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 2007  settembre 06 Giovedì calendario

Panama ieri e oggi. Diciotto anni fa era un paradiso dei trafficanti di droga dominato dal dittatore Manuel Noriega, un ex fantoccio degli americani sfuggito di mano

Panama ieri e oggi. Diciotto anni fa era un paradiso dei trafficanti di droga dominato dal dittatore Manuel Noriega, un ex fantoccio degli americani sfuggito di mano. Poi il presidente Bush (senior) con i suoi bombardieri fece della capitale un ammasso di rovine fumanti, deponendo Noriega al prezzo di 3 mila civili innocenti inceneriti dalle bombe Usa. Oggi è tornata la normalità nei panni di un presidente Martin Torrijos, che a sua volta è figlio di un ex dittatore-fantoccio di nome Omar Torrijos, e il Paese gode di una prosperità mai vista, dovuta anche al numero record di navi in transito dal Canale fra il Pacifico e l’Atlantico, ma soprattutto grazie al boom economico scatenato dai lavori per aprire una nuova e molto più grande via d’acqua, adatta alle super-navi di oggi. Per la prima volta nella sua storia Panama, piccolo Stato con 3,2 milioni di abitanti, si trova senza disoccupati, ha un debito pubblico che è sceso ad appena il 60% del pil (quindi è in regola con il parametro di Maastricht relativo all’indebitamento, una cosa che l’Italia si sogna con il suo 100 e passa per cento), il prodotto interno lordo cresce da un triennio in qua al ritmo dell’8% all’anno, il settore delle costruzioni registra un +17,4%, e stanno arrivando investimenti esteri a valanga in vari settori. Insomma tutto sembra andare a gonfie vele. Non c’è da giurare, però, che circoli meno droga di prima. Dopo una lunga preparazione, è stato il presidente Torrijos in persona, lunedì scorso, a far detonare la carica esplosiva che ha dato inizio ai lavori del nuovo Canale. Quindici tonnellate di tritolo hanno sbriciolato una collinetta di nome Cerro Paraiso, alta 136 metri, che d’un colpo si è trovata ridotta a meno di 50. La demolizione completa di questo ostacolo verrà a costare 41 milioni di dollari e ha rappresentato il primo appalto della mega-opera. Questo lavoro iniziale, relativamente modesto per entità e poco complicato come realizzazione, è stato dato in appannaggio alle imprese locali, ma adesso sta arrivando l’ora di appalti più appetitosi, fra cui quello relativo al complesso delle chiuse e alla costruzione di un grande bacino per il recupero dell’acqua, e tale prospettiva fa gola anche a diverse imprese europee, che dispongono di tecnologie all’avanguardia in questi campi. Complessivamente il nuovo Canale dovrebbe costare 5,2 miliardi di dollari (all’incirca 4 miliardi di euro) equivalenti a due anni e mezzo di introiti dal passaggio delle navi: le casse pubbliche di Panama prelevano infatti come diritto di passaggio un totale di 2,3 miliardi di dollari. Da qui transitano 275 milioni di tonnellate di merci annue, in rapida crescita. Il nuovo e più grande Canale permetterà il passaggio di navi fino a 366 metri di lunghezza e 49 di larghezza; questo dovrebbe succedere nel 2014, proprio in occasione del centenario dell’inaugurazione del primo Canale. Nella via d’acqua aperta nel 1914 il limite per le navi era di 75 mila tonnellate, nel 2014 si arriverà a 120 mila. Ma per Panama già si profila la concorrenza del Nicaragua. Lunedì scorso, quando Martin Torrijos ha fatto brillare le mine del Cerro Paraiso, al suo fianco si trovava il presidente nicaraguegno Daniel Ortega. Il Nicaragua intende realizzare, investendo ben 20 miliardi di dollari, un canale alternativo che sfrutterà il Lago Cocibolca per far transitare fra i due oceani navi fino a 250 mila tonnellate, che oltretutto risparmierebbero un giorno di viaggio fra la Cina e la costa atlantica degli Usa scegliendo il Nicaragua anziché Panama. Ma perché c’è bisogno di altri canali? Panama lavora a pieno ritmo facendo transitare 14 mila navi all’anno, incluse quelle, sempre più numerose, che dalla Cina portano merci verso la costa atlantica degli Stati Uniti. Però sugli oceani circolano dei cargo sempre più grandi, che da Panama non possono passare e quindi devono fare il giro del Sud America, perdendo tempo e denaro. Per la gente di Panama questa via d’acqua è stata una benedizione ma anche una maledizione. Gli americani che avevano appena costruito il Canale promossero una secessione dalla Colombia, a cui Panama apparteneva fino a quel momento, per poter disporre attorno al Canale di un Paese più piccolo e più facile da controllare. Un trattato bilaterale garantiva agli Usa diritti perpetui sulla via d’acqua e sul territorio attiguo e un’ampia facoltà d’intervento negli affari interni di Panama. Ovviamente una situazione del genere è stata fonte di attrito e di recriminazioni per decenni, cioè fino a quando il presidente americano Jimmy Carter negoziò con il generale Omar Torrijos la consegna del Canale ai panamensi. Le firme furono apposte nel 1977, il passaggio effettivo della sovranità avvenne nel 1999. Già nel 1984 ci fu il trasferimento da Panama, dove era stata fondata nel 1946, a Fort Benning (in Georgia), della famigerata «School of the Americas», dove militari statunitensi hanno formato ogni anno circa mille ufficiali latino-americani, molti dei quali non si sono poi distinti per la loro attitudine alla democrazia. Fra i laureati della School of the Americas è stato anche Manuel Noriega. Oggi la scuola esiste ancora ma ha un nome nuovo e propone anche corsi sui diritti umani. Il progetto originario del canale risale al XIX secolo ed ebbe tra i suoi promotori Ferdinand de Lesseps, costruttore del Canale di Suez. Il suo tentativo però fallì. Nel 1901 gli Stati Uniti ottennero dal governo colombiano (che comprendeva anche l’attuale Panama) l’autorizzazione per costruire e gestire il Canale per 100 anni. Nel 1903 però il governo della Colombia stracciò l’accordo. Gli Usa organizzarono allora una sommossa a Panama, che divenne una Repubblica sotto la tutela degli Stati Uniti. I lavori iniziarono nel 1907, sotto la guida del genio militare statunitense, e si conclusero il 3 agosto 1914. *** Il Trattato Hay-Bunau-Varilla è un trattato firmato da Stati Uniti e Panamá negli stati Uniti il 18 novembre 1903 (due settimane dopo la dichiarazione d’indipendenza del Panamá dalla Colombia). Il Trattato è così designato dal nome dei due funzionari che raggiunsero l’accordo: John Hay, l’allora Segretario di Stato degli Stati Uniti, e Phillipe Bunau-Varilla, Ministro Plenipotenziario per il Panamá negli Stati Uniti. Dopo la dichiarazione d’indipendenza del Panamá dalla Colombia, Phillipe Bunau-Varilla si recò a Washington D.C. ed a New York per negoziare i termini economici della costruzione di un canale attraverso l’istmo di Panamá ed i termini di vendita di quella che sarebbe poi stata indicata come la Zona del Canale. Le trattative furono condotte con alcuni funzionari statunitensi, principalmente il Segretario di Stato John Hay. Quando l’accordo fu raggiunto, venne siglato con il Trattato Hay-Bunau-Varilla, che non fu però firmato da nessun cittadino panamense, sebbene Bunau Varilla fosse presente in qualità di Ministro. (wikipedia)