is in the eye of the beholder) in "beer holder" (letteralmente, possessore di birra), dopo che un esperimento aveva dimostrato che anche una modesta quantità di alcool faceva sembrare le persone il 25% più belle rispetto a un’analoga valutazione da sobri. Sebbene non vi sia ancora una regola universalmente valida per indicare la bellezza, non vi è dubbio che la simmetria facciale rivesta un’importanza fondamentale. Al tempo stesso, se guardando il vostro partner lo giudicate incredibilmente bello, potete congratularvi con voi stessi, perché in genere le persone scelgono compagni con gli stessi livelli di attrattiva.
L’ERBA DEL VICINO SEMPRE PIU’ VERDE - Gran brutta cosa l’invidia. Secondo gli psicologi, il fenomeno dell’ "erba verde del vicino", ovvero pensare che gli altri abbiano sempre qualcosa in più e in meglio di noi, indica l’insoddisfazione umana e l’incapacità di valutare criticamente i problemi altrui. Usato spesso anche per studiare la fine delle relazioni sentimentali (si cerca altrove, quindi, dal "vicino", quello che manca al proprio rapporto), questo proverbio può avere però anche un’accezione positiva, perché l’invidia può diventare una motivazione a migliorarsi.
LA PRIME IMPRESSIONE QUELLA CHE CONTA - Tutti sanno quanto sia importante fare colpo al primo sguardo e lo "speed dating" ne è la prova provata. Le nostre prime impressioni, che si formano nei primi due secondi dell’incontro, sono basate su una serie di fattori positivi come il contatto visivo, il sorriso, la conversazione fluida, mentre un tono di voce irritante, un odore sgradevole, una stretta di mano debole o dei vestiti sgualciti farebbero passare la voglia di approfondire la conoscenza. Ma non esiste una regola fissa su come si valutino queste "prime impressioni": a detta di alcuni psicologi, infatti, non ci sarebbe una prima o unultima impressione, ma una via di mezzo che consiste nell’assimilare tutte le informazioni riguardo una persona e poi fare la media. In genere, però, se uno non piace al primo impatto è difficile che si cambi idea e la storia insegna che il proverbio abbia un fondo di verità. Con qualche eccezione. La più terribile di tutte riguarda il famoso serial killer americano Ted Bundy, che fece un’ottima impressione a tutte le sue vittime.
TALE PADRE TALE FIGLIO - Un modo di dire che si declina solo al maschile, perché il corrispettivo femminile (tale madre tale figlia) non esiste. Una serie di studi scientifici hanno contribuito ad accertare la veridicità di questo assunto, sottolineando come i ragazzi tendano a guardare al padre come a un modello da imitare, nel bene e nel male. Non a caso, se il genitore fuma, è molto probabile che il figlio faccia lo stesso, a differenza, invece, di quanto succede per le ragazze e le loro madri. Ciò però non significa che i comportamenti criminali dei padri siano gli stessi dei figli maschi, perché in questo caso ci sono anche altri fattori – il contesto familiare e socioeconomico o il reddito personale – da tenere in considerazione. Consiglio finale: sceglietevi i genitori con cura…
Simona Marchetti