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 2006  agosto 19 Sabato calendario

Anno III - Centotrentaduesima settimanaDal 12 al 19 agosto 2006Pakistani Muhammad Saleem, 55 anni, un pakistano operaio e piccolo imprenditore a Brescia, ha convocato a casa la figlia Hina, 21 anni, dicendole che era arrivato un parente, e qui l’ha sgozzata facendosi aiutare da due cognati, Muhammad Tariq e Mahmood Zaid

Anno III - Centotrentaduesima settimana
Dal 12 al 19 agosto 2006

Pakistani Muhammad Saleem, 55 anni, un pakistano operaio e piccolo imprenditore a Brescia, ha convocato a casa la figlia Hina, 21 anni, dicendole che era arrivato un parente, e qui l’ha sgozzata facendosi aiutare da due cognati, Muhammad Tariq e Mahmood Zaid. I tre hanno sepolto Hina nel giardino di casa con la testa girata verso la Mecca. Ma il fidanzato di Hina, il carpentiere Beppe Tempini, ne ha denunciato subito la scomparsa e questo ha scatenato le indagini in mezzo alla comunità pakistana di Brescia (novemila persone) e indotto i capi della comunità a rinunciare a ogni forma di protezione o aiuto. A due dei tre assassini che non avevano ancora varcato il confine per tornare in patria (il padre e lo zio Tariq), la comunità ha imposto di consegnarsi per non avere altri guai. Al momento dell’arresto il padre Muhammad ha detto: "Non volevo che diventasse come le ragazze di qui. Le avevo chiesto di cambiare vita, ma lei non voleva". Il padre le aveva trovato uno sposo pakistano, Hina viveva già da cinque mesi con Tempini.

Hina Tempini ha 32 anni e un matrimonio fallito alle spalle. Hina lavoravava come cameriera nel bar pizzeria Antica India. Girava in jeans, magliettina con l’ombelico di fuori, infradito. Era nata in Pakistan, ma parlava italiano perfettamente. Voleva essere italiana. Tre anni fa era scappata di casa e quando era stata ritrovata aveva raccontato ai carabinieri che il padre la accusava di far troppo la cristiana. "Mi ha anche messo le mani addosso. Io gli dicevo: cosa stai facendo? Sono tua figlia, lo dico alla mamma. E lui: la mamma lo sa già". La mamma, Bushra Begum, è prima scappata in Pakistan con tutta la famiglia poi, domenica sera, ha fatto sapere che rientrerà e si costituirà contro il marito.

Problemi Anche il governo italiano vuole costituirsi parte civile contro papà Saleem, mossa piena di significati, il più importante dei quali è che questo delitto tocca tutta la comunità degli italiani. L’assassinio di Hina ha infatti aperto un milione di questioni. Una prima riguarda il conflitto – fino ad ora a noi invisibile – tra la prima e la seconda generazione di immigrati. Una seconda è relativa alla cittadinanza, che Saleem aveva chiesto e che avrebbe ottenuto (sta in Italia dal 90): la cittadinanza può essere concessa a chi non ha nessuna intenzione di integrarsi, di accettare un minimo gli usi e i costumi della comunità ospite? Terzo: commentatori di larghe vedute si sono affrettati a dire che anche da noi ci sono padri assassini di figlie e che abbiamo abolito il delitto d’onore solo nell’81, eccetera eccetera. un modo facile per sfuggire al problema "chi siamo noi" e "chi sono loro". Hina è stata ammazzata non solo dal padre, ma dall’intera sua famiglia, alla fine di un processo di cui non conosciamo i verbali ma che, dati i comportamenti emersi, non può non esserci stato. La sentenza di morte pronunciata dalla famiglia si basa sul concetto che la fornicazione fuori dal matrimonio (zina) è punita con 80 frustate secondo la sharia, con la lapidazione secondo la sunna. In Pakistan (e in India e ovunque in quel mondo), morti come quelle di Hina sono all’ordine del giorno. Sta nel nostro modo di essere, nel nostro principio di tolleranza, cercare di capire anche il punto di vista del padre assassino. E questo è giusto, è anzi la differenza essenziale che c’è tra noi e loro. Ma, nonostante la storia che abbiamo alle spalle (anzi: grazie ad essa) va pure ammesso che oggi la società occidentale, la società che loro chiamano "dei cristiani" si è evoluta abbastanza per poter affermare: non abbiamo niente a che vedere con tutto questo.

