Massimo Numa, La Stampa, 13/11/2007, 13 novembre 2007
Undici pagine di verbale. A cui, presto, si aggiungeranno le relazioni della polizia scientifica, del perito balistico, dei consulenti di parte, accusa e difesa
Undici pagine di verbale. A cui, presto, si aggiungeranno le relazioni della polizia scientifica, del perito balistico, dei consulenti di parte, accusa e difesa. Sequestrati i filmati delle videocamere del distributore e dell’autogrill. Nove ore di confronto con il pm di Arezzo Luigi Gedda, un magistrato - sembra un’ovvietà, non lo è - scrupoloso e attento a ogni sfumatura. Luigi Spaccarotella ha raccontato la sua verità. Da quando, alle 9,10 di domenica 11 novembre 2007, la sua vita s’è trasformata in un incubo. Una verità che, alla fine, appare assai semplice. E’ quel che più conta, sul fronte della difesa, è che le dichiarazioni di quasi tutti i testimoni, colleghi compresi, concordano tra loro, almeno a grandi linee. La rissa, o la rapina, in apparenza, la fuga di un’auto che l’agente della Stradale decide di interrompere. A ogni costo. I colpi di pistola che partono in rapida sequenza, in aria e verso l’auto, e Gabriele Sandri colpito (accidentalmente) a morte. Il proiettile forse deviato dalla rete di metallo, dal guard rail, da un cordolo di cemento. E che cambia traiettoria. L’ipotesi sembra rafforzata dai primi risultati dell’autopsia: secondo indiscrezioni, l’ogiva recuperata sarebbe deformata, proprio come se, prima di esaurire la sua corsa nel corpo di Gabriele, avesse urtato qualcosa. In modo indiretto, dai verbali di chi era a bordo della Scenic colpita dal proiettile calibro 9 «passante attraverso il vetro della portiera posteriore», emergerebbero «sostanziali concordanze», spiega un inquirente. Dice uno degli amici che erano con Gabriele: «...Ci siamo incrociati lo sguardo con quelli della Mercedes. E’ nato uno scambio di battute, poi un rapidissimo scambio di colpi. Anche una bottigliata; ci siamo difesi con gli ombrelli e poi abbiamo inferto a uno di loro una sportellata. Uno è caduto, sembrava avesse male a un braccio, gli altri l’hanno fatto alzare e se ne sono andati via. La Mercedes, un po’ ammaccata, è partita prima. Noi uguale, abbiamo sentito le sirene e visto i lampeggianti, non abbiamo udito colpi di pistola. Gabriele s’è accasciato di botto. Subito, non capivamo niente di cos’era accaduto». Sull’altro versante, c’è l’agente che, vicino all’auto della polizia, vede lo scontro e corre verso di loro sul terrapieno. E cerca di fermarli in un modo che il prefetto Manganelli, il capo della polizia di Stato, definisce esattamente così: «Un intervento evidentemente maldestro provocato da parte di una persona che era lì per portare legalità e non certo per portare lutti e la morte tragica di un povero ragazzo». Molti della Stadale non ci stanno. «Alla fine delle indagine potrebbero esserci molte sorprese, sarebbe meglio che ci fosse una maggiore cautela, da parte di tutti - osservano i sindacalisti del Sap - dirigenti compresi». Si sentono accerchiati. Eppure, gli agenti del Distaccamento «modello» di Battifolle, hanno compiuto, negli ultimi mesi, operazioni importanti: notevoli sequestri di droga, anche la cattura di banditi reduci da una rapina a Cremona. Centinaia di arresti, nel 2007. Ad agosto, quasi un record. La punta di diamante della questura di Arezzo. Spaccarotella ha già un avvocato di fiducia. E’ un uomo distrutto, ma «deciso a respingere l’accusa di essere un assassino o una specie di Rambo. Non volevo uccidere nessuno. Dimostrerò che è stato un incidente, e sono pronto ad assumermi le mie responsabilità». Dieci anni di polizia, la volante a Palermo, encomi e note personali di altro profilo, alle spalle. Tensione altissima. Gli agenti, i colleghi del poliziotti sotto accusa, sono furibondi. Qualcuno ha diffuso i loro nomi, gli indirizzi, persino i numeri di cellulare. Si sentono assediati da una curiosità non solo mediatica. E tutt’altro che benevola.