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 2007  maggio 23 Mercoledì calendario

MONETA CAGLIO Anna Maria Milano 25 luglio 1929 • «[...] discendente di una nobile famiglia che fu titolare della Zecca di Milano (da qui il nome Moneta) [

MONETA CAGLIO Anna Maria Milano 25 luglio 1929 • «[...] discendente di una nobile famiglia che fu titolare della Zecca di Milano (da qui il nome Moneta) [...] Il suo nome è - e rimarrà - legato per sempre a quello di un’altra donna: Wilma Montesi, trovata morta annegata a pochi metri dalla riva, la mattina dell’11 aprile 1953 a Tor Vaianica. Aveva 21 anni. [...] Per il delitto Montesi, a Venezia, si aprì il ”processo del secolo”, era il 21 gennaio 1957. E lei ne fu la regina, più volte applaudita a scena aperta dal pubblico. Il Cigno Nero era la ”supertestimone”, la ragazza che con le sue rivelazioni, ingenue e fantasiose, puntava il dito su degli insospettabili: il marchese Ugo Montagna (’con cui all’epoca ero fidanzata”) e il musicista Piero Piccioni, figlio di Attilio, potente ministro degli Esteri democristiano, dimessosi per i venefici effetti di quel putiferio. Alla fine vennero tutti assolti. Lei, invece, anni dopo, condannata per calunnia. [...] frugando nei cassetti dei ricordi [...] ha ritrovato un biglietto: è il frontespizio di un libro, Condotta di Paese, che lei stessa d’impulso strappò via, presentendo che sarebbe servito. C’è una data: ”6 ottobre 1953”. E una dedica affettuosa: ”Al marchese Ugo Montagna con sentita amicizia e per ricordo”. Infine la firma, secondo lei ancor più probante: ”G. Guido Loschiavo”, cioè Giuseppe Guido Loschiavo, procuratore generale della Cassazione, che nel ”66 confermò la sua condanna, chiudendo definitivamente il caso Montesi. Ecco perché [...] insieme con sua figlia Alessandra, avvocato penalista, ha presentato ricorso al ministro di Grazia e Giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione per chiedere la riforma di quella sentenza che la condannò a 2 anni e 6 mesi. ”Il verdetto fu confermato dalla Cassazione dell’epoca - dice Anna Maria - Ma il 6 ottobre ”53, lo stesso giorno, cioè, in cui uscì la rivista Attualità con il titolo a caratteri cubitali La verità sulla morte di Wilma Montesi, io ero a casa di Montagna, in via Gennargentu. E arrivò Loschiavo con il libro in dono. Poi, quando quell’uomo se ne andò, Ugo mi disse: Guarda quanto sono potente... Ma io non sapevo che fosse un giudice di Cassazione. Lo venni a sapere solo quando fui condannata. Montagna e Loschiavo erano amici, capito? Il dettaglio non mi pare trascurabile... [...] Io, però, non ho mai accusato Montagna e Piccioni di omicidio. E non ho mai pensato neppure mai di calunniarli [...] Solo raccontai ai giudici quel che mi disse Montagna a Capocotta, nei giorni dopo il ritrovamento del corpo di Wilma. Ugo si sfogava contro Piccioni, mi diceva che era un debosciato, che ne aveva combinata una grossa e che doveva difenderlo. [...]” [...] Quel che accadde in quei giorni a Tor Vaianica nessuno forse lo saprà mai. Di sicuro la ragazza non annegò per un pediluvio, come voleva far credere all’inizio la polizia. Peccato, perché i protagonisti di allora sono morti: Piccioni, Montagna, Loschiavo, Amintore Fanfani che allora era ministro dell’Interno e sulla morte di Wilma ordinò un’inchiesta. [...] Fu Camilla Cederna a ribattezzarla [...] il Cigno Nero, per via di quel collo da mannequin, quando scoppiò lo scandalo e tutti i giornali parlavano di lei, delle sue giacche di lince sfoggiate all’Open Gate e nei locali alla moda della Roma notturna Anni 50 [...]» (Fabrizio Caccia, ”Corriere della Sera” 27/3/2010).