Immigrati La corvetta Minerva, avvistato a nove miglia a sud di Lampedusa un barcone di una decina di metri con a bordo 120 disperati, è andata a soccorrerlo e, per via di una manovra sbagliata, l’ha urtato, l’ha rovesciato e ha provocato senza volerlo la morte di 50 persone. Sembra che tutti i clandestini si fossero spostati su un lato della barca, protendendo le braccia verso gli italiani salvatori e che questo abbia sbilanciato la barca e contribuito al ribaltamento. Erano le tre di notte, il buio era totale. Gli immigrati erano partiti da Al Zuwara, in Libia, ma venivano dal Maghreb, dalla Somalia, dall’Eritrea. Quarantotto ore dopo altro incidente con una ventina di morti: un gommone pieno di gente avvistato nel primo pomeriggio di domenica dal peschereccio Cleos a 60 miglia da Lampedusa. Quelli del Cleos raccolgono una decina di naufraghi e si sentono raccontare che erano partiti in trenta. Dagli elicotteri di soccorso si vedono poi i corpi galleggiare sull’acqua. Il governo s’è difeso dall’accusa di aver provocato un aumento degli sbarchi con la sua politica lassista sostenendo che la colpa è di Zapatero, che avrebbe blindato la sua frontiera di mare dirottando tutti dalle nostre parti. Non è vero, perché proprio sabato 19 c’è stato uno sbarco di altri disperati alle Canarie. Il ministro Amato pensa che il problema debba essere risolto a livello europeo e ha delegato a Bruxelles la soluzione. Intanto l’anno scorso arrivarono sulle nostre coste 22 mila disperati in tutto, e quest’anno, nei primi sei mesi, siamo già a 13 mila.

Israele La situazione in Libano va letta alla luce di questo concetto: Israele ha perso la guera. Israele ha attaccato per via dei soldati rapiti e credeva di disarmare gli hezbollah, o almeno di prendere il controllo della situazione, in poco tempo. Dopo trenta giorni era più o meno al punto di partenza, mentre gli hezbollah e il loro leader Nasrallah, che fino a quel momento erano una delle tante realtà fondamentaliste del mondo musulmano e non particolarmente degne di nota, erano diventati, per le masse islamiche, gli eroi della resistenza all’aggressione occidentale. Incrinato pure il mito dell’invincibilità militare degli israeliani, dato i tre soldati rapiti, pretesto dell’attacco, non sono ancora tornati a casa.

Onu In questo quadro, la risoluzione 1701, votata finalmente dall’Onu, e che prevede l’arrivo in Libano di una forza internazionale di pace di 15 mila uomini, è stata prima di tutto un favore a Israele. La risoluzione prevede il cessate il fuoco e che Israele retroceda man mano che sbarca la forza Onu. Del disarmo degli hezbollah non si parla (altro smacco per Olmert). Il vincitore assoluto della partita, a questo punto, è l’Iran. Quanto ai 15 mila uomini, l’Italia si è più o meno impegnata a mettere insieme duemila soldati, mentre i francesi non vogliono mandarne più di duecento e la Merkel neanche uno (offre solo delle navi). Imbarazzante. C’è stata una telefonata tra Prodi e Chirac conclusa da un comunicato in diplomatichese stretto, segno che i due, in questa fase, non si sono piaciuti. Alla testa del contingente potrebbe andare un italiano, così chiedono oltre tutto sia libanesi che israeliani. Per Prodi sarebbe un importante riconoscimento internazionale. La comunità ebraica italiana s’è indignata perché il nostro ministro degli Esteri D’Alema è stato fotografato a braccetto con un esponente hezbollah. Francamente, non si vede che cosa dovrebbe fare un ministro degli Esteri in funzione di mediatore se non intanto parlare con i vincitori. Infine, la legge che autorizza la partecipazione italiana alla missione libanese è stata votata nelle commissioni Difesa e Esteri della Camera anche dal centro-destra (Lega astenuta).
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