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 2007  marzo 28 Mercoledì calendario

Tilson Joe

• Londra (Gran Bretagna) 24 agosto 1928. Pittore • «[...] Pur avendo un linguaggio personale e un’impronta riconoscibilissima [...] è un artista che ne ricorda sempre altri. Ciò non vuol dire che egli abbia debiti a destra o a manca (o crediti), ma che il suo linguaggio è così immediatamente comprensivo e leggibile da dare l’idea che lo si conosca già. Certo, sono solo sensazioni, perché al momento dei confronti ci si rende conto che le differenze superano di gran lunga le affinità. [...] Ironia, misticismo e gioco, resi con ”forme-segnali” che lo hanno sempre salvato dalla retorica (anche quando era un artista pop): miti preclassici, storie e leggende degli indiani d’America e fiabe e sogni degli aborigeni d’Australia. Ma la Pop art, è stato detto, non è forse anche fiaba e leggenda? Da qui, l’avventura di un artista che affronta, con sensibilità moderna, modelli classici per riscriverli. Occhi antichi per la civiltà contemporanea o occhi contemporanei per civiltà antiche? Sicuramente entrambi. Non si dimentichi, infatti, la formazione di Tilson. Prima degli studi regolari (Royal college of art), Tilson lavora come apprendista falegname. Seguono gli anni della Pop art inglese (che volerà negli Usa per rientrare in Europa) e comincia a lavorare con le immagini dei mass media. Successivamente adopera il legno. Vuole recuperare gli elementi primordiali (titolo di questa mostra) e ricreare, con segni e simboli di culture arcaiche, un qualcosa (dimensione) in cui mito e magia si amalgamino sino a diventare tutt’uno. Domina l’alchimia riferita, appunto, ai quattro elementi-base, a stagioni, punti cardinali, fasi lunari, labirinti, scale, enigmi, giochi, segni, parole. Il risultato? Una sorta di abbecedario fantastico, in cui gran parte ha la componente dadaista, a proposito della quale, in catalogo, uno dei curatori ricorda una ricetta scandita all’interno del movimento di Breton. Ricetta che, anche se nata per un componimento in versi, ben si adatta alla poetica di Tilson: ”Prendere un giornale, un paio di forbici, scegliere un articolo della lunghezza desiderata per la poesia, ritagliare l’articolo e ritagliare con cura ogni parola. Mettere le parole in un sacchetto. Agitare dolcemente. Estrarre le parole una dopo l’altra e disporle nell’ordine di estrazione. Copiatele coscienziosamente. La poesia vi somiglierà”. Un gioco. Affidato al caso e, nel caso di Tilson, a legno, argilla, uso di caratteri greci, griglie da cruciverba, cui naturalmente aggiunge pigmenti di terra, foglie d’oro e d’argento, colore e colori. Tilson ricorda altri artisti, s’è detto. Per talune composizioni (sculture e dipinti), il nostro Lucio Del Pezzo, per esempio. Le Crete senesi, invece, fanno venire in mente i Paesaggi senesi di Zoran Music. L’artista inglese, che ha anche una casa in Toscana, spiega che il loro nome viene dalle colline intorno a Siena che si vedono dalla via Lauretana che porta ad Asciano, dalla ”strada sterrata che continua verso San Vito e Monte a Castello” e dall’altra, a sud, che porta verso San Quirico, Radicofani e l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore. Colline tutte, precisa, ”che figurano nei dipinti del Sassetta, di Giovanni di Paolo, di Simone Martini e del Lorenzetti del Palazzo Pubblico di Siena”, divise, a valle, da fiumi Merse, Arbia, Orcia e Ombrone. ”I nomi delle opere sono prese da questi fiumi e dai luoghi” che mostrano i colori dei pigmenti della terra, usati per secoli e ancor oggi dai pittori: gli ossidi di ferro che danno il giallo ocra, l’oro, il marrone, il rosso, e i colori terra di Siena e Siena bruciata”» (Sebastiano Grasso, ”Corriere della Sera” 20/5/2007).