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 2007  novembre 14 Mercoledì calendario

Posizioni contrapposte A Montecitorio proposte in netta contrapposizione: dall’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile alla stretta sui contratti a termine

Posizioni contrapposte A Montecitorio proposte in netta contrapposizione: dall’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile alla stretta sui contratti a termine. Così, si è deciso di rinviare l’esame degli articoli su pensioni e mercato del lavoro ROMA – Secondo Confindustria e sindacati, il disegno di legge sul welfare dovrebbe essere approvato in Parlamento senza modifiche. E anche il governo si è impegnato in tal senso. Se così non fosse, ha detto ieri il presidente degli imprenditori Luca di Montezemolo, si avrebbe un «attentato alla concertazione », visto che il provvedimento non è altro che la traduzione in legge dell’accordo tra esecutivo e parti sociali del 23 luglio scorso. Ma il problema più grande non viene dall’opposizione bensì dalle divisioni nella maggioranza. Sugli articoli più delicati del disegno di legge, quelli su pensione d’anzianità, lavori usuranti e contratti a termine, ci sono alla Camera decine di emendamenti presentati da Rifondazione, Pdci, Verdi e Sinistra democratica che si contrappongono a decine di proposte di modifica dei radicali. Prendiamo i cosiddetti «scalini », cioè l’età minima per la pensione d’anzianità, che sale da 58 anni nel 2008 fino a 61 nel 2013. I radicali (primi firmatari Turco e D’Elia) propongono di portare questa età fino a 65 anni (dal 2018) e di aumentare l’età per la pensione di vecchiaia delle donne a 65 anni, come quella degli uomini. Non solo: chiedono la soppressione delle norme a favore di chi svolge lavori usuranti e la garanzia per i giovani di una pensione pari al 60% della retribuzione. All’opposto le proposte delle sinistre puntano a far saltare il tetto sui lavoratori usurati annualmente pensionabili (5 mila) e a ripristinare «il diritto soggettivo», dice il presidente della commissione Lavoro, Gianni Pagliarini (Pdci). Stesso discorso sui contratti a termine. I radicali propongono che dopo 36 mesi ci possano essere più proroghe e non una sola, oltre al ripristino del lavoro a chiamata (job on call). In senso contrario gli emendamenti delle sinistre: stretta su contratti a termine (limitati di fatto solo agli stagionali) e lavoro interinale, abolizione dello staff leasing, ripristino della sovracontribuzione sugli straordinari e aumento fino al 33% dei contributi sui parasubordinati. La situazione è talmente seria che domani si svolgerà un vertice di maggioranza alla Camera per serrare i ranghi. Ieri il premier, Romano Prodi, ne ha parlato col ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Il provvedimento sul welfare (32 articoli) ha cominciato ieri il percorso alla commissione Lavoro della Camera. Nonostante circa 150 emendamenti dichiarati inammissibili, ne restano 335, quasi metà della maggioranza. Come prima cosa si è deciso di accantonare gli articoli (1, 9 e 11) più a rischio perché toccano appunto pensioni e mercato del lavoro. Si è così partiti con l’articolo 2 (riordino enti previdenziali). Il calendario prevede che il disegno di legge debba arrivare in aula lunedì 26 e andare al voto finale giovedì 29. Questo per permettere al Senato di varare il provvedimento entro il 31 dicembre ed evitare così che dal primo gennaio scatti lo «scalone Maroni»: aumento a 60 anni dell’età minima per la pensione. Le sinistre, pur di evitare questo scenario, non sarebbero contrarie a portare in Finanziaria l’articolo 1 del ddl, che sostituisce appunto lo scalone con gli scalini, lasciando così su un binario morto la parte indigesta sul mercato del lavoro. Ma ieri il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha detto che non se ne parla.