Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 14/11/2007, 14 novembre 2007
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MADRID – Troppo tardi. Per quanto, come in una celebre tavola di Novello, Hugo Chávez si sforzi di rendere sempre più sferzante la risposta che non ha dato, faccia a faccia con Juan Carlos, il focoso confronto al vertice Ibero-americano passerà alla storia come un secco kappaò. Manca poco che quel «por qué no te callas?», perché non taci?, con cui il re ha interrotto le contumelie del presidente venezuelano all’indirizzo dell’ex premier José Maria Aznar, già in cima alle classifiche delle suonerire per cellulari più scaricate, diventi il ritornello dell’inno nazionale spagnolo, ancora in attesa di un paroliere. Da sabato scorso, quando il sovrano ha prima pubblicamente zittito il presidente Chávez e poi ha abbandonato la seduta conclusiva del vertice, in polemica con gli attacchi agli imprenditori spagnoli del presidente nicaraguese, Daniel Ortega, il popolo iberico si è riscoperto unito e devoto a Sua Maestà.
Con l’84 per cento di consensi raccolti dal re con il recente viaggio alle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, contestato dal governo marocchino, una ola di patriottismo eleva la Corona a paladina dell’onore nazionale: «Se domani si celebrassero le elezioni alla presidenza della Terza Repubblica – ipotizza Enric Juliana, vice direttore de La Vanguardia – e don Juan Carlos di Borbone si presentasse candidato, come fece a suo tempo re Simone di Bulgaria, l’attuale monarca sarebbe eletto con amplissima maggioranza».
E proprio oggi esce in Spagna un libro che celebra il carisma internazionale di Juan Carlos all’estero, Sulle orme del re, della giornalista televisiva Carmen Enríquez, che lo ha seguito per 17 anni e che non poteva scegliere momento migliore per raccontarlo, attraverso le testimonianze dei capi di Stato che lo hanno incontrato, da Bill e Hillary Clinton a Fidel Castro, che si è proclamato «realista» al defunto Yasser Arafat che lo aveva definito il «re di Gerusalemme ». Eppure soltanto un paio di mesi fa, le sue foto venivano bruciate dagli indipendentisti nelle piazze catalane, si discuteva se i falò eccedessero o no il diritto di critica alla Casa Reale, il cui principe ereditario, Filippo, era stato sbeffeggiato con la moglie sulla copertina del settimanale satirico
El Jueves (i giornalisti sono stati condannati ieri a una multa di 3.600 euro a testa).
L’annus horribilis, iniziato lo scorso autunno con le accuse di un giornale russo, secondo cui Juan Carlos avrebbe ucciso, in una partita di caccia truccata, un orso domestico, ubriacato per ordine di Putin, si conclude sull’onda di un inaspettato trionfo. Appena amareggiato nelle ultime ore dalla notizia ufficiale della temporanea separazione di una delle due figlie, l’Infanta Elena dal marito Jaime de Marichalar.
I due principali partiti politici, il Psoe di Zapatero, al governo, e il Pp di Mariano Rajoy, all’opposizione, si sono compattati nell’incondizionata approvazione al sovrano. Rimangono fredde, o critiche, soltanto l’Izquierda Unida, storica amica di Chávez, e l’Esquerra Repubblicana de Cataluña, che non vedeva nulla di tanto grave nei roghi di foto reali e aveva disapprovato l’intervento della magistratura.
Ancora poche settimane fa, all’inizio di ottobre Juan Carlos si era dovuto difendere da solo, in un discorso all’università di Oviedo, ricordando che la monarchia parlamentare aveva garantito alla Spagna il più lungo periodo di stabilità. La visita a Ceuta e Melilla, forse, era stata una mossa astuta, pianificata dal governo per rialzare le quotazioni reali. Ma l’incidente con Chávez è stato un regalo del destino e del leader venezuelano