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 2007  novembre 14 Mercoledì calendario

L´inverno è cominciato il 21 ottobre. Il primo freddo ci ha ricordato di cambiare guardaroba, alzare il termostato e tirar fuori qualche stufa elettrica

L´inverno è cominciato il 21 ottobre. Il primo freddo ci ha ricordato di cambiare guardaroba, alzare il termostato e tirar fuori qualche stufa elettrica. Gesti ovvi, ma come ricorda Paolo Scaroni, ad dell´Eni: «Ogni volta che accendiamo un interruttore apriamo un gasdotto». Cioè tubi che marciano per migliaia di chilometri dalla Russia, dall´Algeria e dalla Libia fino ai nostri confini. Il 21 ottobre per la prima volta la portata di quei tubi non è stata sufficiente. Così si è ricorso agli stoccaggi, ex giacimenti esauriti che durante l´estate vengono riempiti con il gas di riserva. Per gli addetti ai lavori è stato dunque il primo giorno di un inverno particolare: quello in cui rischiamo di rimanere «al freddo e al buio», quello in cui il metano potrebbe non bastare. In concreto potrebbe capitare, che in un insolito freddo giorno di marzo, il Paese si trovi a decidere se dare la precedenza al riscaldamento delle case, alla produzione di energia elettrica o all´industria e dover quindi fronteggiare, a scelta: una popolazione infreddolita, un blackout, o che l´economia italiana chiuda "per mancanza di gas". Già due inverni fa, l´allora ministro Claudio Scajola ci chiese di abbassare di un grado i termostati. Il risparmio fu minimo e a fine stagione tutte le riserve erano state intaccate, anche 1,4 dei 5 miliardi di quelle "strategiche", che per legge dovrebbero essere usate in caso di guerre, terremoti e altre situazioni straordinarie. Cosa è cambiato rispetto a due anni fa? Nulla in meglio e qualcosa in peggio: la capacità d´importazione (78 miliardi di euro) è la stessa, quella di stoccaggio (13,6 miliardi di cui 5 "strategici") è appena più bassa. I consumi (86-87 miliardi di metri cubi) invece sono cresciuti di 1-2 miliardi e la produzione nazionale si è ridotta di un altro miliardo. Le simulazioni dicono che un inverno "normale" ci porterebbe ad esaurire tutte le riserve da 8 miliardi degli stoccaggi, se invece si ripeteranno le temperature del 2005-06 nemmeno basterebbero. La situazione è ancora più preoccupante se si passa dai valori assoluti al giorno singolo. Secondo i dati dell´Autorità dell´Energia l´offerta massima giornaliera è pari alla somma delle capacità di importazione, di produzione nazionale, 280 milioni di metri cubi, più la capacità tecnica di erogazione dello stoccaggio, circa 270 milioni. Tuttavia il livello rassicurante di 550 milioni, sufficiente per i consumi dei giorni più freddi dell´anno, è reale solo a ottobre con gli stoccaggi pieni. Gli ex giacimenti infatti sono serbatoi particolari, man mano che si svuotano la pressione si riduce e il gas si può estrarre più lentamente, e soprattutto è quasi impossibile riempirli nel corso dei mesi di maggior uso. Quindi a marzo un sistema allo stremo arriva a offrire solo 400 milioni di metri cubi, basta una settimana d´inverno tardivo che riportasse i consumi ai livelli di gennaio e qualcuno rimarrebbe a secco. La task force sulla crisi del gas allestita dal ministero per lo Sviluppo Economico ha messo a punto delle contromisure per massimizzare l´offerta e rendere la domanda più flessibile. Dal 5 novembre, l´Eni e gli altri importatori devono per legge riempire il più possibile i gasdotti, a qualsiasi costo e con qualsiasi situazione di mercato. Mentre le società elettriche potrebbero sostituire il gas con il più costoso e inquinante petrolio. Per le industrie l´Autorità ha previsto un sistema d´incentivi per far aderire a programmi di riduzione della fornitura nei giorni di maggior domanda. Il pacchetto dovrebbe fornire 2-3 miliardi di metri cubi di margine: nel peggiore dei casi le imprese pagheranno riducendo l´attività (con effetti preventivabili sul Pil) e i consumatori con bollette più alte. Analogo risparmio (per di più gratuito) si otterrebbe con un inverno più caldo della media, come accadde l´anno scorso. L´unico evento che, al di là di tutti i complicatissimi calcoli, scongiurerebbe la crisi. Non è una questione solo di termometro: al fianco del generale inverno nel 2006 si schierò anche l´Ucraina che innescò un contenzioso con la Russia riducendo a febbraio anche del 10% il metano che effettivamente arrivava a Tarvisio. Al momento le tensioni tra Russia e paesi di passaggio sono minime, ma di fatto siamo ancora alla mercé dei loro umori. Un pericolo che dà argomenti ai sostenitori dei rigassificatori, che possono utilizzare gas liquido (Gnl) in arrivo da tanti paesi diversi e non legano a doppio filo a un particolare fornitore. Ma anche ai chi sostiene che il risparmio può più che compensare la riduzione della produzione nazionale. Chi ha portato l´Italia a questo stato di dipendenza? Paradossalmente nessuno: per soddisfare la domanda di energia elettrica e gli operatori privati hanno investito nelle centrali a gas: perché erano le più semplici da costruire, le meno costose e anche le più accettate a livello locale. Nulla si è fatto però per aumentare la disponibilità: anzi agli inizi del 2000 l´Eni parlava del rischio di "bolla del gas" cioè di un eccesso di offerta. Si poteva fare soprattutto molto sul fronte degli stoccaggi: di giacimenti vuoti in Italia ce ne sono molti e i lavori di trasformazione sono relativamente rapidi e poco costosi rispetto alla costruzione di un rigassificatore o di un nuovo metanodotto. Eppure un mese fa il ministero dell´Ambiente ha dato le prime autorizzazioni dal 2001 nonostante ci siano domande per oltre 6 miliardi di metri cubi di capacità. L´inverno prossimo il potenziamento dei due tubi già esistenti dalla Russia e dall´Algeria più l´entrata in funzione del rigassificatore di Rovigo dovrebbe far arrivare 16 miliardi di metri cubi e disinnescare l´emergenza. Poi i molti progetti in corso potrebbero quasi raddoppiare l´offerta: nuovi gasdotti in arrivo dalla Grecia (Igi), dall´Algeria, via Sardegna (Galsi) e dai Balcani (South stream). Più una dozzina di progetti di rigassificatori sparsi su tutta la penisola di cui paio già autorizzati. Ma per i prossimi mesi incrociamo le dita e teniamo bassi i caloriferi e speriamo nel caldo.