Varie, 24 agosto 2007
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COCO David Catania 25 ottobre 1970. Attore • « stato il protagonista di Eravamo solo Mille nel ruolo dell’intellettualino pacifista che finisce con Garibaldi per amore della bella di turno
COCO David Catania 25 ottobre 1970. Attore • « stato il protagonista di Eravamo solo Mille nel ruolo dell’intellettualino pacifista che finisce con Garibaldi per amore della bella di turno. stato Bernardo Provenzano ne L’ultimo dei corleonesi, film-tv sul clan mafioso più sanguinario della nostra storia, e il commissario Ninni Cassarà in Giovanni Falcone, fiction di grande accuratezza con Massimo Dapporto [...] in Un caso di coscienza [...] un pubblico ministero rigido e duro nelle scelte, antagonista e poi alleato dell’avvocato Sebastiano Somma [...] siciliano di Acireale [...] vive a Roma, non ha moglie né figli, ha pelle e mani che tradiscono una lontana origine saracena e non è animato da sacro fuoco pur avviandosi a essere un attore di successo. Parla con pacatezza, detesta le iperboli, minimizza, non sgomita per arrivare alla popolarità: un’anomalia. ”Da ragazzino volevo fare il medico. Ho cominciato a recitare per caso, spinto da un compagno di liceo. Era un mondo che non conoscevo. Mi ha appassionato. Forse perché sono molto timido e l’alibi della quarta parete mi aiuta a tirar fuori le emozioni”. Molto teatro, prima in compagnia con lo Stabile di Catania, poi in giro con Fo, Albertazzi, Cobelli, Maccarinelli, Pressburger, David Coco è arrivato alla tv passando per il cinema, un percorso inverso a quello della maggioranza dei suoi colleghi. Un premio alla Mostra di Venezia nel 2003 per Segreti di stato di Paolo Benvenuti, analisi politico-processuale sul caso di Salvatore Giuliano; lodi per il suo Pio La Torre nel film di Scimeca su Placido Rizzotto, il sindacalista fatto fuori dalla mafia; e, in estate, ottime critiche per il ruolo di Leonardo Vitale in L’uomo di vetro di Stefano Incerti, il film che più l’ha coinvolto non foss’altro perché ne è il protagonista assoluto. ”Se posso scelgo storie che approfondiscono situazioni note solo superficialmente. La storia di Vitale è interessante perché, molto prima di Buscetta, raccontò ciò che sapeva della mafia senza esser creduto, anzi finendo in manicomio. Agì senza chiedere niente in cambio, per scrupolo di coscienza, per orrore verso i crimini commessi [...] Il cinema italiano di oggi è vivissimo. Quello che non funziona è la distribuzione. Le pellicole più impegnate vengono punite [...] Si impara da ogni regista, anche da quelli con cui non si va d’accordo. Molto mi ha colpito, anni fa, durante un seminario alla scuola di San Miniato di Firenze, il modo di lavorare degli inglesi, i più bravi attori di teatro nel mondo. Mai che perdessero la calma, mai che scoraggiassero uno di noi. Ci lasciavano recitare invitandoci ogni volta a fare un po’ di più, ma tirandocelo da dentro, questo di più necessario [...] In una commemorazione per la morte di Borsellino su Second Life ho dato la mia voce al giudice Caponnetto leggendo I giorni di Giuda una sorta di definizione di Cosa Nostra [...]”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 24/8/2007).