La Repubblica 20/08/2006, pag.52 Leonetta Bentivoglio, 20 agosto 2006
Anne-Sophie Mutter. La Repubblica 20 agosto 2006. Monaco di Baviera. Nelle fotografie che la ritraggono sulle copertine dei suoi dischi sembra una top-model
Anne-Sophie Mutter. La Repubblica 20 agosto 2006. Monaco di Baviera. Nelle fotografie che la ritraggono sulle copertine dei suoi dischi sembra una top-model. Ma una top-model particolare, profonda ed enigmatica, prodiga di sguardi interrogativi e sfidanti. In un´immagine è fasciata da un vestito aureo: girata di schiena, ci guarda voltando il capo, mentre il tessuto stringe i fianchi sinuosi. In un´altra il viso è in primo piano, la bocca soffice, gli occhi ardenti, i lunghi capelli biondi stretti e raccolti all´indietro, da casta diva. Un´altra foto ce la mostra in jeans, sdraiata su un divano, e i piedi nudi da ninfa sono esibiti con grazia. Può una delle massime musiciste del nostro tempo avere quest´aspetto? La grande musica non richiede abnegazioni e supplizi? Può una signora tanto fascinosa suonare il violino come un angelo, fervida e sorvegliata, esatta, folgorante, ricca di tinte soffuse, tecnicamente formidabile nel centellinare i suoi incantesimi? La violinista tedesca Anne-Sophie Mutter dimostra che si può. E non c´è trucco, non c´è alcun inganno. Perché vista da vicino, sulla terrazza del lussuoso hotel di Monaco dove ha fissato il nostro incontro, stretta in un coloratissimo e scollato abito estivo, nell´afa di un mezzogiorno d´agosto, è anche più bella di come appare nelle foto. Non ha neppure il "callo" dei violinisti, che macchia il collo e denuncia le ore trascorse con lo strumento letteralmente addosso: «Non devi schiacciare il viso contro il legno, ma solo poggiarlo», spiega. «Il violino è vivo, sensuale. Un prolungamento del corpo. Per questo, da sempre, suono indossando vestiti senza maniche e con le spalle nude: mi piace sentirlo sulla pelle. Se non sei tesa, se ti abbandoni a lui, ti accompagnerà senza farti male». Suona sempre lo stesso Stradivari del 1710, e ne parla come fosse un essere vivente: «Ha una personalità fortissima. Non smette di sorprendermi, ha infiniti segreti da svelare». In questo periodo lo porta in giro per il mondo per suonare Mozart, «che mi allarga il cuore e mi fa sentire un´eletta. Difficile spiegare quanto mi emozionino la purezza e la linearità del suo linguaggio. Ha una levità fantastica, con addensamenti improvvisi e zone d´ombra: la notte e il giorno, l´intimamente umano e il senso del divino, ambivalenze che appartengono a noi tutti. Ho appena fatto un tour in Estremo Oriente e mi ha colpito il modo passionale in cui la gente lo accoglie. Non mi aspettavo che gli abitanti della parti più remote della Cina reagissero con tanto entusiasmo a una musica aliena, estranea alla civiltà che li ha formati. Eppure in Corea, come in Giappone o a Taiwan, potevo sentire e vedere che Mozart coinvolgeva adulti e bambini». Nata a Rheinfelden, in Germania, nel 1963, e cresciuta in campagna, in una casa nella Foresta Nera, con due fratelli più grandi («per questo ero un maschiaccio, mi arrampicavo sugli alberi, correvo, pescavo, e solo da grande mi sono convertita in qualcosa di più femminile»), Anne-Sophie Mutter scelse di essere violinista da piccola per vocazione inesorabile: «Ricevetti delle lezioni di violino come regalo per il mio quinto compleanno. A sei vinsi il primo concorso e mi fu chiesto: che farai da grande? Risposi subito: la solista. Mi è sempre piaciuta l´idea di creare il suono io stessa, con le mani. Posso modellarlo con un´arcata, come uno scultore. E poi il violino è uno strumento che ha la magia della voce, il suo colore. Anche il tocco è ammaliante. Con la mano sinistra, nell´uso del vibrato, ho la sensazione di muovere davvero il suono». Lanciata a tredici anni da Karajan, con un concerto a Salisburgo che fece storia, e da allora incoronata protagonista di una carriera strepitosa, che ne avrebbe fatto la violinista più acclamata del nostro tempo, una dea del business musicale e l´unica interprete che detta sempre le sue condizioni, la Mutter ha appena completato un´immane impresa discografica per la Deutsche Grammophon, un omaggio a Mozart nell´anno delle celebrazioni per i 250 anni dalla nascita: «Nessun compositore ha scritto così tanti pezzi per violino ed è stato altrettanto capace di emancipare lo strumento dal ruolo di "braccio destro" del pianoforte, conducendolo a una vera indipendenza. Nei mesi scorsi ho registrato i Concerti, la Sinfonia Concertante e i Trii con pianoforte, e a settembre escono quattro cd con sedici Sonate per violino e pianoforte. un progetto che mi ha permesso di ripercorrere un´ampia fetta della vita di Mozart, seguendo le sue emozioni di ragazzo e il suo dolore per la morte della madre, i viaggi in Italia e i successi a Vienna, i conflitti col padre e gli innamoramenti, i periodi gloriosi e disperati. Suonare tutti questi pezzi in modo ravvicinato dà una visione coerente dello sviluppo del genio mozartiano, dall´innocenza degli inizi a una raffinatezza sempre più accentuata. una musica generosa ed essenziale, mai ridondante, limitata al numero necessario di note. Delicata e molto esposta. Per questo è tanto difficile da eseguire». Anne-Sophie Mutter eseguirà le stesse