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 2007  novembre 14 Mercoledì calendario

ROBERTA, NON LO RIASSUMERE LO PUBBLICO INTEGRALE

DAL NOSTRO INVIATO
BRESCIA - Urla e piange, Bushra, e nel cortiletto del tribunale copre di pugni quell´unico figlio maschio, Souleyman, che ha solo 18 anni ed è l´unico uomo di famiglia che le è rimasto. "Così me lo ammmazzate", sente qualcuno.
Non riescono a tenerla ferma, si rovescia per terra, infagottata nel cappotto che le copre il sari, e ancora picchia quel ragazzo finchè finalmente arrivano gli infermieri e riescono a caricarla su un´ambulanza. La sorte nera che avvolge i Saleem sta tutta in questa scena terribile, nella disperazione folle della madre di Hina, più ancora che nell´immagine dei tre imputati che se ne vanno a testa bassa, dentro il cellulare che li riporta in carcere.
«Quando è morta tua figlia non hai versato una lacrima», sibila un avvocato. Ma Bushra non ha mai lacrime. Bushra si ribella al suo destino, al futuro di vergogna e di stenti della sua famiglia, riempiendo di botte proprio Souleyman che ha preso sulle sue spalle le povere economie dei Saleem, sgobbando giorno e notte nel call center che è la maggiore fonte di introito, mentre lei in casa cuce e rammenda per conto terzi. Non si rassegna. Rivorrebbe suo marito, la vita dura ma normale che facevano tutti nella villetta grigia di Sarezzo, affacciata sull´asfalto della strada provinciale sempre intasata di traffico, che fra qualche giorno sarà dissequestrata e dove sarà costretta a vivere.
Per tanti anni aveva seguito con severità e preoccupazione la figlia ribelle, irrequieta, alla quale piaceva fare di testa sua. L´aveva protetta dal padre, aveva fatto da cuscinetto, spesso picchiandola. «Però le voleva bene, ne sono certo», dice il pm Paolo Guidi, che l´ha interrogata a lungo. Custode della tradizione, certo, come molte donne che non hanno potuto conoscere altro. E le molestie sessuali che Hina aveva denunciato da parte del padre? La ragazza era stata allontanata dalla famiglia e affidata a una comunità poi, al momento di confermare davanti a un giudice, aveva ritrattato. Convinta da Bushra, forse. La madre sapeva e ha finto di non vedere? Una storia sospesa, mai chiarita.
Dai brandelli della storia di Hina emerge sempre, però, un rapporto di affetto con la madre. Ogni tanto, con i suoi lavoretti, la ragazza risparmiava un po´ di denaro e lo portava a lei. Per le sorelle più piccole. Hina non ne voleva più sapere della religione, dei precetti musulmani. Indossava la minigonna, i jeans a vita bassa con il gioiello all´ombelico. Poi, quando passava a casa dei suoi, si metteva il velo. Per sembrare più simile alle sorelle e alla mamma, sempre vestite col sari tradizionale.
Hina non cercava lo scandalo, voleva solo la sua vita. E lei, la madre, forse alla fine aveva capito e accettato. Tenendo a bada, per quanto possibile, il marito. Uno che si spaccava la schiena a lavorare e aveva accolto in casa i cognati e a volte pure lo zio. Un uomo «non cattivo», come lo definì Bushra davanti a un plotone di fotografi e cronisti in una conferenza stampa organizzata dalla comunità pakistana, dopo l´uccisione di Hina. Non lo difese, però. Disse: «Di lui non voglio sapere più niente». Non era vero. Non gli ha mai fatto visita in carcere, ma solo perché le era proibito. Gli ha fatto avere vestiti puliti e qualche soldo. Gli ha pagato un avvocato di fiducia. Avrebbe potuto costituirsi parte civile contro di lui, ma non lo ha fatto, quando questo avrebbe tacitato definitivamente le voci di una sua connivenza con l´omicidio. Tre udienze del processo, sempre presente Bushra, accanto a Souleyman.
«L´avevo preparata a una condanna molto pesante - dice con un filo di voce il giovane avvocato che l´assiste, Cristina Guatta - Ma forse nel suo cuore una speranza c´era». Speranza? Che fosse decisa una pena più leggera e che un giorno non lontanissimo la famiglia potesse ricomporsi? Più che una speranza, un incubo, con una figlia ammazzata a quel modo e poi sotterrata in giardino. Il filo che teneva insieme le sue sicurezze non può essere riannodato. Ma questo Bushra non lo accetta. Può solo disperarsi, e picchiare il suo mite Souleyman.