Varie, 24 gennaio 2007
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Bazzi Rosa
• Erba (Como) 12 settembre 1963. Colf. Condannata all’ergastolo in tutti e tre i gradi di giudizio (26 novembre 2008, 20 aprile 2010, 3 maggio 2011) col marito Olindo Romano per la strage di Erba dell’11 novembre 2006 in cui furono uccisi la vicina Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la nonna Paola Galli e un’altra vicina, Valeria Cherubini • È cresciuta a San Maurizio, ora quartiere inurbato a Erba. Giusi Di Lauro: «Qui tutto è appena ristrutturato, le facciate hanno l’intonaco fresco, anche la chiesa è bianca panna, gli ori del portale sono brillanti, le persiane sono chiuse. Soprattutto quella della casa dove è cresciuta la Rosi, un piano terra dentro una corte, dove adesso vivono la madre, il vecchio padre malato, e una delle sorelle, l’Aquilina, “quella separata”. La primogenita, Guglielmina vive a Como, è in pensione, sposata e ha due figli. C’era un fratello, il terzogenito, ma è morto in un incidente, nessuno specifica di che tipo, il suo nome si è dissolto con lui. Ultima la Rosy, la più giovane». Mamma Lisa: «Ha sposato un poco di buono, perché anche lei era così, una persona piena di veleno» • «Lei è minuta. Ancor più piccina quando è accanto a lui, gli occhioni dolci, il sorriso buono, i passettini veloci che la portano a chiudersi nel suo mondo preferito, che è la lavanderia, oppure l’appartamento dove tutto è in ordine, tutto candido, tutto al posto giusto, e per non sporcare chi entra si deve infilare i calzettoni di lana o le ciabatte comprate apposta al mercato del giovedì» • Lontano da casa, Rosi diventava un’altra. Fastidiosa, pettegola, insistente. La chiamavano “la zanzara”, oppure “il carrarmato”, o anche “isterichina”. Feceva la colf «come nessun altra». Avrebbe tanto voluto un bambino. Ma non riusciva, o non poteva. Qualche anno fa aveva abortito. Forse ci aveva riprovato. Niente. Era il suo cruccio. Marco Imarisio: «Gli amici non servivano. I coniugi Romano avevano fatto una scelta obbligata, quella di una solitudine condivisa e riempita solo dall’ossessivo attaccamento alla casa. Stavano ancora pagando il mutuo, avevano comprato un divano a rate, scadenza nel settembre 2007. Avevano una televisione al plasma che vedevano soltanto al pomeriggio. Avevano un camper così pulito da sembrare fresco di concessionaria, che usavano solo per brevi gite in Brianza, così non si consumava, e pulivano ogni giorno. “Come fosse il loro bambino”» • I settantacinque metri quadrati al pianterreno della corte di via Diaz, lato sinistro, scala A, erano un fortilizio dentro al quale la vita doveva scorrere ordinata, scandita da tempi e ritmi sempre uguali, senza sorprese, senza il caos del mondo fuori. Imarisio: «Rosa Bazzi in Romano, brianzola nell’anima, operosa e puntuale, ha difeso il suo territorio che sentiva minacciato dal diverso da sé, dall’arrivo di una coppia e di uno stile di vita che era l’opposto del suo, che la faceva stare male, le rovesciava abitudini costruite con rigore calvinista» • La vicina si chiamava Raffaella Castagna. Gabriele Romagnoli. «I Romano e i Castagna reinterpretano un copione tragicamente ordinario. Due mondi sono costretti a vivere uno di fianco all’altro. Non si piacciono e non si rispettano. I Romano hanno origini più umili e fanno lavori più umili. Ai Castagna invidiano il successo economico. Che almeno se lo godessero lontano da loro, in una villetta singola e inaccessibile. Eccoli lì, invece, al piano di sopra. E la figlia Raffaella ha una colpa ulteriore: aver buttato via il proprio status di principessina del mobile, sprecato una dote che Angela Bazzi si sarebbe giocata ben diversamente, sposando un extracomunitario “poco di buono”. Facendoci un figlio, che gioca o piange disturbando la quiete di loro due che figli non ne hanno avuti e vivranno il resto della vita in coppia, loro due e amen, con i lavori di pulizia, i desideri senza più oggetto, la delusione da trasformare in rabbia per poterla dirigere all’esterno» • Un gioielliere di Erba amico d’infanzia della Castagna: «La vicina ha cominciato subito a romperle le scatole. Se eravamo a cena da Raffa, lei ci scongiurava di non trascinare le sedie, di parlare piano, persino di non ridere troppo per non dar fastidio. Ma non c’era verso. Prima o poi arrivava la citofonata di quella lì. O si presentava su come una furia. Insulti. Roba pesante. Urlava come una pazza. Un delirio. In qualche modo conosceva i punti deboli di Raffa e se ne approfittava. Noi ci arrabbiavamo. Rispondile a tono, le dicevamo, ma lei non ne aveva il coraggio. Troppo mite, troppo educata. Spesso Raffa veniva qui e si sfogava: non so più che fare. Una volta han gridato al bambino figlio di puttana. Se lasciava il passeggino in cortile, quella glielo rovesciava o lo prendeva a calci. Un rumore, uno solo, e telefonava alla mamma di Raffa in piena notte maledicendo sua figlia. Quando Raffa si è sposata, ed è arrivato Azouz, le cose sono peggiorate. Lui non lo potevano proprio sopportare e odiavano anche il bambino. Non so quante denunce abbia fatto Raffa, quante botte e spintoni abbia preso» • Da tempo i Romano avevano deciso di porre fine alla questione. Emilio Randacio: «L’inizio ha una data. Siamo alla fine di ottobre quando un ufficiale giudiziario di Erba deposita la citazione a giudizio per i coniugi Romano. Il 13 dicembre è fissata la prima udienza davanti al giudice di pace in cui lei, la Rosi, e il marito, l’Olindo, si devono presentare per rispondere delle accuse di “ingiurie, minacce e lesioni semplici”. Parti lese Raffaella Castagna e la madre, Paola Galli». La Bazzi: «Da quel giorno abbiamo iniziato a pensarci. A pensare che lei, la Raffaella, doveva pagarcela. Ci avevamo già provato due volte prima dell’11 dicembre scorso» • Per giorni, gli insospettabili signori Romano, dalle finestre che danno sul cortile del cascinale ristrutturato, avevano studiato gli orari di Raffaella. L’11 dicembre 2006 avevano aspettato i nemici con le luci spente. Paolo Colonnello: «Quando li hanno visti passare, rumorosi e allegri come al solito, hanno contato i minuti. Poi sono saliti silenziosi al piano di sopra, sapendo che la porta delle scale sul cortile non chiudeva e hanno atteso nella penombra sul pianerottolo. Lei in tuta e pantofole. Lui con i jeans e le scarpe. La Rosy con in mano un coltellino, Olly con una spranga e un coltellaccio. Tutti e due con dei guanti di lattice alle mani». Su come sono entrati in casa ci sono varie versioni. Fatto sta che appena la Castagna ha aperto la porta se li è trovati di fronte. Enrico Bonerandi: «L’uomo le vibra un colpo tremendo con il martelletto, usato come una spranga, diritto sulla faccia. Rosi le si avventa addosso, e la colpisce con il coltello. Una, due, dodici volte. Con tutta la forza che ha in corpo». Poi toccherà alla mamma Paola Galli, al piccolo Youssef, 2 anni, sgozzato dalla Bazzi perché «strillava come un matto», ai vicini Valeria Cherubini e Mario Frigerio, dato per morto e invece miracolosamente sopravvissuto per un’anomalia della trachea.