Varie, 2 aprile 2007
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Djokovic Novak
• Belgrado (Serbia) 22 maggio 1987. Tennista. Nel 2008 ha vinto gli Australian Open, nel 2011 Australian Open, Wimbledon e Us Open • «[...] Non l’avevo mai visto in campo, il giovanotto, e chiesi a Piatti che tipo di tennista fosse. “Sa fare tutto, magari ha più ritmo sul rovescio bimane, ma spinge molto col destro. Batte regolare e profondo, deve trovare un po’ più di piazzamento a rete, un po’ più di sicurezza sulle volèe. Ma ha grande istinto, grande temperamento. È un vincente”. Continuò, Riccardo, a dirmi che, con Djokovic, erano in corso trattative. Un mese più tardi, mi informò che il dialogo si era arenato, per ragioni che non è il caso di rivelare. Ma, nonostante l’interruzione, Piatti ribadì che era soltanto questione di tempo: il suo Slam, Djokovic, l’avrebbe realizzato. A questo pensai [...] a New York, come vidi Novak inciampare in cinque set point nel primo set contro Roger Federer. Federer, sappiamo tutti, viene da un’altro pianeta, ma il serbo gli aveva non solo tenuto testa, ma era giunto addirittura, in qualche occasione, a metterlo alle corde. [...]» (Gianni Clerici, “la Repubblica” 28/1/2008) • «[...] Il padre gestisce un ristorante sui monti, a Kopaonik, che dalle parti di Belgrado è come dire Cortina. Specialità, pizza. Se l’ereditarietà ha un senso, il vincitore degli Australian Open, il primo serbo a firmare uno Slam del tennis, è il giocatore più simile a una capricciosa che si conosca. Lo si potrebbe definire anche in altri modi, e certo il versante gastronomico si presta a fornire nuovi, ideali supporti. Nole Djokovic è come un frappè. Una maionese. Una fricassea. Nole è tanti ingredienti in uno, ma centrifugati alla perfezione, amalgamati da uno chef straordinario che ne ha tratto una composizione ardita, eppure unica, forse irripetibile. È raro guardare un campione del tennis, per sua stessa natura un esemplare esclusivo, e cogliere in esso caratteri appartenuti ad altri primi attori, finanche lontani nel tempo, tali da escludere che Djokovic possa averli conosciuti e frequentati. Lui, s’è detto più di una volta, è certo un eccellente imitatore, uno Zelig tennista che assorbe i caratteri dei colleghi, e quando ne ha voglia si sollazza nel riprodurli in stravaganti siparietti. Ma come abbia fatto Nole a impossessarsi della gommosa elasticità di un Milo Mecir, e da dove gli siano venuti la corsa leggera di un Wilander, l’allungo sul dritto a colpire la palla quasi con uno schiaffo che faceva impazzire gli avversari di Lendl, e l’istintiva capacità di cambiare il tracciato di un partita che fu l’arma prediletta di un Rios, davvero resta un mistero. Il segreto nascosto dietro una ricetta perfetta. [...]» (Daniele Azzolini, “Il Messaggero” 28/1/2008).