Sonate, con Lambert Orkis al pianoforte, al Festival di Lucerna, in tre recital a partire dal 23 agosto, data del trentennale del suo debutto al prestigioso festival svizzero, che avvenne nel ’76, lo stesso anno delle sue prime esibizioni in pubblico: «Quando suonai a Lucerna non sapevo com´era importante quel concerto, la mia insegnante non me l´aveva detto, il che fu saggio da parte sua, perché così non avevo paura. La sede, per noi giovanissimi, era una villa privata, con arazzi alle pareti, vasti saloni e un gran caldo. C´erano molti tappeti, ricordo di essere scivolata. Quel concerto mi cambiò la vita. Il clamore fu tale che Karajan mi chiamò per un´audizione». Fu un incontro decisivo, di quelli che coronano un destino. «Libertà e massimo coinvolgimento: questo mi ha insegnato Karajan. Avere un punto di vista molto personale è l´essenza del fare musica, e lui me l´ha trasmessa. Ancora oggi mi capita di sentire un brano alla radio e di emozionarmi tanto da piangere. E scopro che è Karajan a dirigere. Nelle sue esecuzioni non c´è un momento in cui la musica è "semplicemente" suonata bene, senza intensità né significato. Era un uomo meraviglioso, ma anche di tremenda fermezza. Aveva il culto della disciplina, che viveva in lui come conseguenza del suo amore per la musica. Quel suo magnetico sguardo blu poteva fulminare gli orchestrali. Eppure così riusciva a tirare fuori il meglio». Il modo in cui Karajan si separò dall´orchestra dei Berliner Philharmoniker, racconta ancora la Mutter, le è tornato in mente per associazione quando è avvenuto il divorzio tra Riccardo Muti e la Scala: «Uno degli ultimi ricordi che ho dell´Italia (dove lavoro poco, perché mi programmo con anni di anticipo, e i vostri inviti arrivano sempre all´ultimo momento) risale al 2004, quando suonai in concerto con Muti a Milano, e in quell´occasione trovai altissimo il livello dell´orchestra. Sei mesi dopo esplose lo scandalo che portò alle dimissioni del maestro dopo quasi vent´anni. Mi ha inorridito il modo in cui lo hanno trattato gli orchestrali. Mi ha riportato al brutto clima che si respirava quando finì la relazione tra i Berliner e Karajan, dopo trentasei anni di collaborazione. A volte accade di scalpitare quando si lavora a lungo in determinate circostanze: un grande direttore può dare un senso di protezione contro la realtà, ed è allora che gli strumentisti cominciano ad opporsi». Tutto il percorso della Mutter è stato segnato da figure paterne: non solo Karajan, ma anche il mecenate Paul Sacher e il mitico violoncellista Rostropovich, con cui stabilì un forte legame emotivo. Molto più anziano di lei era anche il primo marito, l´avvocato di Karajan, Detlef Wunderlich, con cui la Mutter ha avuto due figli, una femmina e un maschio, che oggi hanno quattordici e dodici anni. Wunderlich morì nel ’95, e di questa perdita la star, ossessionata dal culto della privacy (sono rarissime le sue interviste), si è sempre rifiutata di parlare. Nel 2002 si è risposata, stavolta con un celebre musicista, l´americano André Previn (già coniuge di Mia Farrow e padre adottivo di Soon Yi, attuale moglie di Woody Allen). Nato nel ’29, anche Previn è ben più vecchio di Anne-Sophie, «ma per me l´età è un dato privo di importanza, come l´aspetto fisico», confessa fiera e ridente la giovane signora. «Ciò che conta è il carisma, che equivale alla bellezza». Insieme a Previn vive tra New York e la casa di Monaco di Baviera, «dove i miei figli vanno a scuola. Devo seguirli molto, sono in piena adolescenza. la ragione per cui ho ridotto il numero di concerti, ora ne faccio una sessantina all´anno. Anch´io ho bisogno di stare con loro, li amo profondamente e li rispetto. Per questo non voglio darli in pasto ai giornali, detesto vedere pubblicati i loro nomi». Il suo secondo matrimonio sembra renderla felice: «Con André ho appena registrato gli ultimi Trii per piano e violino di Mozart e l´anno prossimo faremo insieme Beethoven. Ma uno dei nostri progetti principali è la prima del Doppio Concerto che lui ha scritto per me e per un contrabbassista, allievo della mia fondazione, che offre borse di studio a giovani strumentisti particolarmente dotati. Lo eseguiremo a Boston l´anno prossimo. Viaggiamo tanto, facciamo numerose tournée, suoniamo spesso insieme. un modo meraviglioso di condividere la vita. André ha già scritto brani molto belli per me, come il Concerto per Violino e Tango Song and Dance, pieno di appeal. il musicista più eclettico che io abbia conosciuto. Compone, dirige, è un ottimo pianista e un dotatissimo musicista jazz, il che dà un´inesauribile freschezza al suo modo di suonare. Ora sta scrivendo una nuova opera lirica, una coproduzione tra Houston e Washington, che debutterà l´anno prossimo. Ciò che trovo straordinario nella sua musica, specie nei pezzi scritti per la voce, per esempio nell´opera Un tram chiamato desiderio, è la comprensione della linea melodica e del fraseggio. Che si riflette in tutto ciò che scrive per gli archi. uno dei rari compositori contemporanei che non temono le belle melodie. In anni recenti il pubblico è stato allontanato dalla musica da pezzi pesanti e noiosi. Oggi, finalmente, si è capito che la musica è fatta per la gente, per imprimere e far vivere emozioni». Leonetta Bentivoglio