Margherita De Bac, Corriere della Sera 3/7/2007, 3 luglio 2007
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ROMA – Che l’Italia fosse un Paese con le culle vuote, cioè con un tasso di fertilità tra i più bassi d’Europa, si sapeva
ROMA – Che l’Italia fosse un Paese con le culle vuote, cioè con un tasso di fertilità tra i più bassi d’Europa, si sapeva. Era solo un sospetto invece che al conseguimento di questo primato negativo potessero contribuire, in proiezione, i bambini in provetta, nati con tecniche di fecondazione artificiale limitate dalla legge di tre anni fa. I dati della relazione consegnata ieri al Parlamento dal ministro Livia Turco parlano chiaro. Le nascite dal 2003 al 2005 sono diminuite di circa mille bebè. Ma non sono solo queste le conseguenze dei divieti introdotti dal precedente governo Berlusconi. L’impossibilità di congelare embrioni e l’obbligo di fecondare non più di tre ovociti (le cellule riproduttive femminili) per volta hanno determinato l’aumento degli aborti spontanei da un lato (3%) e di parti plurigemellari dall’altro (2%). Le gravidanze ottenute con metodiche di procreazione assistita sono calate del 3,6% ed è molto probabile (anche se non è stato possibile quantificare questo dettaglio) che a veder naufragare le loro attese di maternità siano state soprattutto le donne oltre i 35 anni, età oltre la quale la sterilità è più difficilmente curabile. Deludenti gli esiti del congelamento di ovociti, che potrebbe diventare un’alternativa praticabile dal punto di vista etico. definita «sperimentale e in molti centri non praticata perché troppo costosa rispetto alle probabilità di riuscita». Sono i primi dati ufficiali raccolti dal registro dell’Istituto superiore di sanità. Censita l’attività di 169 centri su oltre 300, quindi non tutti ma di sicuro i principali. L’obbligo di denuncia di cicli e risultati è uno degli aspetti positivi del nuovo sistema. Non si può più parlare di «far west». Nella sua relazione Livia Turco «auspica che si continui a riflettere con grande rigore e sobrietà sulla legge a partire dagli esiti delle tecniche. Il fine è di assicurare alle coppie la migliore efficacia e sicurezza per garantire l’applicazione dei principi di quelle norme, vale a dire tutela della salute della donna e degli embrioni ». Il ministro dunque sottolinea l’impegno a non discostarsi dai valori cattolici (la difesa della vita a partire dall’inizio, il concepimento) ma invita a non perdere di vista le pazienti che sono danneggiate dalle restrizioni tecniche non solo sul piano dei successi, ma anche su quello dello stress fisico. L’impossibilità di congelare embrioni le sottopone, in caso di mancata fecondazione, a ripetere più volte cure di stimolazione ormonale. Ma l’auspicio della Turco sembra destinato a cadere nel vuoto. Nel programma elettorale dell’Ulivo non c’è accenno alla legge e i limiti attuali non possono essere scavalcati da eventuali modifiche delle linee guide su cui sta lavorando, per un parere, il Consiglio superiore di sanità. Il lavoro sarà completato il 20 luglio, di nuovo potrebbe esserci solo la apertura alle tecniche ai pazienti con Aids, attualmente esclusi. Poi la parola definitiva al ministero. I bandi italiani hanno alimentato il mercato straniero. Le coppie che vanno all’estero per avere figli sono quadruplicate secondo l’Osservatorio del turismo procreativo, mete prescelte Spagna, Svizzera, Belgio, Londra. Nuove frontiere Salonicco, in Grecia, o la Turchia. Qui mamme e papà che cercano bambini e hanno soldi per non rinunciare al sogno pagano per fare l’eterologa (fecondazione con spermatozoi od ovociti donati da altri), per poter effettuare la diagnosi preimpianto dell’embrione e sapere se è portatore delle loro stesse malattie genetiche, per poter congelare gli embrioni in eccesso. «L’età delle pazienti – scrive la Turco – è sempre più elevata, ne deriva la necessità di prevenire la sterilità e di fare informazione ». Margherita De Bac