Hugo Dixon, la Repubblica 14/11/2007, 14 novembre 2007
Quando nel 2004 fece il suo ingresso a Bruxelles, Peter Mandelson era un fermo sostenitore del libero commercio
Quando nel 2004 fece il suo ingresso a Bruxelles, Peter Mandelson era un fermo sostenitore del libero commercio. Col passare del tempo, tuttavia, il politico britannico sembra sempre più incline a percorrere la via del protezionismo. Mandelson ha proposto un´iniziativa per rivisitare gli strumenti per la difesa commerciale del continente contro la pratica delle vendite sottocosto. Aveva iniziato bene, riuscendo a respingere le richieste dei produttori di abbigliamento italiani e francesi che chiedevano un dazio alle importazioni tessili cinesi. probabile che il recente rafforzamento dell´euro abbia avuto la meglio sui principi di libero commercio di Mandelson, considerando la pressione posta a carico degli esportatori dalla forza della moneta unica contro dollaro e renminbi. Il deficit commerciale dell´Ue con la Cina, che l´anno scorso era già a 128 miliardi di dollari, quest´anno dovrebbe aumentare del 20-25%. C´è chi dice che il presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso abbia ordinato a Mandelson di andarci pesante. La risposta è venuta con decisioni tese a imporre o aumentare i dazi proibitivi sui prodotti cinesi: scarpe, lampadine, cinture o fragole. Anche i produttori di acciaio hanno sollecitato Mandelson ad attivare dazi antidumping sull´acciaio cinese. Benché ogni settore abbia il suo problema, rimane il fatto che dazi simili proteggono settori non competitivi in paesi ricchi e provocano più danni che benefici. Perfino gli Usa hanno eliminato la tassa del 30% imposta nel 2002 sui produttori di acciaio stranieri, dopo che la loro commissione sul commercio internazionale calcolò che nel primo anno i dazi erano costati alle aziende automobilistiche e ad altri consumatori di acciaio oltre 680 milioni di dollari. Mandelson farebbe bene a tenere fede ai suoi principi. William Echikson