Varie, 14 febbraio 2007
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CAPRIO Amarilli Padova 19 giugno 1980. Terrorista delle Brigate Rosse. Unica donna tra quelli arrestati il 12 febbraio 2007, nel 2009 fu condannata a tre anni e sei mesi (secondo l’accusa lei e altri tre ricoprivano il ruolo di infiltrarsi e far propaganda nelle fabbriche e nelle scuole, e di fornire supporto – sia lo gistico sia tecnico – per le esercitazioni con le armi da fuoco) • «Come stai mamma? Tutto bene? Anch’io qui tutto bene
CAPRIO Amarilli Padova 19 giugno 1980. Terrorista delle Brigate Rosse. Unica donna tra quelli arrestati il 12 febbraio 2007, nel 2009 fu condannata a tre anni e sei mesi (secondo l’accusa lei e altri tre ricoprivano il ruolo di infiltrarsi e far propaganda nelle fabbriche e nelle scuole, e di fornire supporto – sia lo gistico sia tecnico – per le esercitazioni con le armi da fuoco) • «Come stai mamma? Tutto bene? Anch’io qui tutto bene. Certo, anche lo studio». affettuosa, premurosa, si sente il legame che le unisce nelle intercettazioni delle telefonate di Amarilli Caprio con la madre Maria, che vive a Padova in un quartiere che un tempo chiamavano ”città giardino”, edilizia garbata non lontano dai giardini di Prato della Valle e dalla piazza del Santo. Ma quelle telefonate stanno fuori dall’inchiesta. Servono soltanto a scrutare l’altra vita, quella non eversiva, quella lineare e molto riservata, della dipendente e sindacalista di Tnt Traco e studentessa alla facoltà di Scienze Politiche alla Statale di Milano. Unica donna fra i quindici arrestati per banda armata e associazione sovversiva. Amarilli, studentessa e poi al lavoro alla Traco padovana, cresce qui respirando il clima politico del centro sociale Gramigna, già frequentato da altri del gruppo cui si avvicina sempre più. Quando lascia casa, prende la residenza in via Varese, quartiere popolare tranquillo e dal profilo di dignità. [...] Sulla scala esterna, a elle, ci sono scritte rivoluzionarie, vicino all’ingresso, saliti i gradini, un manifesto ordina: ”Libérez Georges Abdallah”. C’è una stella a cinque punte. Un drappo rosso avverte che è la sede del Centro Culturale N. Pasian. Continuano a incrociarsi vita privata, anagrafica, e sentiero politico di Amarilli. E proseguono in via Volturno 23. Una porta con tre citofoni, tre alloggi su tre piani, come a casa di sua madre Maria. Qui la giovane donna elegge domicilio. Chi invece ha la residenza è Davide Bortolato, uno dei quattro leader nazionali con Davanzo, Latino e Sisi. Ma via Volturno è qualcosa di più di un alloggio con un eventuale ospite. Dagli atti della Digos viene fuori che qui, come la Caprio, è domiciliato Massimiliano Toschi, lo è Alfredo Mazzamauro (che di lei sarà poi compagno di studi alla Statale di Milano). Toschi praticamente vive qui, gli altri vanno e vengono molto spesso da queste stanze al piano terreno. [...] E la ragazza? ”Gentile, di poche parole, corretta, vestita sportiva ma senza trasandatezze, pronta a ricambiare un saluto o un sorriso”. Lì ci si incontra, si mangia o si dorme, ma lì si discute di politica, di quell’ideologia accresciuta negli anni. Intanto da Padova Amarilli viene trasferita alla Traco di Milano. Anche lì è sindacalista, sciopera per i precari, si batte per un contratto integrativo, interviene sui sistemi di videosorveglianza. E si iscrive all’Università, facoltà di Scienze Politiche. Secondo gli inquirenti nell’organizzazione dove ci sono compiti diversi lei è una ”partecipante”, non ha ruolo di spicco, però, aggiungono alla Digos, ”in queste strutture c’è una formazione aperta e una clandestina, quella parte si integra con l’ambiente intorno”. Il che fa loro pensare che l’Università sia più un luogo di incontri, di possibili proseliti che di studio per lo studio. La Caprio non muta residenza, ma il domicilio sì. Alla via Volturno dove si incontravano per discutere si sostituisce via Guglielmo Pepe a Milano, la stessa via da dove è partita tutta l’’Operazione tramonto”, ispirata dal ritrovamento di un foglio della loro pubblicazione ”L’Aurora”. Com’è la studentessa milanese? Un compagno di corsi: ”La vedevi sempre studiare, leggere, testa china nell’aula al piano terreno di via Conservatorio 7. Due piani più sopra c’è lo studio del professor Pietro Ichino”. Non scambiava volentieri due parole? magari su temi politici? ”No, niente affatto. Il massimo era rispondere al tipico saluto, quando uno entra o esce, fatto per educazione con un cenno della mano. Stava molto sulle sue, nessuna confidenza, per niente appariscente anche nel vestire”. L’ultima delusione per la studentessa e per il suo compagno di università e ora di carcere Alfredo Mazzamauro (uno di via Volturno) è del 18 gennaio, resa nota il 6 febbraio: la bocciatura di lui all’esame di Scienza politica. Dopo la delusione la sorpresa, l’indagine partita da via Pepe, tre anni di intercettazioni, pedinamenti, le Digos del Nord al lavoro. Rimangono oltre 170 pagine di ordinanza con quindici arresti e lo stupore che fa riscoprire quella vita normale e affettuosa» (Marco Neirotti, ”La Stampa” 14/2/2007).